Corneliu Porumboiu torna a Cannes a distanza di nove anni da A est di Bucarest con cui vinse la Caméra d'Or e a sei da Police, adjective che gli fruttò il Premio della Giuria di Un Certain Regard. Nel momento in cui scriviamo, i premi di Cannes 68 non sono stati ancora assegnati, ma non ci stupirebbe affatto ritrovare nuovamente il nome del regista rumeno tra quelli dei premiati.
The Treasure (Comoara) è infatti un film fuori dal comune, un film in grado di appassionare e coinvolgere lo spettatore per oltre un'ora e mezza sfruttando un'idea semplicissima ed una messa in scena altrettanto minimalista: sono caratteristiche tipiche del cinema di Poromboiu e già ampiamente dimostrate, per esempio, nello splendido Police, Adjective dove il film raggiungeva il suo climax nei venti minuti conclusivi in cui dei poliziotti non facevano altro che disquisire intorno ad un tavolo "armati" solo di un vocabolario.
Rubare ai ricchi per dare ai poveri
Qui succede qualcosa di molto simile, con i protagonisti che parlano di mutui bancari, delle leggi che regolamentano il ritrovamento di vecchi tesori e beni appartenenti allo Stato o ricordano quanto accadeva ai tempi dei comunisti. Ma a differenza del sopracitato film in cui, prima di essere ricompensati dal regista con il colpo di genio finale, bisognava pazientare e sorbirsi più di un'ora in cui di fatto non accadeva assolutamente nulla (scelta assolutamente funzionale ovviamente), The Treasure fin dalla primissima scena non perde mai un colpo e dimostra la grande abilità di sceneggiatore di Porumboiu ma anche la maestria nel saper dirigere gli attori e di esaltarne i tempi comici assolutamente perfetti.
Il tesoro del titolo è quello che Adrian, vicino di casa in difficoltà, propone di ritrovare (e dividere poi 50/50) al protagonista Costi in cambio di 800 euro, ovvero la cifra necessaria per noleggiare un metal detector con cui analizzare il terreno sottostante al giardino della villa di famiglia dove, si dice, il bisnonno nascose qualcosa di prezioso subito dopo la guerra. Costi sembra fiducioso nonostante in più di 60 anni, ed in più l'espropiazione del terreno da parte dei comunisti, a questo fantomatico tesoro potrebbe essere successo davvero di tutto, ed è così che nonostante le titubanze della moglie si lascia andare a questa avventura che suscita invece l'entusiasmo del figlio a cui è solito raccontare le gesta di Robin Hood.
Life is Life
Per quanto bizzarra possa sembrare, questa strana ricerca si rivelerà davvero una piccola avventura, non priva di difficoltà e colpi di scena, ma soprattutto grande fonte di divertimento per noi spettatori. L'ironia di Poromboiu non si basa tanto su dialoghi brillanti ma piuttosto sul contrasto che si forma nel raccontare delle situazioni al limite del surreale o del ridicolo con l'asciuttezza tipica del cinema d'autore europeo: il risultato a tratti è assolutamente esilarante, come in tutte le lunghe e insistite scene con il metal detector (protagonista del film quanto gli attori in carne ed ossa) ed il suo divertente bippare.
Questa sensazione di entusiasmo e cieco ottimismo che accompagna la ricerca del tesoro per tutta la sua durata trova poi una perfetta conclusione in un finale al limite del favolistico ma anche fortemente simbolico e, come tutto il film e il cinema di cui è parte integrante, anche politico. Ed è proprio qui la grandezza di The Treasure e di tutta la new wave rumena, il riuscire a realizzare un cinema che possa essere autoriale e popolare al tempo stesso, e che possa raccontare tanto il passato che il presente di un paese che non è mai veramente uscito dalla crisi e non ha mai veramente superato i fantasmi del Comunismo, ma è comunque estremamente vitale. Perché, come ci ricorda Porumboiu sui titoli di coda con una cover della celebre canzone degli Opus, Life is Life.
Movieplayer.it
4.0/5