Leggere Lolita a Teheran, Azar Nafisi: “I libri restituiscono ciò ci viene tolto”

L'adattamento, il potere della scrittura ed Emily Bronte: il regista Eran Riklis, insieme all'autrice del romanzo, raccontano il film nella nostra video intervista. Al cinema.

Azar Nafisi e Eran Riklis durante la nostra intervista

Ci sono interviste che vanno oltre la semplice comprensione di un'opera, che raccontano più di ciò che vediamo su schermo. È questo il caso di Leggere Lolita a Teheran e della possibilità di porre qualche domanda ad Azar Nafisi, sceneggiatrice e autrice del libro omonimo, e al regista Eran Riklis. Il film racconta la storia della stessa Nafisi che, tornata in Iran dopo la rivoluzione di Khomeini, ha visto la sua vita e quella delle atre donne del paese, progressivamente privata di molti diritti e libertà fondamentali ora riconosciuti solo alla popolazione maschile. Impossibilitata a continuare il suo lavoro di docente universitaria, decide di costituire un gruppo di lettura con le sue studentesse più appassionate, momenti nei quali leggere la letteratura occidentale ma anche sentirsi libere di confrontarsi su temi ormai considerati scomodi o fonte di scandalo.

Leggere Lolita A Teheran Golshifteh Farahani
Una scena del film

In occasione dell'uscita della pellicola abbiamo chiesto a regista e autrice qualcosa in più sulla lavorazione del film e l'importanza della cultura in una società libera. Le risposte che abbiamo ottenuto descrivono una donna appassionata, colta e profondamente umana, in grado di suscitare nell'interlocutore curiosità e passione per una letteratura in grado di farci superare così tanti limiti e pregiudizi.

Leggere Lolita a Teheran: intervista ad Azar Nafisi e Eran Riklis

Leggere Lolita A Teheran Foto
La protagonista mentre tiene una lezione universitaria

Ad entrambi abbiamo chiesto se è stato difficile adattare il libro, specialmente oggi che la situazione internazionale vede il medioriente e l'Iran centro nevralgico di conflitti e proteste. Per Eran RIklis tutto dipende dalla storia "Penso sia un libro senza tempo, una storia senza tempo, quindi non dirò che è stato facile, ma nemmeno difficile, perché la storia, i personaggi, le ambientazioni erano lì. Certo, adattare su schermo costituisce un diverso tipo di responsabilità, perché a differenza di un libro in cui il lettore può fermarsi, può riflettere e può forse parlare con qualcuno, qui no, è sotto costante attacco dalle immagini sullo schermo, dei dialoghi. Questo ti da un certo senso di responsabilità verso ciò che fai."

Per Azar Nafisi, invece, non è stato semplice: "Ovviamente il film è di Eran, ma prima di lui ci sono state altre persone che volevano occuparsi dell'adattamento. Le idee che avevano erano terribili, mi volevano trasformare in questa grande eroina che emana costantemente editti su questo e quello ma non era ciò che volevo: volevo rendere la storia di persone normali, come te e me, persone come queste ragazze alle quali tutto ciò che amavano è stato portato via e non potevano essere se stesse."

La cultura ci rende liberi

Leggere Lolita A Teheran Scena
Un momento degli incontri di lettura

Dopo aver visto il film la domanda che più ci ha tormentato è stata: può un libro renderci liberi? Oppure: le storie che tanto amiamo possono darci solo degli obiettivi da desiderare? Ovviamente lo abbiamo chiesto a Nafisi, con la quale abbiamo parlato di Emily Bronte e Primo Levi: "Sì e sì, la gente pensa che io esageri, ma non è così. Penso che i libri mi abbiano salvato. Sai, la prima volta che ho lasciato l'Iran avevo solo 13 anni, ed ero molto spaventata, i miei genitori mi hanno mandato in Inghilterra per studiare da sola e ho capito in quel momento che tutto ciò che abbiamo nella vita può esserci portato via."

Poi aggiunge: "Ora ci sono guerre, rivoluzioni, uragani, ogni sorta di catastrofe, quindi non puoi fare affidamento sulla vita, perché è volubile, cambia. E cosa fanno i libri? Ricreano e restituiscono ciò che nella realtà ci viene tolto. Il grande scrittore italiano Primo Levi, dice che scriveva per ricongiungersi alla comunità dell'umanità. Per questo scriviamo, per connetterci, per entrare nella pelle degli altri, per sentirli. Attraverso la curiosità verso gli altri, attraverso la connessione con loro, riusciamo a sopravvivere come esseri umani. Non è una questione politica, è una questione di umanità, e che tipo di esseri umani vogliamo essere."