Nel 1926 venne arrestato un barbone che tentava di trafugare un candelabro dal cimitero israelitico di Torino. Dopo aver dato segni di squilibrio nella Questura di Torino, fu internato nel manicomio di Collegno. Era un uomo senza memoria, incapace di ricostruire la sua identità. In un'Italia segnata dalla Grande Guerra, in cui le vedove pregavano pazientemente per il ritorno dei mariti dispersi, due donne si contesero quell'uomo: sia Giulia Canella che Rosa Bruneri affermavano infatti di essere sua moglie. L'una sposata a un insigne filosofo cattolico disperso in Macedonia, l'altra a un pregiudicato che l'aveva abbandonata. Diffusa dalla stampa, la vicenda appassionò l'Italia che si divise tra "canelliani" e bruniani" e ispirò scrittori come Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello. Oggi, grazie a Rai Fiction, quella storia diventa un film per la tv in due parti, diretto da Maurizio Zaccaro. A interpretare l'uomo senza identità il tedesco Johannes Brandrup, mentre le due donne che se lo contendono sono Gabriella Pession e Lucrezia Lante della Rovere. Tra gli altri interpreti anche Franco Castellano, nel ruolo del direttore del manicomio, e Giuseppe Battiston, in quello del giornalista della Domenica del Corriere la cui notizia del ritrovamento dell'uomo senza memoria scuoterà l'Italia. A fornire un valido supporto agli sceneggiatori Andrea Purgatori e Laura Ippoliti l'omonimo romanzo di Lisa Roscioni che narra proprio la vicenda di questo enigma che andrà in onda su RaiUno domenica 29 e lunedì 30 marzo in prima serata. Ad aprire la conferenza stampa per la presentazione del film è Fabrizio Del Noce, direttore di RaiUno e di Rai Fiction.
Fabrizio Del Noce, perché portare sul piccolo schermo la storia dello smemorato di Collegno?
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Maurizio Zaccaro, qual è il mistero che ruota attorno a una mente che dimentica e che affascina così tanto?
Maurizio Zaccaro: La cosa affascinante è che è una vicenda che si ripete sempre. In questi giorni c'è un programma su Radio 2 chiamato Amnesia che è condotto da Matteo Caccia, un uomo che dice di aver perso la memoria seduto in un teatro, durante un concerto per pianoforte. Ogni giorno dai microfoni della radio racconta questa storia per mezz'ora a mezzogiorno e invita il pubblico a pensare: 'Se succedesse anche a voi di dimenticare tutto quali sono i resti di memoria che vorreste mantenere?'. C'è quindi un'analogia della sua storia con quella dello smemorato di Collegno, la cui vicenda ha vari agganci con la realtà di oggi. Il furto dell'identità oggi è una pratica che cresce.
Come hanno affrontato gli attori i propri ruoli?
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Lucrezia Lante della Rovere: Il mio ricordo dello smemorato di Collegno è legato a mia nonna. Siccome sono sempre stata piuttosto sbadata, da piccola mi ripeteva 'Mi sembri lo smemorato di Collegno!' e questa frase ripetuta così tante volte mi è tornata in mente e prendere parte al film mi è sembrata una bella occasione per approfondire la storia che si celava dietro questo modo dire. Nel film, la bella è interpretata dalla Pession, mentre io sono quella bruttina! Sono stata però molto contenta di trasformarmi, anche fisicamente, perché in fondo questo è il gioco dell'attore. Ho fatto un personaggio pieno di dolore, ma con una grande dignità, perché questa donna non avrebbe mai voluto che si sapesse la sua storia e in fondo non voleva nemmeno ritrovare un marito che l'ha fatta soffrire e ha abbandonata lei e suo figlio. E' una donna pudica e con una grande forza, che tenta in tutti i modi di salvaguardare suo figlio.
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Franco Castellano: Nel realizzare questo film abbiamo tenuto conto del periodo storico, della psicanalisi che faceva all'epoca passi da gigante, dei racconti di Pirandello, Joyce e Svevo, e di una guerra che aveva devastato il paese. Il mio personaggio, quello del direttore del manicomio dove viene internato il protagonista, ha vissuto la vicenda senza prendere una posizione. E' un uomo che ama i suoi pazienti, ma che nello stesso tempo li blandisce, e alla fine forse è proprio lui a mettere in moto tutto il gran parlare che si è fatto attorno a questa storia.
Signor Brandrup alla fine di quest'esperienza si è fatto un'opinione? Lo smemorato è Canella o Bruneri?
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Gabriella Pession, che idea si è fatta lei invece di questa donna che a quell'epoca viveva con un uomo che poteva benissimo essere un impostore?
Gabriella Pession: L'approccio schizofrenico che ho avuto nei confronti di questo personaggio è stato abbastanza alto. Mi sono voluta concentrare sulla posizione di Giulia, una giovane vedova da dieci anni che voleva fortemente che quell'uomo fosse suo marito e arriva a convincersene vedendo in lui l'unica occasione di ricominciare a vivere, di rinascere. All'inizio sembra una vittima, poi si dimostra una donna molto coraggiosa che con grande forza e tanta dignità lotta per ricreare il suo nucleo familiare. In questo film, oltre alla storia dell'identità dell'uomo, si racconta però anche una grande storia d'amore. Quando si scopre che le impronte dell'uomo coincidono con quelle del pregiudicato Mario Bruneri, lei chiede 'Ma come potete mettere in dubbio che quest'uomo sia mio marito e il padre dei miei figli?' Queste due persone si salvano la vita a vicenda, non è qualcosa di momentaneo, è una storia d'amore molto potente.
Lisa Roscioni, com'è arrivata a scrivere un libro sulla vicenda dello smemorato di Collegno?
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Laura Ippoliti, lei è co-sceneggiatrice del film. Da che parte sta?
Laura Ippoliti: Da autore non è possibile non prendere una posizione sulla vicenda. A prescindere dai dati storici, egoisticamente da un punto di vista drammaturgico mi intriga l'idea che questa storia possa avere un'idea alla Sliding Doors, il chiedersi come sarebbe stata la vita di una persona se gli fosse concessa una seconda possibilità. Quest'uomo era arrivato al grado più basso della scala sociale e ha avuto la possibilità di reinventarsi, come se avesse vinto la lotteria, grazie a una donna bella e ricca. Non è un truffatore che prende l'occasione al volo, ma attraversa un percorso interiore in cui impara a essere un uomo nuovo e poi arriva a prendere davvero l'identità di colui che è andato a interpretare.