Ci sono due aspetti principali che vogliamo affrontare nella nostra recensione del quinto e sesto episodio de L'amica geniale 3. La serie targata Rai e HBO, nella sua terza stagione, deve fare i conti con quello che è forse il romanzo più particolare e difficile della quadrilogia di Elena Ferrante. Storia di chi fugge e chi resta sembra bloccare fortemente la storia delle due protagoniste, muovendosi a piccoli passi, ma concentrandosi in maniera più sostanziosa sul turbinio interiore della narratrice (Elena) e coinvolgendola all'interno delle vicende storiche del Paese. La serie diretta da Daniele Luchetti deve operare all'interno di queste coordinate cercando di non tradire la continuità dell'opera ed evidenziare un percorso che coinvolge le protagoniste attraverso il tempo che scorre (e qui il quinto episodio già sorprenderà lo spettatore) e una loro presa di coscienza. Legata da un fil rouge tematico, questa coppia di episodi nei momenti migliori riesce a semplificare e adattare il complesso testo della Ferrante in un prodotto adatto a un pubblico quanto più vasto possibile. Tuttavia, rimangono alcuni elementi, dettati da alcune scelte prese a monte, che si fanno via via più problematici.
La gente che cambia
L'episodio 5, dal titolo Terrore, inizia nel silenzio del rione. Poi un'esplosione che distrugge un negozio e catapulta lo spettatore direttamente negli anni della contestazione. Ed è con un'esplosione che L'amica geniale compie un salto in avanti nel tempo e fa ritrovare le sue due protagoniste diverse da come le avevamo lasciate nello scorso episodio. Elena/Lenù è madre di due bambine, è ancora sposata con Pietro e partecipa alle manifestazioni femministe. Ha smesso di scrivere libri e la sua vita sembra aver trovato un certo equilibrio, anche se fragile. L'arrivo di Pasquale e Nadia, oltre che del figlio di Lila, Gennaro, legherà nuovamente la vita di Lenù a quella del rione, regalandole ancora una volta uno specchio in cui riflettersi e, forse, non piacersi ancora. Da sottolineare una sequenza: dopo l'addio a Pasquale e Nadia, che nel frattempo hanno utilizzato il bagno di casa, vedremo Lenù pulire a fondo il gabinetto, la vasca, il bidet. Armata di guanti e alcol, è il suo tentativo disperato di decontaminare la sua vecchia vita. Il titolo dell'episodio sembra riferirsi a più aspetti: al contesto storico e sociale dell'Italia, al sentimento che Lenù prova nei confronti di questa continua incapacità di separarsi davvero dal luogo delle sue origini. E soprattutto al terrore che la protagonista vede in sé stessa, la paura di non essere ancora riuscita a crearsi un'identità personale che non sia dettata e descritta da come gli altri la vedono.
Pranzo di famiglia
Il sesto episodio ("Diventare") presuppone sin dal titolo questa sin troppa attesa soluzione al limbo esistenziale e identitario di Lenù. Diventare significa crescere, e per farlo Lenù dovrà ancora una volta fare i conti con il proprio grembo materno, con quel cordone ombelicale che continua a legarla al rione della sua infanzia. Proprio tornando al rione, scoprendo i cambiamenti avvenuti all'interno della propria famiglia, Lenù dovrà affrontare ancora una volta i suoi fantasmi che sembrano provenire dal passato. Un pranzo in famiglia, che raccoglie tutti i maggiori personaggi della serie, sarà l'occasione per dare avvio a una serie di considerazioni e pensieri interiori che si concluderanno con una presa di coscienza da parte di Elena, che dovrà prendere consapevolezza del suo ruolo di donna adulta. Proprio con un'immagine che trasforma velocemente un pranzo, seppur imprevisto e distaccato, ma cordiale, quella di una bistecca sul piatto che rilascia i succhi, si compie l'epifania di Lenù. I succhi della carne diventano sangue mestruale, a sottolineare il disperato bisogno della protagonista interpretata da Margherita Mazzucco di dover affrontare un definitivo passaggio della propria vita.
Traduzioni e adattamenti
Similmente a quanto accade alla sua protagonista, la terza stagione de L'amica Geniale sembra aver preso una direzione nuova che cambia, più o meno leggermente, il tenore della messa in scena e della narrazione. La regia di Daniele Luchetti ha trasformato in parte l'aspetto più viscerale e d'impatto dell'adattamento creato da Saverio Costanzo nelle precedenti due stagioni per favorire un racconto più lineare e chiaro nella sua esposizione. Semplificando alcune dinamiche intrise nel racconto di Elena Ferrante, L'amica geniale compie un lavoro di adattamento particolarmente funzionale a ciò che vuole raccontare attraverso lo schermo. Tuttavia proprio questa semplicità sembra mettere in luce alcuni degli aspetti più problematici di quest'operazione. Nel sesto episodio si scopre che il romanzo di successo di Lenù è stato tradotto in tedesco, causando gioia, sorpresa, ma anche una piccola dose di indifferenza perché "Elena Greco è l'unica cosa che si capisce" di quel libro. Più che adattata per la serialità, la terza stagione de L'amica geniale sembra essere stata tradotta rispetto al materiale d'origine. Di conseguenza ha anche un po' tradito la complessità del romanzo e dei personaggi, ma anche il tono e lo stile delle due stagioni precedenti. Certo, lo stile di regia di Daniele Luchetti è diverso da quello di chi l'ha preceduto, ma sembra mancare quell'emozione potente capace di coinvolgere a 360 gradi lo spettatore e lasciarlo ammaliato da ciò che sta osservando.
Sospendere l'incredulità
I motivi si ritrovano in un atto che non va mai sottovalutato nel momento in cui ognuno di noi si approccia a un racconto: la sospensione dell'incredulità. Potremmo facilmente sorvolare sui soliti aspetti che, dal primo episodio di questa terza stagione, ci sono sin da subito sembrati un po' fuori posto. Il maggiore è sicuramente aver voluto mantenere due attrici giovanissime a dare corpo, voce e volto a due donne che, per una ragione o per l'altra, devono farsi carico di diverse esperienze di vita, anche dolorose. Margherita Mazzucco e Gaia Girace continuano a mostrare il loro talento attoriale, eppure questi due episodi non sono riusciti a ingannare così bene lo spettatore. In più di qualche occasione si fa fatica a credere che quei volti, quelle voci e quei corpi riescano a sopportare il peso drammaturgico degli eventi e del racconto. Non bastano alcuni capelli grigi o degli abiti accuratamente scelti per dare l'impressione, così, ad impatto, di star assistendo a donne più vicine ai trent'anni che ai diciotto. Sarebbe comunque incorretto non trovare la causa di questa sensazione in fase di scrittura. Questi due episodi sembrano voler raccontare sin troppo rispetto a quanto effettivamente sono tenuti a fare, lasciando che alcuni comportamenti e alcuni eventi, a prima vista dal peso parecchio importante, rimangano poco approfonditi, sfuggenti, se non a venire dimenticati. Il matrimonio tra Lenù e Pietro manca di quella tensione che sembra voler creare, un gesto in particolare perde d'importanza, alcune dinamiche relazionali tra i personaggi sembrano partecipi di un'altalena a volte contraddittoria. Persino i dialoghi tradiscono una certa confusione, come se gli stessi personaggi stiano fuggendo dalla gabbia della sceneggiatura a cui dovrebbero essere costretti. Per fortuna, la storia rimane così universale e così piacevolmente intrigante, oltre che stratificata, da non poter allontanare lo sguardo dallo schermo e non perderne interesse.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione del quinto e sesto episodio de L’amica geniale 3 possiamo dire che la terza stagione della serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante prosegue con i suoi pregi e i suoi difetti il racconto. La narrazione sembra tradire a volte il materiale originale scegliendo una via più semplice, che a volte si risolve con qualche semplificazione di troppo e una scrittura un po’ sfuggevole. Le due attrici protagoniste dimostrano il loro talento, ma la storia avrebbe richiesto un’immagine più adulta rispetto alle vicende. Ne avrebbe guadagnato lo spettatore, che rimane comunque appassionato alle vicende (grazie al carattere universale del racconto). Tuttavia sembra mancare quella forza viscerale a cui le altre due stagioni ci avevano abituato.
Perché ci piace
- Il racconto continua a essere appassionante e riesce a parlare a una collettività di spettatori.
- Alcune scene si dimostrano particolarmente riuscite, soprattutto quando si deve creare una tensione.
- Le due attrici protagoniste fanno il possibile per onorare i personaggi…
Cosa non va
- …ma la loro giovane età rischia di interrompere la sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore.
- A volte si ha l’impressione che il racconto sfugga dalla gabbia di una sceneggiatura centrata e ben organizzata.