"Quello che conta è il percorso del viaggio e non l'arrivo", diceva Thomas Stearns Eliot. Come sottolinea la nostra recensione di Lontano lontano, i tre protagonisti mettono in pratica le parole del poeta inglese in un road movie di quartiere che vede Gianni Di Gregorio esplorare in lungo e in largo la periferia romana accarezzandone ogni dettaglio con sguardo benevolo. Dopo aver analizzato il rapporto irrisolto con la madre, con le donne e con il mondo del lavoro, Di Gregorio guarda alla terza età e affronta - tema inedito nel cinema italiano - i problemi dei pensionati con leggerezza e ironia.
In questo suo percorso d'indagine, il regista e interprete si avvale della collaborazione di Giorgio Colangeli e del compianto Ennio Fantastichini. I tre, pensionati frustrati alle prese con problemi economici e difficoltà burocratiche, pensano a una scappatoia che migliori le loro esistenze: trasferirsi all'estero. Sì, ma dove? Ecco che un erudito professore interpretato da Roberto Herlitzka viene in loro soccorso esplorando tutte le possibilità più esotiche e suggestive. Per trasferirsi definitivamente, però, servono soldi, salute e un'organizzazione impeccabile, i tre amici dovranno inoltre sistemare i loro affari con famiglia e amici prima di dire addio per sempre a Roma e all'Italia in cerca di migliori condizioni di vita. Le troveranno?
Un cinema a misura d'uomo
La visione di Gianni Di Gregorio affonda le radici nella periferia romana fatta di bar, negozietti, mercati, incontri fortuiti, chiacchiere e credenze popolari; il regista ama raccontare il sentire della gente ed è così che il mite pensionato Gianni e lo squattrinato Giorgetto (Giorgio Colangeli), basandosi sul luogo comune secondo cui molti pensionati si trasferiscono all'estero per aumentare il potere d'acquisto dei loro magri introiti, maturano l'idea di lasciare tutto per trascorrere il tempo che gli resta in un altro paese. Dopo essersi imbattuti in Attilio (uno strepitoso Ennio Fantastichini), il più mondano ed esperto del trio, i sessantenni si mettono in moto organizzando un trasferimento che si rivelerà più difficoltoso del previsto.
Il viaggio ventilato da Gianni Di Gregorio nel titolo della sua garbata commedia porta il curioso trio di protagonisti nell'esplorazione di una Roma periferica, a misura d'uomo. Niente a che vedere con la Roma monumentale sorrentiniana o con quella altoborghese dei film di Muccino. I protagonisti di Lontano lontano vivono il quartiere, camminano a piedi, se ne vanno in giro con le buste della spesa, comprano i Gratta e vinci dal tabaccaio sotto casa nella speranza di guadagnare il denaro che gli serve o se ne stanno seduti al sole al tavolino di un bar. Le sortite più impegnative sono quelle per raggiungere uffici, studi medici, banche o per recarsi a casa di Attilio, che vive lontano dal caos cittadino, nella periferia estrema, ed è l'unico automunito.
Tre pensionati a spasso per Roma
Roma funge così da quarta protagonista di Lontano lontano, teatro delle peregrinazioni, dei dubbi e delle incertezze di Gianni, Giorgetto e Attilio. L'opinione dei tre pensionati sul trasferimento all'estero si fa sempre più confusa man mano che il loro viaggio di scoperta procede e la Città eterna, col suo calore e la sua vitalità, ne accompagna il percorso. Il cinema umanista di Di Gregorio è fatto di piccoli dettagli, battute delicate, vivaci scambi dialettici. Il regista gioca sulle diversità di registro dei suoi tre personaggi: in Gianni inietta il suo garbo e le innumerevoli idiosincrasie, dal terrore dei viaggi all'incapacità di prendere decisioni; Giorgetto è l'eterno squattrinato, che semina debiti in giro ed è incapace di assumersi delle responsabilità, ma nasconde un cuore d'oro, mentre Attilio è il decisionista del trio, il guascone, colui che ha viaggiato davvero e sa cosa lo aspetta fuori dall'Italia, ma è pronto (almeno in apparenza) a tuffarsi in una nuova avventura.
Commedia di caratteri, film di scrittura - fine ed elegante - Lontano lontano non è un film d'impatto, ma è una pellicola che cresce facendo riflettere sul quotidiano e sulla realtà che ci circonda pur senza grandi proclami. Il cinema di Gianni Di Gregorio non prende posizioni politiche nette e non è un proclama sulla condizione dei pensionati in Italia, ma tocca comunque temi come la crisi economica, la solitudine della terza età, l'integrazione e l'accoglienza dell'immigrazione con toni delicati, ma non per questo meno incisivi. Il suo è un cinema che sembra farsi da solo, generato da incontri fortuiti e dall'osservazione del quotidiano, ma ugualmente capace di scaldare il cuore a chi ha la pazienza di accostarsi e prestare attenzione.
Conclusioni
La recensione di Lontano lontano sottolinea come Gianni Di Gregorio prosegua nel suo discorso cinematografico coerente con una nuova commedia che si distingue per garbo e umanità. Il film, nato dall'osservazione del quotidiano, racconta la storia di tre pensionati che hanno l'idea di trasferirsi all'estero per risolvere i problemi economici che gli assillano. Commedia di caratteri, il film si avvale della presenza di Giorgio Colangeli e del compianto Ennio Fantastichini che, insieme al regista, vanno a costituire un irresistibile trio. Non c'è critica esplicita, ma attenzione alla realtà in un film che vive grazie a un equilibrato lavoro di scrittura e alla valorizzazione della Roma di periferia, quarta protagonista della vicenda.
Perché ci piace
- Commedia garbata, leggera, sempre elegante e mai volgare, ma non per questo meno incisiva.
- La sensibilità di Gianni Di Gregorio gli permette di cogliere i tratti più amari della realtà per sorriderne grazie al suo garbo.
- Sempre efficace Giorgio Colangeli, ma è l'Attilio di Ennio Fantastichini che ricorderemo con nostalgia.
Cosa non va
- Senza una vera e propria trama, il film è una sequela di incontri, riflessioni sulla terza età e peregrinazioni nella periferia romana. Alla lunga rischia di stancare il pubblico meno paziente e attento alle piccole cose.