L'amica geniale 2 si è appena conclusa e anche questa seconda stagione ha confermato l'indiscutibile unicità per la serialità nostrana di questo prodotto televisivo. La serie tratta dai romanzi di Elena Ferrante, fatta di una sceneggiatura che è adattamento perfetto del mondo creato dall'autrice e dell'ottima regia di Saverio Costanzo (ma con l'eccellente intermezzo di Alice Rohrwacher), ci trasporta nella vita delle sue protagoniste che, dalla gabbia chiusa del Rione, si aprono a nuove esperienze e a nuovi orizzonti. Il retaggio patriarcale del luogo dove sono cresciute ma anche dei nuovi ambienti che si trovano a frequentare, il nuovo impegno politico, gli amori adolescenziali e le diverse ambizioni si mescolano dando vita ad una seconda stagione ricchissima di suggestioni e di spunti, coerente con ciò che avevamo amato della prima, ma forse addirittura più coinvolgente.
Con la crescita e, quindi, in maniera forse più netta che nella prima stagione, Lila e Lenù si trovano ad interagire con i personaggi maschili in maniera diversa rispetto a come facevano, con i padri e con i fratelli, da bambine e nella prima adolescenza. Gli amori di Lila e Lenù, in anni in cui la difficile condizione femminile si unisce alla realtà ancor più soffocante del Rione, diventano in certi casi ostacoli per le ambizioni che le due mostrano di avere, sono spesso presenze violente e temibili. I personaggi maschili di Storia del nuovo cognome riflettono alla perfezione la mentalità dell'epoca in cui la storia è ambientata ma al tempo stesso incarnano caratteristiche senza tempo, modi di fare e atteggiamenti che non sono mai spariti del tutto e che animano conflitti più che attuali. In questo articolo parleremo di quattro figure estremamente importanti, anche se in misura diversa, per le protagoniste: Stefano, Nino, Enzo e Pietro. Quattro relazioni che guideranno e daranno forma all'ultima fase della loro crescita, quella del passaggio definitivo dall'infanzia alla maturità.
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Stefano e Nino
Sono molto pochi i personaggi maschili de L'amica geniale a non essere violenti, seppur in maniera diversa. Chi non ha studiato, chi è ignorante, esprime la violenza con i pugni, gli schiaffi e la molestia sessuale; gli intellettuali, invece, manipolano dal punto di vista psicologico, sminuiscono e controllano in modi completamente diversi. Nino e Stefano sono l'esempio perfetto di entrambe le categorie. I difetti del primo, pur nascosti dall'idealizzazione romantica del personaggio da parte di Lenù e Lila, sono venuti pian piano alla luce nel corso di questa seconda stagione: Nino Sarratore (Francesco Serpico) finge di rispettare le donne ma gioca con i loro sentimenti, le usa fino a che gli fanno comodo (e l'abbandono di Lila ne è l'esempio perfetto), le ferisce mascherando il tutto con i suoi modi gentili. Storia del nuovo cognome riesce a farcelo odiare più degli uomini brutali, quelli che picchiano: Nino tradisce ed agisce in maniera subdola, ripudia il padre ma, in fin dei conti, gli è molto più simile di quanto inizialmente potevamo immaginare. Donato Sarratore, che ha portato una donna alla follia per amore e che è responsabile di una terribile violenza nei confronti di Lenù - ma che è riuscito a mascherare con falsa e viscida gentilezza - è lo specchio di come, molto probabilmente, Nino diventerà da adulto.
Per Stefano Carracci (Giovanni Amura), invece, la violenza è l'unico mezzo per comunicare con Lila (e anche per esprimere il suo "amore" nei suoi confronti) e la sua figura diventa una sintesi perfetta di come funzionavano i rapporti tra uomini e donne, a quel tempo e in quello specifico contesto. Per un personaggio come Stefano, autonomia, dissenso e affermazione personale non possono esistere e l'unica reazione possibile, visto che non è capace di controllare Lila, è proprio la violenza. C'è una scena in particolare, in Storia del nuovo cognome, che esemplifica al meglio questa dinamica: la prima notte di nozze di Stefano e Lila. L'inquadratura da dietro la porta a vetri del bagno, che trasforma il nuovo marito in un mostro, la violenza sessuale soffocata da parole d'amore assurde e fuori posto, e il volto di Lila, temporaneamente rassegnata ad una situazione senza via di uscita.
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Enzo e Pietro
Ad opporsi a queste figure troviamo Enzo e Pietro, personaggi che, fino ad ora, hanno avuto un'importanza minore nell'economia della storia (soprattutto il secondo che abbiamo conosciuto solo negli ultimi due episodi) ma che risaltano nettamente per il contrasto con tutte le figure maschili con cui le due protagoniste si sono relazionate nel corso della serie. Enzo Scanno (Giovanni Buselli) è l'uomo di valori, silenziosamente innamorato di Lila ma presenza solida nella sua vita. Enzo, pur essendo nato e cresciuto nello stesso ambiente di Stefano, riconosce l'autonomia di Lila e la sprona a coltivare la propria intelligenza (cosa che deduciamo nell'ultimo episodio quando la ragazza racconta a Lenù che i due studiano insieme ogni sera). L'amore di Enzo per Lila è puro e concreto e lo rende, forse, l'unica figura maschile positiva nella sua vita, così lontano tanto da Stefano come da Nino.
Non possiamo fare altro che allontanarci dal Rione per parlare di Pietro Airota (Matteo Cecchi), la cui entrata in scena porta un cambiamento profondo in Lenù. Pur trattandosi di un personaggio, almeno per ora, assolutamente positivo, capiamo già quanto sarà difficile per lui e Lenù cementare il loro rapporto, viste le differenze di contesto sociale e familiare da cui provengono: lui è quanto di più lontano possa esserci per lei dai modelli maschili a cui è abituata e questo non può che metterla in difficoltà. Lo sguardo che Lenù e Nino si scambiano alla fine dell'ultimo episodio ci mostra che la ragazza non ha mai abbandonato l'ideale romantico che gli aveva imbastito addosso e che, forse, la relazione con Pietro non potrà mai essere costruita su basi veramente solide. In fin dei conti Lenù ammette, varie volte nel corso di questi due episodi finali, di non essersi mai veramente affrancata dal Rione e, quindi, come potrebbe abbandonare l'amore che lì vi è nato?
Una delle caratteristiche più interessanti di Storia del nuovo cognome è che riesce a mostrarci dei ritratti maschili estremamente vari, perfettamente inquadrati nel tempo e nel contesto in cui agiscono mal al tempo stesso comprensibili e "adattabili" a qualsiasi epoca. Anche per questo, secondo noi, la visione di questa seconda stagione de L'amica geniale è stata un'esperienza così coinvolgente ed irripetibile.