È nata una regista. Anzi no, c'è sempre stata. Doveva solo trovare la storia e il momento giusto per svelarsi al mondo. Greta Scarano, dopo aver firmato nel 2022 il corto Feliz Navidad, debutta dietro la macchina da presa alla regia di un lungometraggio, La vita da grandi. E il risultato è un piccolo miracolo di equilibrio tra toni ed emozioni che si susseguono e intrecciano per regalarci una storia ironica e profonda, leggera e commovente. Uno di quei film che se prodotti oltreoceano sarebbe finito di diritto nella selezione del Sundance celebrato come il titolo da non perdere.
Tra autismo, crescita e felicità

La sceneggiatura, scritta a sei mani insieme a Sofia Assirelli e Tieta Madia e ispirata al libro Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale dei fratelli Damiano e Margherita Tercon, (presenti nel film in un doppio cameo) ruota attorno a Irene (Matilda De Angelis) e suo fratello Omar (Yuri Tuci, attore autistico qui alla sua prima, incantevole, prova sul grande schermo). Lei vive a Roma con il compagno con il quale vuole comprare casa mentre lavora per un'azienda che produce pannelli solari. Lui ha quarant'anni, è autistico, e vive a Rimini con i genitori che lo trattano come un bambino. Quando Irene su richiesta della madre - interpretata da Maria Amelia Monti - torna a casa qualche giorno per prendersi cura del fratello scopre che Omar quel "dopo" in cui i suoi genitori non ci saranno più non lo vuole passare con lei.
Ha desideri ben diversi: sposarsi, fare tre figli e diventare un "gangster rapper autistico". Ma per farlo deve prima diventare autonomo. Ecco allora che Irene organizza un corso casalingo per trasformarlo in un adulto. Lo accompagna addirittura alle selezioni di un talent show dove esibirsi davanti a una schiera di giudici e un pubblico. Un coraggio che lei, con il sogno represso di diventare comica, non ha mai avuto.

La vita da grandi è tante cose: un film sull'autismo, raccontato con autenticità, rispetto e ironia e senza forzature - perché Omar non è un genio e non risponde ai cliché a cui il cinema ci ha abituati -, un doppio racconto di crescita fatto di paure e speranze, una riflessione sul terrore del fallimento e sulla necessità di iniziare a pensare che essere felici - o almeno provarci - è più importante che "sistemarsi". E forse è per questo che risuona potente in chi guarda. Perché quello che mette in scena abbraccia tutti.
Un duo dai contorni tragicomici
Irene vive in punta di piedi. Ha passato la vita a non disturbare, ad essere invisibile per non gravare ulteriormente sui genitori. Scarano riesce a catturare alla perfezione una dinamica così simile a quella di tanti nuclei familiari, di tanti siblings che diventeranno presto o tardi caregiver. I fratelli o sorelle di persone con neurodiversità e/o disabilità. Saranno loro "dopo" ad ereditare quel carico di responsabilità portato sulle spalle dai propri genitori.

Ma Irene, un po' per paura un po' per egoismo, sprona Omar a smettere di vivere sotto la campana di vetro in cui l'hanno messo la madre e il padre per proteggerlo dalle brutture e dai dolori del mondo. Questo permette alla coppia composta da Matilda De Angelis e Yuri Tuci di dare vita a un duo dai contorni tragicomici, tra battibecchi, imbarazzi e tenerezze. Scarano mostra l'evoluzione del loro rapporto, da una reciproca rigidità iniziale - dovuta a non detti cresciuti fino a creare una distanza tra i due - alla morbidezza di chi sa di potersi fidare dell'altro.
In mezzo gare di canto amatoriali, Fabri Fibra, anziane zie alle prese con Instagram, fughe notturne in bicicletta, Enzo Iannacci, attacchi di panico via Zoom e un omaggio a Un posto al sole, leggendaria soap opera nella quale ha recitato la regista all'inizio della sua carriera. Ma anche tutta la consapevolezza di Omar - schietto al punto da mettere in imbarazzo chi vive schiacciato dal peso delle convenzioni e delle regole sociali - capace di vedere il mondo e come il mondo lo vede con lucidità estrema.
Una gioia per gli occhi e per il cuore
Nel guardare La vita da grandi si ha fortissima la percezione dell'amore, dell'attenzione e del divertimento che Greta Scarano ha infuso in ogni scena del film. Poco più di un'ora e mezza - che ci ricorda come per raccontare una buona storia non ci sia bisogno di sbrodolarsi in sequenze in eccesso - in cui non c'è un calo narrativo o una stonatura. Curatissimo da un punto di vista visivo - dalla scenografia di Andrea Castorina ai costumi di Grazia Materia passando per la fotografia di Valerio Azzali -, La vita da grandi è una gioia per gli occhi e per il cuore a cui abbandonarsi.

Un film che vive tanto, anche, nei dettagli. Può sembrare folle scriverlo, ma persino le maioliche del bagno della casa natale di Irene e Omar restituiscono la meticolosità dietro ogni scelta fatta. C'è il sapore di un cinema americano indipendente che incontra la riviera romagnola d'inverno per restituirci una storia di crescita fatta di piccole conquiste, passi indietro e la rincorsa necessaria per lasciarsi andare, mettere in conto di poter sbagliare. Ma soprattutto condividere. Nel percorso verso l'autonomia di Omar c'è anche quello di Irene che impara a vivere osservando quel fratello che non saprà farsi la doccia da solo, ma di certo non ha paura di inseguire il (proprio) sogno. E, quindi, il futuro.
Conclusioni
Il sogno di fare la regista Greta Scarano l'ha sempre avuto. Il cassetto in cui lo custodiva è rimasto chiuso per un po', ma ora spalancato e ci ha regalato La vita da grandi. Una sceneggiatura ispirata a una storia vera, quella dei fratelli Damiano e Margherita Tercon, con cui parlare di autismo, crescita, paura del fallimento, desideri. Lo fa grazie a una coppia di attori, Matilda De Angelis e Yuri Tuci, capaci di abbracciare un ampio spettro di emozioni che arrivano dirette al pubblico. Un film leggero e commovente che non dimentica l'ironia e la misura e che viene sorretto dalla cura al dettaglio che investe ogni reparto.
Perché ci piace
- Le varie tematiche affrontate nel film, dall'autismo al racconto di crescita personale.
- Yuri Tuci. Una prima volta sul grande schermo che lascia il segno.
- La cura ai dettagli, dalla scenografia ai costumi all'uso dei colori.
- L'alternanza di toni ed emozioni.
- L'evoluzione del rapporto tra i protagonisti.
Cosa non va
- Ad averne di opere prime così.