In Italia, si sa, certe cose non cambiano mai. Ma in particolare ce n'è una finita nell'occhio del ciclone nell'ultimo anno, in cui le false mosse fatte dalla politica hanno minato perfino quel poco di buono che c'era. Non stupisce quindi che anche in tv torni sotto i riflettori la scuola pubblica, probabilmente la materia più chiacchierata tra i giovani ai nostri tempi. A prendere le loro parti ci prova il regista Riccardo Donna con la serie Fuoriclasse, prodotta da Rai Fiction e dalla Itc Movie. La nuova fiction scolastica, trasmessa su Rai Uno mentre nelle sale gli Immaturi di Paolo Genovese a quarant'anni vengono riportati dietro i banchi di scuola, prova a conquistare il pubblico più giovane descrivendolo nei suoi conflitti generazionali quotidiani e nelle sue difficili relazioni familiari, tra divorzi, separazioni e famiglie allargate. E per farlo seleziona una fonte sicura, lo scrittore Domenico Starnone, che aveva già firmato insieme ad altri la sceneggiatura del film La scuola di Daniele Luchetti.
A filtrare la storia del liceo scientifico "Caravaggio" di Torino, una scuola decadente e senza soldi come tante altre in Italia, è lo sguardo della professoressa Isa Passamaglia, una Luciana Littizzetto formidabile nei panni dell'insegnante d'italiano grintosa e determinata sebbene sia sull'orlo del divorzio (il marito è alle Mauritius con una donna più giovane) e debba vedersela da sola con il figlio introverso. Quello che racconta la prof. più spigolosa e briosa dell'istituto sono le storie private dei suoi allievi sgangherati e le scaramucce tra colleghi divisi in due fazioni, a favore o contro le sue idee. Da un lato infatti ci sono Enzo Vivaldi, un adorabile e impeccabile prof di matematica e fisica e corteggiatore combinaguai della Passamaglia, Nadia Mittolò, garbata e bella insegnante di lettere che non ha successo in campo sentimentale, e Tina Cappoli, anziana e saggia docente prossima al pensionamento. Dall'altro, a contrastarli coi loro colpi bassi, sono schierati Salvatore Lobascio (Ninni Bruschetta in gran forma), vicepreside scorretto e prepotente, che gioca al gatto e la volpe con Luigi Broccoletti, ultracinquantenne mammone in bretelle e papillon, e Marcella Zara, brava ma insoddisfatta insegnante di lettere. A portare la pace tra i due gruppi nemici ci pensano una preside improbabile, suor Clotilde, e Michele, il figlio di Isa e Riccardo (Neri Marcoré), che si ritrova nel mezzo delle battaglie fra i grandi sia a casa sia tra le mura domestiche. A vitalizzare la fiction, che punta su situazioni fantasiose e al limite del surreale, che movimentano la quotidianità dell'anno scolastico dall'apertura dei cancelli agli addii estivi, e su battute argute talvolta inserite in maniera maldestra, un plotone di giovanissimi. Spiccano fin dai primi episodi gli allievi della III B: Marco Soratte, un adolescente problematico che si sfoga a urla rabbiose e capocciate nel muro, la bella e frivola Silvia Muraldi, un fiore sbocciato dopo la perdita di 7 kili, Laura Bellotto, una ragazzina sulla sedie a rotelle dolce e paziente, l'eterna ritardataria Sibilla Cagi e il timido Emilio Frasca. Tra i ragazzi vicini agli esami invece la genietta e bruttina Selvaggia Petrocelli, il pigro Aldo Tiburzio, la tontolona Ilaria Ciarella e l'affascinante Sergio Zanotto.Una commedia corale dunque Fuoriclasse, che in tv in 12 puntate cerca di spiegare un mondo quasi impenetrabile come quello della scuola, una dimensione che sembra stringersi intorno a un'età complessa e alle sue emozioni più genuine. Per fortuna la scrittura di Federico Starnone, Doriana Leondeff e Francesco Piccolo non calca la mano sul sentimentalismo, ma raccoglie gli intelligenti e illuminati sprazzi comici della star Littizzetto, alla quale gli altri interpreti sembrano fare da spalla collettiva quasi a integrare le sue gag e i suoi dialoghi. Complice la piacevole colonna sonora del gruppo Femme Piège - una bella sorpresa - il risultato è un intrattenimento godibile che alterna realismo pseudocronachistico a voli pindarici della fantasia con la pecca di non riuscire però a prendere una posizione tra due generi così opposti. Finendo per dannerggiare il ritmo svelto e lo spirito spassoso che avevano caratterizzato e portato al successo prodotti seriali come la scorsa Tutti pazzi per amore e per sottrarre al pubblico il gusto del divertimento di fronte all'impostazione superata della riflessione sociologica.