Nell'era televisiva degli zombie, Les Revenants ha segnato l'inizio di un nuovo filone dedicato più che ai morti viventi ai veri e propri risorti e propagatosi in Usa con Resurrection, quindi in un certo senso in Intruders e prossimamente destinato a un remake vero e proprio. Difficilissimo però eguagliare l'originale, realizzata per Canal + con un livello produttivo straordinario, a partire dal coinvolgimento di Emmanuel Carrère, come co-sceneggiatore dei primi episodi della serie, e da quello dei Mogwai, autori di una colonna assolutamente straordinaria nella sua alternanza di malinconia quasi insostenibile e crescendi di tensione (Leggi il nostro approfondimento sulla colonna sonora).
La serie, di cui è in corso di produzione la seconda stagione, è opera di un giovane autore, Fabrice Gobert, stroncato dai miopi Cahiers du Cinéma nel 2010 per il suo esordio cinematografico con Simon Werner a disparu...... Un film che per quanto estremamente diverso da Les Revenants (tratta di un ragazzo scomparso in un liceo) condivide il gusto per una struttura articolata secondo i punti di vista dei diversi personaggi: era infatti diviso in parti dedicate ai vari compagni di scuola di Simon Werner, così come ogni episodio di Les Revenants ha per titolo il nome del suo protagonista. Altissimo anche il livello del cast, con attori molto apprezzati in Francia come: Anne Consigny già vista in Nemico pubblico N. 1 e in Gli amori folli, la coppia di Angele et Tony Grégory Gadebois e Clotilde Hesme e soprattutto la bellissima Ana Girardot che, tolta un'interpretazione da bambina, aveva esordito sul grande schermo proprio per Gobert in Simon Werner a disparu...
Chi muore si rivede
In Les Revenants, in un piccolo paese nei pressi di un lago artificiale sotto il quale giace sommerso un altro villaggio, alcune persone morte - pochi o tanti anni fa a seconda dei casi - riappaiono e si recano dai loro cari. Sembra un fenomeno recente, ma già il finale del primo episodio indica che non è esattamente così e che elementi sovrannaturali si erano manifestati anche in precedenza, su tutti il bambino Victor (inquietante anche per il maestro del brivido Stephen King). La situazione dunque non è un lento crescendo bensì all'inizio della serie siamo al principio di un climax che porterà a sconvolgimenti terribili, tanto da instillare il dubbio che alcuni tra gli stessi abitanti siano in realtà morti e ritornati senza esserne a conoscenza. E il finale della prima stagione proietterà il tutto verso un ulteriore rilancio di elementi perturbanti. Al contrario di come può apparire da questo racconto, però, Les Revenants non è una serie costruita sui colpi di scena, bensì su un ritmo placido, mellifluo, che cerca di rendere l'effetto sulla psiche dei personaggi di fronte a una situazione impossibile, lontanissima dalla nostra esperienza umana eppure in parte comune a tutti perché legata all'elaborazione del lutto. Les Revenants non è dunque un meccanismo seriale di ineccepibile tensione, bensì una costruzione stilisticamente meticolosa che entra sottopelle, dando corpo a un'atmosfera liminare sempre più tangibile e al contempo inafferrabile con il procedere degli episodi.
Les Revenants non è una serie costruita sui colpi di scena, bensì su un ritmo placido, mellifluo
Tra la vita e la morte
I morti che ritornano in Les Revenants hanno lo stesso aspetto che avevano in vita, prima di subire le ferite che li hanno uccisi, ma lentamente i loro corpi apparsi come dal nulla subiscono una sorta di lento degrado, eppure sono indistruttibili, perché se colpiti a morte tornano di nuovo in vita rigenerati. La loro natura è misteriosa così come l'acqua del lago che, inspiegabilmente per gli ingegneri della diga, continua a scendere di volume. Tutti elementi assolutamente assenti dal film omonimo cui la serie è solo nominalmente ispirata: la pellicola di Robin Campillo del 2004, da noi passata dal Festival di Venezia, raccontava infatti il ritorno dalla morte come una sorta di problema sociale, dove la cittadina si preoccupava di trovare alloggio ai ritornati e cercava di tenerli sotto sorveglianza con l'aiuto di varie istituzioni e di un sistema di sorveglianza basato su telecamere termiche. Così com'erano misteriosamente arrivati, altrettanto inspiegabilmente i morti finivano per andarsene, tanto che il film era soprattutto un'esplorazione di come la società moderna può affrontare il mistero, mentre la serie TV ha una prospettiva meno cerebrale e molto più intimista e dolorosa. Forse anche troppo dolente, visto che in tutta la prima stagione non ci sono momenti di ilarità creando una cappa quasi troppo plumbea, dove ci si dimentica che gli esseri umani hanno diversi modi di esorcizzare quel che non sanno accettare e tra questi c'è anche la risata, per quanto amara. Les Revenants comunque non si avvicina mai agli eccessi di pietismo per esempio di The Leftovers e vanta una forza stilistica molto superiore a quella della recente serie HBO, che di Les Revenants è quasi un ribaltamento. La serie di Gobert del resto ha un fascino magnetico che arriva sottopelle e la sua influenza è destinata a farsi sentire ben oltre i più letterali rifacimenti.
Conclusione
La serie francese più influente degli ultimi decenni racconta di uomini, donne e bambini che tornano dalla morte a sconvolgere la vita dei loro cari e quella degli spettatori. Elegia d'infinità malinconia Les Revenants canta un lutto che rifiuta di essere elaborato.
Movieplayer.it
4.0/5