La zona d'interesse: Jonathan Glazer e il male che c'è dentro tutti noi

"È come se fossimo un Grande Fratello nella casa di questa famiglia di nazisti": intervista al regista Jonathan Glazer, che porta sul grande schermo il libro di Martin Amis La zona d'interesse (The Zone of Interest).

La zona d'interesse: Jonathan Glazer e il male che c'è dentro tutti noi

La zona d'interesse, dopo aver conquistato il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2023, arriva nelle sale italiane il 22 febbraio. Passato anche alla Festa del Cinema di Roma 2023, ha conquistato cinque nomination agli Oscar 2024: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior sonoro e miglior film internazionale, per cui è il favorito.

The Zone Of Interest
La zona d'interesse: un'immagine di Sandra Hüller

Adattamento cinematografico dell'omonimo libro di Martin Amis (The Zone of Interest in originale), il film segue la vita quotidiana di una famiglia tedesca particolare, quella di Rudolf Höß, membro delle SS e primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz. Proprio a Roma abbiamo incontrato il regista, che racconta così l'inizio della pellicola: "All'inizio non c'è niente sullo schermo, solo la colonna sonora. L'idea era quella di dire: prima le orecchie degli occhi. È il suono che ci guida nel film. Spero che il pubblico riesca a godersi il film dal punto di vista del suono e dell'immagine: la loro intersezione."

Una volta capito di voler adattare il romanzo di Amis, per l'autore era fondamentale trovare il giusto tono: "Non volevo fertilizzare l'estetica del Nazismo: volevo ritrarre i personaggi senza gli stereotipi a cui siamo abituati. È come se fossimo un Grande Fratello nella casa di questa famiglia di nazisti."

La zona d'interesse: il libro di Martin Amis

In principio fu la parola scritta: Glazer racconta così il suo primo incontro con il libro La zona d'interesse: "Il libro è una lettura feroce: è una storia di finzione, ma si basa chiaramente sulla vita di Rudolf Hosse. C'è qualcosa di pericoloso e coraggioso nel libro di Amis. Io e il mio produttore abbiamo parlato a lungo di questa storia. Quando ho cominciato la mia ricerca sulle vere persone che hanno ispirato Amis, mi sono concentrato sempre più su di loro. Erano persone ordinarie, noiose, vuote, grottescamente familiari. Questo mi ha fatto capire che avrei voluto indagare di più la vita al di là del muro del campo, per capire da dove nasce questo male in persone che sono così familiari."

La Zona d'interesse, la recensione: l'orrore di un'inconcepibile normalità

Non è la prima volta che il regista adatta un romanzo per il grande schermo e, ancora una volta, il suo approccio è stato lo stesso: "Quando leggo un libro da cui penso che potrei fare un film, dopo che l'ho letto tendo a non farlo più. Perché a quel punto, per fare un film mio, devo esplorare la storia alla mia maniera."

E a proposito di approccio, Glazer è uno di quegli autori che, potendo, non abbandonerebbe mai il film: "Non finisci mai di fare un film: finiscono il tempo e le risorse. Sono alla ricerca di quello che voglio esprimere fino alla fine. Mia moglie una volta mi ha detto che quello che cerco di fare è mettere un sentimento sullo schermo. Le immagini sono il guscio. Il film che vuoi fare in realtà è invisibile: le immagini sono lì per sostenere il film che in realtà vorresti realizzare."

Jonathan Glazer: dai videoclip al cinema

La Zona Dinteresse
La zona d'interesse: una scena del film

Regista di videoclip negli anni '90 per gruppi come Massive Attack, Blur e Radiohead, Glazer ha fatto il suo esordio alla regia di lungometraggio nel 2000, con il film Sexy Beast. Da allora, in più di 20 anni, ha realizzato solo altre tre pellicole: Birth - Io sono Sean (2004), Under the Skin (2013) e, ora, La zona d'interesse. Per il regista è stato un passaggio naturale: "Per me non c'è differenza tra un videoclip e un film: sono stato così fortunato da poter lavorare con artisti che, all'epoca di MTV, avevano controllo totale su quello che volevano dire. La pubblicità è stata un'opportunità creativa. E poi uno si deve guadagnare da vivere. Gli spot hanno una loro struttura precisa, ma essenzialmente è lo stesso mezzo. È stato difficile comunque fare pubblicità: perché pensavo di usare la mia roba per vendere la loro. Invece un mio amico mi ha detto: in realtà è il contrario, loro usano la tua roba per vendere la loro."

La zona d'interesse: raccontare l'Olocausto

Raccontare l'Olocausto è qualcosa che Glazer sapeva avrebbe fatto prima o poi: "Ho scelto di raccontare l'Olocausto perché penso che sia qualcosa che si è nascosto in profondità dentro di me. Sapevo che prima o poi l'avrei raccontato. Volevo vedere le similitudini tra le vittime e chi le ha perseguitate: vedere quanto si somiglino è sconcertante. Non è un viaggio che si prende con leggerezza. È qualcosa che viene continuamente processato."

Glazer
La zona d'interesse: Jonathan Glazer e Lukasz Zal sul set

Per essere più rispettoso possibile, Glazer ha girato il film in tedesco, collaborando con persone che conoscono la lingua: "Ho provato a impararlo, ma non lo parlo. So che ci sono delle sfumature della lingua che non capisco completamente. Quindi mi sono circondato di traduttori brillanti: uno è sempre stato accanto a me durante le riprese e mi diceva in tempo reale le differenze tra la mia sceneggiatura e l'improvvisazione degli attori. E ho scoperto che hanno improvvisato in continuazione! Abbiamo sottotitolato tutto: sul set c'erano 90 microfoni e tanti personaggi, quindi, al momento del montaggio, ci sono serviti."

La zona d'interesse: il sonoro e la fotografia

In La zona d'interesse ci sono delle scene girate con la telecamera termica: è una ragazza che nasconde il cibo tra gli strumenti di lavoro dei prigionieri nel campo. Glazer spiega perché ha voluto realizzarle: "Mentre facevo ricerche mi sono spesso detto che non avrei potuto raccontare questa storia. La zona, che non si chiama Auschwitz, quello è un nome che i tedeschi hanno dato al campo, si chiama Oświęcim, l'ho visitata. Ho parlato con varie persone, tra cui una donna che oggi ha 90 anni ma all'epoca faceva parte della resistenza. Cercava cibo e lo nascondeva per aiutare gli altri. È diventata una scintilla di speranza: è più un'energia, una forza, che un personaggio. La fotografia è con luce naturale: c'è una luce artificiale soltanto in una scena. Quindi mi sono chiesto come illuminare questa ragazza che si muove di notte senza usare luci artificiali. E ho pensato alla telecamera termica."

Sandra Huller
La zona d'interesse: un'immagine di Sandra Hüller

Per quanto riguarda invece l'assenza di primi piani nel film: "Non ci sono quasi primi piani nel film: gli unici veri primi piani sono di fiori! Questo perché volevo mantenere una distanza critica. L'unico personaggio che ho inquadrato da vicino è la madre della protagonista. Ma non penso che lei sia una guida morale: il suo personaggio condivide l'ideologia della figlia, d'altra parte una mela non cade mai troppo lontano dall'albero. È come quando noi andiamo al supermercato e non pensiamo al massacro di una mucca che viene venduta negli scaffali. A un certo punto lei si rende conto. Ma è comunque contenta che la figlia abbia una vita agiata."

I protagonisti di La zona d'interesse sono Christian Friedel e Sandra Hüller, che interpretano Rudolf Höß e Hedwig Höß, realmente esistiti. Per quanto riguarda il lavoro con gli attori Glazer lavora cercando di riscoprire i suoi interpreti: "Mi piace scomporre e ricostruire il modo in cui un attore è percepito. Nicole Kidman all'epoca di Birth - Io sono Sean era una delle attrici più famose al mondo e volevo mostrarla in un modo diverso. Così come per Scarlett Johansson in Under the Skin: ho cercato di mostrare la sua vulnerabilità."

La zona d'interesse: la colonna sonora

Tra le influenze importanti per il film di Glazer ci sono le opere di Hannah Arendt: "Le sue osservazioni sono state fondamentali: lei ha detto che il male spesso viene dal non pensare. E i nostri personaggi effettivamente è come se si bloccassero quando devono pensare. Con Sandra invece abbiamo deciso di optare per uno stato di continuo pensiero, ma di valutazione. Non è curiosa, non vuole capire. Valuta."

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La zona d'interesse: un'immagine del film

La colonna sonora di La zona d'interesse è un altro elemento fondamentale: "Con Mica Levi ci siamo incontrati sul set di Under the Skin: non uso musica quando lavoro a un film. Ci lavoro solo quando ho già una forma concreta della pellicola, perché altrimenti lo può influenzare. Il mio supervisione della musica quindi a un certo punto ha cominciato a farmi ascoltare dei compositori. E quando ho ascoltato i pezzi di Mica Levi mi sono chiesto: chi è che ha composto questo? E ci siamo conosciuti. Ormai sono dieci anni che ci confrontiamo: ha un'intuizione emotiva unica. Le conversazioni che ho con lei sono una delle cose che amo di più nella vita."