Una voce sprizzante, proveniente da un volto solare e allegro, ammette: "Io ero innamorata di Jep Gambardella". Siamo nel bel mezzo della conferenza stampa dedicata a Lasciati andare, opera terza di Francesco Amato, quando la spontaneità di Verónica Echegui ammette che l'indimenticabile protagonista de La grande bellezza è stato il primo pensiero quando ha saputo che avrebbe lavorato con Toni Servillo. È questo il modo in cui l'attrice spagnola ricorda il grande interprete napoletano, suo mentore e compagno di viaggio in una commedia arguta e insolita, che racconta l'incontro inaspettato tra un uno psicanalista imbolsito e una personal trainer vulcanica. È molto facile che nelle prime battute di Lasciati andare il ricordo di Echegui coincida con quello di molti spettatori, perché l'Elia Venezia di Servillo ha diversi tratti in comune con il Gambardella sorrentiniano. L'apatia, lo sguardo distaccato sul mondo, la netta lontananza tra lui e gli altri, tutti elementi che Francesco Amato sfrutta per delineare la parabola di un personaggio messo in discussione nel corpo e nei sentimenti.
Sedentario, annoiato e avaro, Elia verrà scosso da un problema di salute che lo obbliga a rimettersi in moto uomo, marito, padre, persona. L'ago della sua bilancia, fisica e morale, sarà proprio il personaggio di Echegui, Claudia, abitante di un mondo lontanissimo da quello di Elia: palestre, caos, situazioni sentimentali agitate. Lasciati andare è la storia della necessaria osmosi tra queste due persone diverse. Due persone che abbiamo conosciuto meglio parlandone proprio con Servillo ed Echegui tra aneddoti, video di zumba su Youtube e la voglia di scrollarsi di dosso vecchi personaggi per lasciarsi, finalmente, andare.
Leggi anche: Lasciati andare - L'educazione fisica dei sentimenti
Lasciarsi leggere
L'opera terza di un giovane regista con Toni Servillo protagonista rischia di essere fagocitata da questa presenza ingombrante. Servillo lo sa bene e ci tiene a fare un passo indietro anche in conferenza stampa; cerca di non focalizzare l'attenzione su di sé, anzi pone l'accento sulla forza del gruppo, sul lavoro corale dove un'ottima scrittura incontra tanti personaggi ben connotati anche grazie a poche battute. Così, mentre Echegui ammette di essere stata colpita da "un ottimo copione", Servillo racconta: "Abbiamo lavorato tantissimo sul copione. Lo abbiamo letto, riletto, provato e riprovato. Recitavamo e registravamo le battute, tant'è che alla fine la sceneggiatura aveva persino una sua precisa musicalità". Sulla sua prima vera commedia cinematografica, l'attore aggiunge: "In realtà c'erano dei cenni di commedia anche in Viva la libertà di Roberto Andò, ma in questo caso il genere è ancora più spinto ed evidente. Mi piaceva l'idea di confrontarmi con qualcosa che, invece, a teatro mi è molto familiare". Lasciati andare è la storia di un disgelo, di un iceberg umano messo a nudo e destrutturato, ma soprattutto, stando alle belle parole di Servillo, "un invito a vivere la vita da dilettanti, senza professionismo". Un invito raccontato con tatto e divertimento da un film che è un imperativo gentile al cambiamento e alla riscoperta.