Irlanda, 1952. La giovane Eilis Lacey vive nel suo paesino natale con la madre e la sorella maggiore, fino al momento in cui quest'ultima le propone di trasferirsi in America, dove vi sono maggiori possibilità di farsi una vita e trovare un lavoro soddisfacente. Eilis si ritrova così a Brooklyn, dove vive insieme ad altre coetanee in un palazzo di proprietà della severa Madge Kehoe.
Col passare del tempo, Eilis è tormentata dalla nostalgia di casa, anche se questa si attenua quando lei fa la conoscenza dell'italoamericano Anthony Fiorello. Ma quando un evento inatteso la costringe a tornare a casa, questo potrebbe mettere in pericolo la loro storia d'amore e la nuova vita di Eilis...
Nick Hornby, dalla pagina allo schermo
Da Febbre a 90° a About a boy - Un ragazzo, passando per Alta Fedeltà, Nick Hornby è stato una fonte abbastanza affidabile per quanto concerne gli adattamenti di romanzi al cinema. Negli ultimi anni si è rivelato anche un bravo sceneggiatore di materiale non suo, lavorando a due trasposizioni di non poco conto: An Education, che gli è valsa una nomination all'Oscar, e Wild. In entrambi i casi si tratta di storie con al centro una figura femminile forte, un trend che continua con Brooklyn, il quinto lungometraggio del regista irlandese John Crowley (Intermission), acclamato al Sundance e a Toronto e presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival, in attesa di un ruolo maggiore nella stagione dei premi.
Un fenomeno per il quale Brooklyn ha tutte le carte in regola: ambientazione d'epoca, apparato tecnico ineccepibile, ottime interpretazioni e un copione di ferro, tutti ingredienti indispensabili per creare un melodramma dal sapore magnificamente classico (con tanto di allusione ad un'altra celebre storia d'amore hollywoodiana dalle connotazioni irlandesi, Un uomo tranquillo di John Ford). Forse troppo "all'antica" per i gusti di alcuni spettatori di oggi, ma decisamente degno di nota sul piano della scrittura - Hornby riesce a modificare nel modo giusto certi passaggi del romanzo di Tóibín che potrebbero risultare poco credibili sullo schermo - e della recitazione.
Saoirse Ronan, grande eroina tragica
Se sul suo nome continuano a farsi errori di pronuncia fuori dall'Irlanda (per la cronaca, si dice "Sersce"), non vi sono dubbi sul talento di Saoirse Ronan, rivelazione del film Espiazione nel 2007 - all'epoca aveva appena 13 anni - e successivamente altrettanto brillante sia come protagonista assoluta (Hanna, Amabili resti) che come comprimaria (Grand Budapest Hotel, Byzantium). Con la sua performance in Brooklyn passa definitivamente all'età adulta a livello cinematografico, e domina con la sua solarità smaccatamente irlandese un cast di tutto rispetto che include Domhnall Gleeson, Jim Broadbent e una mezza irriconoscibile Julie Walters. Ma è da tenere d'occhio soprattutto un altro giovanissimo, Emory Cohen (qualcuno forse lo ricorderà nella sfortunata serie televisiva Smash), che presta il corpo all'italianissimo Tony, esponente principale di una famiglia riconoscibilmente "paesana", ma senza scivolare in stereotipi gratuiti. È anche grazie a lui che l'elemento drammaturgico più importante di Brooklyn - la storia d'amore - colpisce dritto al cuore, insieme alle lacrime, mai eccessive, della Ronan, anima europea di un mélo squisitamente americano, visione ideale per un'uscita romantica.
Movieplayer.it
4.0/5