Si prova una sensazione strana a scrivere una recensione di Lovecraft Country dopo aver visto i primi cinque episodi ricevuti in anteprima, perché si è consapevoli di dover aspettare molto per poter guardare i successivi e, soprattutto, per poter conoscere le reazioni del pubblico nostrano e discuterne insieme: se in USA la trasmissione della serie tv tratta dal romanzo di Matt Ruff, prodotta da Jordan Peele e J.J. Abrams, inizia il 16 Agosto, per l'Italia si dovrà aspettare l'arrivo su Sky Atlantic in autunno. Ed è un peccato, perché le prime sensazioni sono più che positive, anche se va specificato che Lovecraft Country è uno show molto peculiare e potrebbe non colpire tutti allo stesso modo.
Verso il paese di Lovecraft
Tale peculiarità è evidente sin dall'incipit, che ci porta su un campo di battaglia che si colora presto di derive di genere e situazioni da instant cult. Lì conosciamo il nostro protagonista Atticus Freeman e i traumi interiori che porta con sé al ritorno in patria, quando si metterà sulle tracce del padre scomparso in un viaggio verso un angolo del New England non segnato su nessuna mappa e dal nome che fa chiaro riferimento all'opera di H.P. Lovecraft. Atticus non è solo in questa avventura, ma accompagnato dallo zio George, che pubblica una serie di guide per viaggiatori di colore, e l'amica di vecchia data Letitia, incrociando il cammino con una serie di personaggio che vanno a comporre il complesso quadro dell'America degli anni '50, ancora intrappolata dalle logiche razziali delle leggi in vigore fino al 1965.
Un viaggio tra i generi
Non andremo oltre questo spunto di partenza nel descrivere il cammino che aspetta i protagonisti, e gli spettatori, di Lovecraft Country, perché si tratta di un viaggio originale e sorprendente tra i generi, che cambia forma e suggestioni ogni volta che ci sembra di aver compreso chi e cosa ha intenzione di raccontarci, passando dall'orrore primordiale di Lovecraft alla Ghost Story, dal'avventura in sala Goonies agli orrori più crudi e viscerali. Il vero e principale filo conduttore è la questione razziale, che ci accompagna in ogni curva e scossone di questa strada dissestata lungo la quale ci trascina la showrunner Misha Green, tra pregiudizi, residui colonialisti e società segrete.
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Il complesso puzzle di Misha Green
Proprio affidandosi allo strisciante mondo della società segreta e alla spiazzante figura della Christina di Abbey Lee, l'autrice riesce a dare unità e coerenza narrativa alle diverse storie che compongono la serie (e l'originale cartaceo di Matt Ruff), pur nella loro folle diversità e tra inevitabili alti e bassi, affidandosi alle prove degli interpreti, a una selezione musicale intrigante, che si muove tra presente e passato, e un gustoso approccio da b-movie. Lo fa con un intento chiaro e potente, quello di usare il genere per raccontare altro, di immergerci in un raccolto pulp per scavare in una realtà fatta di pregiudizi mai superati. In tal senso, quella di Lovecraft Country è un'operazione non troppo dissimile da quella portata avanti un anno fa da Damon Lindelof col suo adattamento di Watchmen, che ha saputo raccontare uno spaccato di realtà con mirabile maestria.
Un'operazione simile nelle intenzioni, ma diversa nell'approccio e nei risultati, perché la strada scelta è più dispersiva e presta il fianco a qualche momento meno riuscito, e perché quello che compone la Green è un puzzle che rivela il suo disegno un pezzo dopo l'altro, lasciandoci con la speranza che il disegno completo, quando saremo arrivati al termine della stagione, sia all'altezza delle premesse.
Conclusioni
Giungiamo alla chiusura della nostra recensione di Lovecraft Country con metà degli episodi visionati e la voglia di poter continuare questo folle viaggio tra i generi per rivelare nella sua interezza il complesso disegno messo in piedi dalla showrunner Misha Green, tra gli orrori primordiali di lovecraftiana memoria e i pregiudizi di un ambiente dominato da logiche razziste, con atmosfere da b-movie e buone prove degli interpreti.
Perché ci piace
- La scelta di usare il genere per raccontare altro.
- Un casting efficace che mette le pedine giuste al posto giusto.
- L’approccio della serie, tra selezione musicale e atmosfera da b-movie, che fa da filo conduttore all’alternanza di generi.
Cosa non va
- Nella sua consapevole dispersione narrativa, è alto il rischio di incorrere in inevitabili alti e bassi da un episodio all’altro.