Recensione Ultimatum alla Terra (1951)

L'aspetto più evidente e sensazionale di 'Ultimatum alla Terra' è quanto il messaggio del film sia ancora oggi attuale ed efficace, anche ad oltre cinquanta anni di distanza.

Lassù qualcuno ci ama

E' il 1951. La Seconda Guerra Mondiale si è da poco conclusa e le esplorazioni spaziali sono ancora a qualche anno di distanza. Dal clima di tensione mondiale è chiaro che si è in piena Guerra Fredda e senza dubbio non il momento migliore per l'alieno Klaatu per atterrare sul nostro pianeta e chiedere un summit con tutti i leader mondiali. Scoraggiato in proposito dal rappresentante del governo americano con cui ha dei colloqui, Klaatu decide di lasciare di nascosto l'ospedale in cui era tenuto sotto sorveglianza e mescolarsi alla gente per capire meglio la razza umana ed il suo comportamento apparentemente insensato.
Le sue indagini sul campo fanno capire a Klaatu che il comportamento umano è veramente folle e riesce ad individuare un interlocutore soltanto nello scienziato Barnhardt che acconsente ad organizzare un incontro con altri eminenti studiosi di tutto il mondo, in modo che l'alieno possa metterli in guardia sul rischio che la nostra attitudine all'aggressività e la distruzione fa correre alla razza umana ed al futuro del pianeta Terra.

L'aspetto più evidente e sensazionale di Ultimatum alla Terra è quanto il messaggio del film sia ancora oggi attuale ed efficace, anche ad oltre cinquanta anni di distanza; aspetto che rappresenta un grandissimo pregio del film ed allo stesso tempo un incredibile difetto della nostra civiltà.
Un chiaro monito nei confronti dell'avanzamento tecnologico portato avanti senza regole (che riecheggia anche in altre opere di genere dello stesso periodo, basti pensare alle regole della robotica di Isaac Asimov, definita in Io, Robot del 1950) e nei confronti dell'atteggiamento umano verso il prossimo, da cambiare in vista dell'imminente ampliamento del concetto di prossimo, alla vigilia dell'Era Spaziale (altro messaggio condiviso nel periodo, per esempio da Ray Bradbury nel suo Cronache marziane, dello stesso anno).
In quest'ottica, Ultimatum alla Terra è una storia morale, soltanto travestita da film di fantascienza.

Accanto al messaggio predominante, che riguarda appunto la tendenza umana all'autodistruzione, il film di Robert Wise è anche una intelligente analisi di come i media possano controllare la reazione della massa, guidandone ed enfatizzandone le paure. Ed un misterioso alieno, nonostante l'apparenza benevola e rassicurante dell'ottimo Michael Rennie, può facilmente diventare un elemento di ansia e terrore e può essere facilmente trasfigurato in un mostro nell'immaginario collettivo; ne è un chiaro esempio una scena chiave del film in cui Klaatu si presenta a casa della Signora Crockett, presentandosi come il ben più terrestre Signor Carpenter alla ricerca di una stanza: la sua figura in ombra alle spalle del gruppo di Terrestri radunati ad ascoltare le ultime notizie sull'ospite interplanetario crea un momento di palpabile tensione che svanisce non appena fa un passo in avanti mettendosi in luce.
Ma non è solo in questa scena che l'attenta ed equilibrata regia di Wise si mette in mostra: anche l'arrivo del disco volante è da cineteca nella sua semplicità (di mezzi e di messa in scena), ripresa da molti autori nei decenni successivi; una semplicità, linearità ed adeguatezza che coinvolge tutto l'impianto tecnico/artistico del film, dalle interpretazioni, di tutto il cast (con Rennie in testa, accompagnato da Patricia Neal e Hugh Marlowe), alla colonna sonora di Bernard Herrmann, senza trascurare scenografie, fotografia ed effetti speciali notevoli per l'epoca.

Inevitabile, guardando il film con occhio moderno, ravvisare una certa ingenuità in alcuni passaggi e nel modo in cui il messaggio viene talvolta messo in scena, ma sono difetti che non annullano il fascino di un film che fa parte dei classici, non solo della fantascienza, ma di tutto il cinema.

Movieplayer.it

4.0/5