Le Mans '66 - La grande sfida, recensione: la Ford duella con la Ferrari, Mangold attacca Hollywood

La recensione di Le Mans '66 - La grande sfida: il film di James Mangold con Christian Bale e Matt Damon a metà strada tra biopic e pellicola sportiva in cui si sfidano Ford e Ferrari.

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Le Mans '66 - La grande sfida: Christian Bale, Matt Damon in un momento del film

Vorremmo cominciare questa recensione di Le Mans '66 - La grande sfida parlando di Oscar: perchè il film di James Mangold, in teoria, avrebbe tutte le caratteristiche per fare incetta di nomination, e magari anche statuette, il prossimo 10 febbraio. Reparto tecnico ineccepibile, grandi interpretazioni, storia vera ma al limite dell'incredibile: fossimo in un'annata normale, questo Le Mans '66 - La grande sfida sarebbe senza dubbio uno dei favoriti ai prossimi Academy Awards.

Ma in un'annata normale non siamo, anzi. Probabilmente ci aspetta un'edizione ricca di contendenti anomali e fortissimi (sebbene tutti "imperfetti" per l'Academy) e paradossalmente a farne le spese potrebbe essere proprio un film così tradizionalmente "da Oscar" come quello interpretato da Matt Damon e Christian Bale. Ma tutto questo lo scopriremo solo tra qualche mese, quello che importa al momento è che abbiamo davanti un buonissimo film in ogni suo aspetto, un'opera che riesce ad andare ben oltre il genere sportivo/automobilistico pur rappresentandone comunque un'eccellenza.

Piloti veri e sfida leggendaria: una trama perfetta per un film

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Le Mans '66 - La grande sfida: Christian Bale, Matt Damon in una scena del film

La storia, come già detto, è quella della vera collaborazione e amicizia tra i due piloti Carroll Shelby e Ken Miles che all'inizio degli anni '60 "scelsero" di sfidare il predominio delle Ferrari e di provare a vincere la 24 ore di Le Mans con una macchina Ford. Chi conosce quanto realmente avvenuto nel 1966, sa bene che la storia raccontata nel film è ricca di imprevisti e sorprese, che cominciano ben prima della gara che gli dà il titolo e che, di fatto, occupa solo l'ultimo terzo della durata della pellicola. Si inizia invece nel 1963: con Henry Ford II che, allo scopo di rinnovare l'immagine dell'azienda fondata dal nonno, prova ad acquisire quella di Enzo Ferrari. Ovviamente senza riuscirci, ma fu quell'avvenimento a decretare l'inizio di una lunga sfida a distanza il cui unico scopo era quello di realizzare non solo la macchina da corsa più veloce mai esistita, ma anche la più resistente e affidabile: una macchina che potesse tagliare il traguardo dopo 24 ore di gara, possibilmente davanti a tutti i concorrenti.

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Le Mans '66 - La grande sfida: una scena del film

Come forse saprete, il titolo originale del film di James Mangold è Ford vs Ferrari, un titolo che dà risalto alla sfida tra americani e italiani. In molti si sono chiesti come mai questa scelta non fosse stata tenuta anche per il mercato europeo, considerata anche l'importanza del marchio di Maranello, ma la verità è che paradossalmente il titolo nostrano è (per un volta) ben più coerente con il film, visto che la Ferrari è sì presente, ma non così centrale. Presentarlo al pubblico italiano con il titolo Ford v Ferrari avrebbe potuto ottenere un risultato controproducente e deludente, perché al centro del film c'è innanzitutto la sfida, anzi la battaglia che si combatte all'interno della Ford stessa.

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Le Mans '66 - La grande sfida: Christian Bale, Matt Damon durante una scena del film

Il rapporto di fiducia e collaborazione tra Shelby e Miles fu fondamentale per quanto accaduto: il primo, dopo essere stato costretto a ritirarsi dalle corse nel 1959 per questioni si salute, si reinventò progettista, designer e imprenditore automobilistico; il secondo aveva un enorme talento sia come pilota che come ingegnere/meccanico, ma era una nota testa calda fuori ma soprattutto dentro la pista. La grande sfida che racconta il film riguarda proprio questi due personaggi, e la difficoltà di farli funzionare. In un primo momento tra loro; in seconda, ma più importante, battuta con la Ford stessa e con la visione che Henry Ford II e il suo vice avevano dell'azienda, delle loro auto e di quello che sarebbe dovuto accadere durante le gare.

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Le Mans '66 - La grande sfida: una scena con Christian Bale

Per tutti questi motivi, il film di Mangold è sia un biopic affascinante che un incredibile, e tecnicamente eccelso, film sportivo. Perché riesce a raccontare una storia complessa in modo accurato e molto cinematografico, trasportandoci dietro al volante per molto tempo, senza per questo mai farci pesare la durata finale di due ore e mezza. Ci riesce grazie a un montaggio (anche sonoro) serratissimo ed esemplare che regala al film un ritmo e una tensione quasi da thriller, ma anche grazie all'ottimo lavoro sia in termini di scenografia che fotografia.

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Le Mans '66 - La grande sfida: Caitriona Balfe in una scena del film

Ma il lavoro migliore è proprio quello sul cast e sui bellissimi personaggi, tutti ottimamente interpretati e caratterizzati. Ovvio che i più appariscenti e riusciti siano proprio lo Shelby di Matt Damon o il Miles di Christian Bale, tanto che per entrambi un eventuale (nuovo) Oscar non sarebbe certo uno scandalo. Ma a colpire sono anche tutti i personaggi secondari, come l'Enzo Ferrari interpretato, col solito carisma, dal nostro Remo Girone, l'odioso e borioso Henry Ford II di Tracy Letts o l'italoamericano Lee Iacocca a cui presta il volto Jon Bernthal. Ma potremmo ancora proseguire con il giovanissimo (ma sempre più bravo e promettente) Noah Jupe nei panni del figlio di Miles o un Ray McKinnon sorprendentemente paterno e rassicurante nel ruolo dell'ingegnere Phil Remington.

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La cosa che in assoluto più ci ha colpito di questo Le Mans '66 - La grande sfida è però un'altra: perché a tutto quello che abbiamo già detto, si aggiunge un altro aspetto ancora più interessante e inaspettato, quello allegorico. È piuttosto semplice voler leggere nel lavoro di James Mongold, e in particolare nel suo concentrarsi soprattutto nei difficili rapporti tra i dirigenti della Ford e la coppia di geni e visionari, un'allegoria dell'industria cinematografica. E di conseguenza anche una critica piuttosto feroce alle ingerenze tra coloro che decidono, in quanto detentori dei soldi e del potere, e tra coloro che effettivamente realizzano qualcosa di straordinario: spesso anche andando contro le direttive che arrivano dall'alto e prendendosi dei rischi che pochi si permetterebbero, altre volte cercando la collaborazione ad ogni costo, anche rimettendoci l'orgoglio.

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Le Mans '66 - La grande sfida: Matt Damon in una scena del film

Così come per quei piloti di 50 anni fa, in parte dimenticati dalla Storia, anche il lavoro del regista è difficile e spesso ingrato: lo sta imparando a sue spese anche James Mangold, autore versatile e coraggioso, ma non sempre allineato alle logiche del mercato. Un regista che però, da anni, sta cercando di portare avanti la sua personale visione dall'interno e, piano piano, quasi in sordina, ci sta riuscendo sempre di più.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Le Mans '66 - La grande sfida come l'avevamo iniziata, ovvero ribadendo come il film in questione sarebbe perfetto per l'Oscar. Apparentemente molto tradizionale ma perfettamente in bilico sul doppio binario del biopic e del film sportivo, l'opera di James Mangold ha al suo interno una riflessione molto interessante sul mondo di oggi, e sul contrasto tra sport/arte/cultura e le esigenze commerciali e di marketing. E la confezione, sia per quanto riguarda il reparto tecnico che quello artistico, è di altissimo livello.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Regia e sceneggiatura ben si bilanciano, riuscendo così a raccontare un modo avvincente l'incredibile storia sia fuori che dentro la pista.
  • Personaggi molto ben caratterizzati, anche quelli secondari, e ottimamente interpretati da tutti: Damon e Bale in primis.
  • Reparto tecnico sontuoso, in particolare montaggio e sonoro sono di livello eccelso: nel finale sembra di essere davvero nella vettura insieme ai piloti.

Cosa non va

  • Chi non ama il mondo delle auto da corsa potrebbe avere qualche difficoltà a superare i pregiudizi iniziali: ma il film ha da offrire molto di più.