A due anni di distanza da La prima luce, Vincenzo Marra torna al cinema con L'equilibrio, presentato nella sezione Giornate degli Autori della 74esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nelle sale dal 21 settembre, in cui racconta la storia di Don Giuseppe (Mimmo Borrelli), prete che torna nella sua città natale dopo aver fatto il missionario in Africa per diversi anni.
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Tornato a casa Don Giuseppe deve scontrarsi con la dura realtà locale, fatta di sottili equilibri mantenuti per convivere con la criminalità organizzata. Il tema della fede è molto caro al regista, che, come ci ha detto al Lido di Venezia, fa parte da sempre della sua vita: "Ho voluto affrontare la religione per due motivi: il primo perché ho molti parenti sacerdoti, quindi è una cosa che ricorre molto profondamente nella mia formazione, nella mia storia; secondo perché ritengo sia un tema molto cinematografico, quindi, dopo il mio secondo cortometraggio, in cui affrontavo lo stesso argomento, ho sempre desiderato fare un film con temi cristologici. Finalmente è arrivata la storia che sentivo giusta: sono contento".
Andare in mezzo alla gente
Il protagonista di L'equilibrio decide di tornare in mezzo alla gente, un tema ormai quasi abusato, soprattutto dalla politica, ma necessario per capire la realtà: "Per quanto riguarda me, per come concepisco il mio lavoro, sono uno di quelli che va sul campo: è difficile che io arrivi in un posto pensando di aver già capito tutto" ci ha detto Marra, proseguendo: "Sto su quelli che ritengo i luoghi di appartenenza di una storia per farli miei: facendo questo percorso ho scoperto, sulla mia pelle, che è una scelta importante, perché ti dà il senso della realtà. Questo è quello che ho fatto fare al mio sacerdote: entra in questo territorio e cammina, cammina... è una figura legata al cammino di Cristo. Il problema del film era decidere di far agire questo personaggio e fargli assumere le conseguenze delle proprie scelte. Il suo è il percorso di chi non può rimanere cieco rispetto a quello che vede: è la sua missione".
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Perseguire il bene anche se è rischioso
Il finale, in parte, è scoraggiante: anche se c'è la buona volontà di aiutare, non sempre queste buone intenzioni vengono accolte. Quindi come bisogna comportarsi? L'importante è tentare comunque? Secondo Marra: "Non credo che il finale sia così negativo e senza speranza: ormai è idea diffusa che non ci si debba assumere la responsabilità delle proprie azioni. Se non si è pronti a fare questo allora vuol dire che in realtà non si vuole compiere quelle azioni: se si sta compiendo un percorso profondo, per cui si decide di agire e quindi di pagarne anche le conseguenze, quello, secondo me, è motivo di grande speranza, perché ci si libera dall'immobilismo".
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