Amare significa lasciare andare. Lasciare andare, però, è una delle operazione più complicate da imparare, specialmente perché tale atto presuppone l'accettare di andare incontro ad una perdita, anche se a volte il rischio si corre di più quando vogliamo tenere tutti ossessivamente sotto controllo.
Di questo parla Let Go, il nuovo titolo frutto del sodalizio tra Netflix e Josephine Bornebusch, che dopo essere stata dietro la macchina da presa in tre episodi della miniserie di successo Baby Reindeer, la ritroviamo qui sia come regista, che come sceneggiatrice e financo come attrice protagonista. La pellicola è un dramma famigliare piuttosto tradizionale e che, nonostante la matrice strettamente nordeuropea (svedese nello specifico), guarda molto al cinema statunitense.
La storia è infatti pensata per essere quella di un road movie classico, con una costruzione e un innesco narrativo che non possono non far pensare, tra gli altri, a Little Miss Sunshine (giusto per fare un esempio), in cui i membri del nucleo protagonista (genitori e due figli) cercheranno di superare una crisi relazionale che ormai li sta inghiottendo, attraverso un viaggio nel quale riscoprire i propri ruoli e trovare un nuovo modo per comunicare e, magari, amarsi.
Le crisi famigliari e la pole dance
Gustav (Pål Sverre Hagen) è uno psicologo e si occupa principalmente di relazioni. Sua è la teoria sull'importanza del lasciare andare (Let Go è molto preciso fin da subito su questo particolare specifico), eppure, nonostante la sua professione e le sue convinzioni, non riesce minimamente ad avere un ruolo dentro la sua famiglia, guidata in ogni suo aspetto dalla moglie, Stella (Bornebusch). Una donna forte, indurita dalla solitudine nella quale sguazza da anni.
La crisi è quindi ovviamente all'ordine del giorno. Quella che interessa alla pellicola riguarda la loro figlia maggiore Anna (Sigrid Johnson), la quale viene inaspettatamente invitata a prendere parte ad una gara di pole dance, uno sport che per lei significa molto, ma non viene visto benissimo, anche dentro la sua famiglia. La ragazza si scontra con la madre, davanti ad un padre inerte e al fratellino Manne (Olle Tikkakoski), che guarda il tutto dal riparo offertogli dalla sua maschera da wrestler.
Questa sfuriata sembra possa essere la canonica goccia che fa traboccare un vaso ormai pieno, tant'è che Gustav comunica a Stella di volere il divorzio. A quel punto la donna decide di prendere ancora la situazione in mano e convince il marito a partire tutti insieme per accompagnare Stella alla gara. Un'ultima volta in famiglia e al loro ritorno potranno parlare di come andare avanti con la separazione.
Let Go: la chiave è nel titolo
Il pregio più grande di Let Go è quello di riuscire a non essere ridondante o melodrammatico nonostante ripercorra delle formule già viste e non offra degli spunti neanche così originali quando si tratta di approfondire le tematiche dietro la crisi famigliare. I quattro vengono scandagliati in lungo e in largo e le rispettive problematiche che rappresentano sono quelle di un padre che ormai vive solo per sé, di una madre che vuole controllare tutto e di due figli che cercano di attirare l'attenzione nel tentativo di trovare una loro identità.
La trovata on the road, per quanto anche questa assai già vista, dona al film però una buona dinamicità e l'inserimento di altri elementi all'interno di un'equazione che altrimenti rischiava di divenire stantia dall'inizio del secondo atto della pellicola. La sceneggiatura ovviamente non punta per la sua riuscita solo sullo svisceramento dei problemi famigliari o a come porre loro rimedio, ma sul punto di vista con il quale l'interno processo viene narrato.
La chiave è nel titolo: "Let Go" estremizza il concetto parossistico che lega amore e abbandono, dimostrando come i rapporti non sono controllabili e devono essere lasciati liberi di evolvere e di prendere la loro strada. I rapporti, in fondo, sono dei corpi estranei che hanno vita indipendente. La cosa migliore che si può fare è cercare di averne cura in ogni modo possibile, assecondarne al meglio lo sviluppo e cercare di essere sempre coerenti, nel guidarli e nell'accompagnarli. Lasciarli andare superando le proprie insicurezze, con la convinzione che così non moriranno mai.
Conclusioni
Let Go è un dramma famigliare piuttosto tradizionale, che, nonostante sia ben confezionato dalla regista/scrittrice/attrice protagonista Josephine Bornebusch, non brilla per originalità o particolare complessità. Le sue fortune nell'enorme catalogo di Netflix si giocano tramite l'empatia verso i personaggi, la dinamicità dell'on the road e la paradossale teoria sull'amore suggerita dal titolo.
Perché ci piace
- Il film riesce ad essere vivace e scorrevole.
- L'idea dell'on the road.
- Il punto di vista con cui si approccia alle tematiche e ben congegnato.
Cosa non va
- Non è mai particolarmente originale nella narrazione.
- I personaggi rappresentano degli archetipi già visti.