Ci bastano poche immagini - una pira funeraria, la foto di una giovane donna con due bambine - per avere un'idea del passato di Dheepan, l'eroe del nuovo film di Jacques Audiard, uno dei cineasti più acclamati in terra di Francia negli ultimi anni. È un ex membro delle Liberation Tigers of Tamil Eelam, un gruppo combattente del nord dello Sri Lanka che si è battuto durante la lunghissima guerra civile cingalese per la creazione di uno stato indipendente per l'etnia Tamil.
Il film segue la sua fuga frettolosa dallo Sri Lanka e dalle ostilità in compagnia della giovane donna che, decisa a partire con lui, preleva una bambina orfana tra gli sfollati perché il trio possa passare per una famiglia e ottenere l'asilo politico. Dopo aver vissuto di espedienti a Parigi, Dheepan ottiene un posto come custode nella banlieue di Le Pré, dove si aspetta di dover lavorare duro, non certo di trovarsi di nuovo a dover difendere se stesso e i suoi cari dalla cieca violenza.
Je suis Dheepan
Dopo aver lavorato con alcuni tra i più noti interpreti francesi (tra gli altri, ha diretto Marion Cotillard in Un sapore di ruggine e ossa e Tahar Rahim ne Il profeta, film vincitore del Gran Premio della giuria qui a Cannes nel 2009) per Dheepan Audiard chiama a coprire il ruolo del suo protagonista Antonythasan Jesuthasan, che, prima di trasferirsi in Francia e diventare scrittore, è stato davvero una delle Tigri Tamil, che lo reclutarono appena sedicenne. Prima dell'incontro con Audiard, Antonythasan era apparso soltanto in un film indiano (The Dead Sea, da lui co-sceneggiato) nel 2010.
Al suo fianco compare nel ruolo di Yalini l'indiana Kalieswari Srinivasan, esordiente assoluta con una formazione teatrale che, nel film, non sfigura di fronte a una co-star dai trascorsi tanto autentici. Per Antonythasan, infatti, Jacques Audiard ha un compito doloroso: quello di rievocare la sua stessa battaglia per una vita normale dopo gli anni vissuti nel cuore di un conflitto ferocissimo, mentre si rende conto di essere passato da una zona di guerra a un ambiente quasi altrettanto pericoloso.
La guerra e la banlieue
Il film ha l'indubbio merito di rivolgere lo sguardo a eventi poco noti, come quelli della guerra civile cingalese, puntando l'indice allo stesso tempo al colpevole stato di degrado delle banlieue parigine, delle vere e proprie polveriere; la critica e la satira sulla società francese vista dagli immigrati è l'elemento in cui il film si rifà maggiormente a Montesquieu, e anche l'elemento più intelligente del film.
Purtroppo qui il registro narrativo più patetico del cinema di Audiard sembra prevalere e manca la vividezza accattivante con cui aveva dipinto, ad esempio, una brillante galleria di criminali ne Il profeta; Dheepan, che fa tenerezza come lavoratore instancabile e uomo intenzionato a fare il possibile perché la sua famiglia improvvisata possa trasformarsi in famiglia per davvero, è meno convincente negli accessi violenti e ci sono momenti in cui sembra una caricatura. Più misurata e toccante la performance della Srinivasan, ma ciò non basta a fare di un film comunque interessante ad appagare pienamente chi, come chi scrive, ha amato gli ultimi lavori di Audiard e si aspettava qualcosa di altrettanto potente da questo Dheepan.
Movieplayer.it
2.5/5