Doppia premiere per Ruggero Deodato. A ventitre anni di distanza da Vortice mortale, suo penultimo lungometraggio, e a trentasei anni dal mitico Cannibal Holocaust, il regista è finalmente riuscito a tornare dietro la macchina da presa per confezionare un film alla Deodato, il truce Ballad in Blood. Lucca Film Festival ed Europa Cinema hanno avuto il privilegio di ospitare l'anteprima mondiale della pellicola in una doppia proiezione, prima a Lucca e poi a Viareggio, dove l'incontenibile Deodato è intervenuto accompagnato dal giovanissimo cast e da Claudio Simonetti, che ha curato le musiche del film.
Fin dal trailer appare chiara la somiglianza tra la storia narrata in Ballad in Blood e un fatto di cronaca che ha tenuto col fiato sospeso Italia, Inghilterra e Stati Uniti, il caso Meredith Kercher. È Deodato stesso a confermare lo spunto iniziale: "Ballad in Blood nasce da un fatto di cronaca ben preciso, ma per il film mi sono ispirato anche a tanti altri casi insoluti avvenuti in Italia. L'attesa ha fatto bene al mio film. Visto che ho dovuto aspettare tre anni prima di poterlo girare, ho rimaneggiato la sceneggiatura un sacco di volte finché non ho capito che funzionava davvero. Sono appassionato di cronaca nera da sempre e questa forse è la differenza rispetto alle nuove generazioni. I giovani non guardano i TG. Mia figlia ha 14 anni e non ne vuol sapere. Oggi i ragazzi vengono protetti dall'idea della morte, nessuno gliene parla e quando vengono a contatto con quello che è un evento naturale si spaventano. Noi invece siamo cresciuti con la morte. Oggi hanno tolto la morte ai giovani. Io sono rosselliniano, racconto storie realmente accadute. Per me il cinema di genere nasce dalla cronaca".
Gli ingredienti per fare paura
In tutti questi di anni di assenza dal grande schermo, Ruggero Deodato non si è accontentato dello status di regista di culto, ma ha lavorato a lungo sul piccolo schermo dirigendo serie tv, fiction, pubblicità e video musicali. Il ritorno al cinema necessitava denaro, perciò oltre ai finanziamenti privati Deodato ha fatto richiesta dei fondi pubblici del ministero. Il regista non nasconde la preoccupazione che nutriva nei confronti di questa via: "Per ottenere la sovvenzione statale occorre superare un certo punteggio, ma io non avevo punti. Non ho vinto né Oscar né David, ho solo la mia carriera. Allora ho citato alla commissione i miei 56 anni di lavoro. Dopo una settimana mi hanno chiamato per avvertirmi che ero stato ammesso al finanziamento. Un altro contributo importante lo ha fornito l'arrivo di Ernesto Mahieux. Ho scritto una parte per lui e, insieme ad altre piccole soluzioni, la sceneggiatura si è fortificata. Alla fine, però, sentivo che mancava un ingrediente, avevo bisogno di qualcosa che catturasse l'attenzione del pubblico, allora ho inserito una tarantinata, la scena della vecchia. Mi sono detto, mettiamoci una cavolata per divertire il pubblico.
Sul tema dei finanziamenti pubblici, interviene anche Claudio Simonetti: "Io ho lavorato con grandi registi apprezzati in tutto il mondo, ma il loro talento spesso non è stato riconosciuto ufficialmente. Mi meraviglio del fatto che in Italia il genere non sia più apprezzato come un tempo, anzi, mi ha stupito il fatto che stavolta Ruggero abbia ottenuto i finanziamenti pubblici perché di solito questo tipo di film non viene preso in considerazione. Noi italiani siamo maestri del genere, horror, poliziesco, spaghetti western. Ma questo tipo di film, e la musica che lo accompagna, vengono considerati di nicchia".
Ballad in Blood, un ritorno non privo di difficoltà
Ripercorrendo i passi che lo hanno portato a girare un altro lungometraggio, Ruggero Deodato non nasconde di aver provato il timore di non portare in fondo il progetto. Come confessa "Non facevo un film da anni, dirigevo pubblicità, fiction, ho fatto pure Incantesimo. Ho fatto Cannibal Holocaust e quando mi invitavano in TV mi presentavano come il regista de I ragazzi del muretto. Avevo il terrore di fare un altro film. Ho passato il tempo a girare il mondo e a firmare autografi. Tutti mi chiedevano di fare un altro film forte come Cannibal Holocaust. E chi aveva il coraggio? Alla fine ho deciso di girare un film ''alla Deodato'. Ho detto al montatore 'Voglio essere stupito'. Avendo poco tempo, ho girato poco materiale, giravamo due ciak per ogni scena, perciò abbiamo scartato pochissimo. Questo è stato il mio tormento, ma anche la mia fortuna".
Pur essendo felice di aver portato a termine la sua impresa, il settantasettenne Deodato ammette di cavarsela piuttosto bene anche senza il cinema: "Fare film non mi è mancato, ho una vita molto piena. Ho una figlia piccola, ho la campagna, mille cose da fare. Ho sette fratelli che non hanno mai visto un mio film. Sapete quante sceneggiature avrei pronte nel cassetto? Ma non sono mai stato uno di quelli che perseguitano i produttori. Se gli interessa il mio lavoro bene, altrimenti mi occupo di altro". Tra regia televisiva, famiglia e viaggi in ogni parte del mondo, Deodato ha anche accompagnato l'uscita nelle sale italiane di The Green Inferno, cannibal horror esplicitamente ispirato a Cannibal Holocaust firmato dall'amico Eli Roth. "Eli non è venuto in Italia per promuovere il film, perciò mi ha chiamato e mi ha detto 'Tanto il regista di Cannibal Holocaust sei tu, quindi puoi occuparti anche della mia promozione'.
Eli Roth è un amico, ma è anche uno dei tanti epigoni di un'opera di culto che ha contribuito alla fama del cinema di genere italiano nel mondo. Quest'epoca, per Ruggero Deodato, è ormai conclusa. Il regista spiega malinconicamente: "La verità è che in Italia il film di genere è finito. Quando ho messo a mano a Ballad in Blood, infatti, ho pensato 'Sarò all'altezza degli spagnoli o dei francesi?' Un tempo non sarebbe stato così".