Recensione Le valigie di Tulse Luper - La storia di Moab (2003)

Il film di Greenaway è un collage di immagini dissolte l'una dentro l'altra, scontornate, sovrapposte, replicate. Cornici, scritte e numeri sono personaggi effettivi all'interno di un meccanismo la cui rigorosa simmetria ne è il principio.

La storia dell'uranio nel XX secolo

In concorso al Festival di Cannes 2003, Le Valigie di Tulse Luper - La storia di Moab è il primo film di un'ambiziosa trilogia scritta e diretta da Peter Greenaway. Si tratta dell'occasione per il regista di ritornare alla galleria di personaggi mitologici che la sua fantasia aveva creato molti anni fa. Tra tutti costoro ce n'era uno, Tulse Luper, che Greenaway caricava di tutte le sue fantasticherie in modo da evitare di citare se stesso come autore delle stravaganti idee che gli frullavano per la testa.

La storia, dunque, ruota intorno alla vita dell'enigmatico Luper, gallese di Newport. Lo sviluppo della trama segue cronologicamente il corso degli eventi dal 1922 in poi nei quali vediamo Luper a dieci anni rinchiuso dal padre nel deposito del carbone perché giocava alla guerra, a ventiquattro anni rinchiuso in una prigione nel Colorado dai Mormoni perché credevano che stesse cercando l'uranio, a ventisei anni rinchiuso nel bagno di un hotel della stazione ferroviaria di Anversa poiché ritenuto una spia. Celle mentali nelle quali l'esistenza lo imprigiona e dalle quali lui evade con bagaglio alla mano. Non solo culturale.

Novantadue sono le valigie appartenenti a Tulse Luper che ci permettono di conoscerlo meglio nel corso dei tre film. All'interno gli oggetti più disparati ed imprevedibili. Novantadue i personaggi totali, novantadue anche gli eventi maggiori della storia. Questo perché Greenaway ha voluto seguire le tracce dell'evoluzione dell'uranio negli ultimi ottanta anni che ha avuto un percorso politico e psicologico parallelo alla sua vita, il cui numero atomico nella tavola periodica degli elementi è il novantadue.

I numeri sono una convenzione utile che tutti capiscono, sono parte integrante del linguaggio usato dal regista. Greenaway è un artista e i suoi film sono la rappresentazione visiva dei quadri, delle installazioni, degli spettacoli teatrali che dal 1966 ad oggi ha prodotto e continua a produrre. Le Valigie di Tulse Luper - La storia di Moab è un collage di immagini dissolte l'una dentro l'altra, scontornate, sovrapposte, replicate. Cornici, scritte e numeri sono personaggi effettivi all'interno di un meccanismo la cui rigorosa simmetria ne è il principio. Corpi nudi, soprattutto maschili, fanno anch'essi parte del gioco, come se fossero con la loro perfezione il coronamento naturale alla geometria degli artifici, quasi a voler citare lo studio del corpo umano di Leonardo Da Vinci. Per vedere questo film è indispensabile accettarne le regole, altrimenti è come perdersi in un labirinto rimanendo senza mappa.