È difficile avvicinarsi alla recensione di Legion 3, per l'esattezza della premiere, senza un pizzico di malinconia: la terza annata è infatti l'ultima per la serie creata da Noah Hawley per il canale FX in collaborazione con la Marvel Television, a partire dai fumetti degli X-Men il cui universo espanso include anche le folli avventure di David Haller alias Legion, il figlio schizofrenico e a tratti onnipotente di Charles Xavier. Proprio quella schizofrenia contribuisce alle emozioni contrastanti dinanzi all'imminente conclusione dello show: se da un lato è giusto che la serie finisca nel momento giusto (stando a Hawley, egli aveva in mente una storyline completa di tre stagioni, sostanzialmente i tre atti della vita televisiva di David), dall'altro si conclude quello che forse era il più originale e sorprendente dei vari adattamenti catodici dei fumetti Marvel visti negli ultimi anni, soprattutto nel contesto di un franchise non immune a una certa ripetitività come quello dei mutanti (basti pensare a The Gifted, altra prosecuzione della saga per il piccolo schermo, esteticamente e tematicamente imparentata con i film di Bryan Singer).
Buono o cattivo?
Sia nei fumetti che nella serie la questione centrale è la stessa: David Haller è da considerarsi eroe, antagonista o una via di mezzo? L'ambiguità è l'elemento dominante dello show, in ogni aspetto della produzione (lo stesso Dan Stevens, a seconda delle esigenze di copione, è tenuto all'oscuro di certi dettagli legati a David), e la seconda stagione l'ha portata all'esasperazione mettendo a dura prova la nostra empatia nei confronti del personaggio principale: teoricamente destinato a diventare un villain, egli sostiene di essere dalla parte dei buoni, ma al contempo ha praticamente violentato la compagna, alterandone i ricordi per rimuovere la sua conoscenza del futuro. Ed è in quelle circostanze che lui è fuggito, insieme a Lenny, per ideare un luogo di culto per i propri seguaci, trasformando la sua vita in una vera esperienza mistico-religiosa.
Legion e il fascino della confusione
È così che lo ritroviamo all'inizio della terza stagione di Legion, in un episodio la cui trama, come da consuetudine, si diverte a giocare con le nostre aspettative: Haller appare a metà puntata e funge essenzialmente da comprimario, cedendo le luci della ribalta a un nuovo personaggio, Switch. Quest'ultima, interpretata da Lauren Tsai, è una mutante capace di viaggiare nel tempo, abilità di cui David vorrà servirsi per scopi potenzialmente nefasti, e anche protagonista di un lungo prologo spiazzante e quasi interamente recitato in giapponese, a dimostrazione di quanto la serie sia disposta a sfidare i canoni della logica narrativa supereroistica. Questo riguarda anche l'escamotage del viaggio nel tempo, qui usato in ottica un po' beffarda e, a pochi mesi dall'uscita di Avengers: Endgame, con modalità visive decisamente meno spettacolari ma anche più psichedeliche, come da tradizione nel mondo di Legion.
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Alla ricerca di David
L'aspetto più sorprendente di Chapter 20 è il credit per la regia, che vanta la firma di Andrew Stanton, noto soprattutto nel campo dell'animazione (Alla ricerca di Nemo e WALL·E). Avendo già diretto due episodi di Stranger Things, Stanton si riconferma un cineasta raffinato, capace di infondere molte cose sue anche in un contesto produttivo come quello della serialità dove a dettare legge è lo showrunner e l'impronta visiva è imposta a partire dalla prima puntata (targata Hawley, nel caso specifico di questo show).
C'è quasi una componente autoreferenziale nella scelta di scrivere il titolo della serie su dei pupazzetti, alludendo all'esperienza di Stanton come sceneggiatore di Toy Story. Ma è anche un preludio di ciò che accadrà, e quei soldatini rappresentano le varie pedine di cui David da un lato e i suoi avversari dall'altro si stanno servendo in vista di un conflitto finale che arriverà tra un paio di mesi. E visti i precedenti dello show, sarà un conflitto da capogiro, in tutti i sensi.
Conclusioni
Giunti al termine della nostra recensione di Legion 3, la sensazione è quella familiare e piacevole della confusione, marchio di fabbrica dello show, unita a una piccola dose di malinconia dettata dalla consapevolezza che nel giro di poche settimane dovremo salutare per sempre questa versione di David Haller, antieroe televisivo tra i più carismatici e affascinanti degli ultimi anni.
Perché ci piace
- L'introduzione di Switch è gestita molto bene.
- Gli effetti visivi continuano a sorprendere in positivo.
- Vengono poste le basi per una storyline diversa ma comunque fedele allo spirito della serie.
Cosa non va
- Ai fan potrebbe non piacere la scarsa presenza dei personaggi classici in questo episodio.