A pochi giorni dall'uscita anche nelle nostre sale di The Descent - Discesa nelle tenebre, eccellente opera seconda di Neil Marshall, pubblichiamo il resoconto di un'interessante chiacchierata che abbiamo avuto col regista inglese a Venezia, dove il suo secondo horror (dopo l'ottimo esordio di Dog Soldiers, distribuito in Italia dalla Timecode, ha suscitato un eccellente riscontro, nonostante sia stato programmato in chiusura della mostra lagunense.
The Descent si dimostra un eccellente film dell'orrore, dall'ambientazione molto particolare e dal ricercato lavoro sulla psicologia delle protagoniste, in un contesto comunque molto sanguinolento. Cosa può dirci a proposito? Neil Marshall: Ho scelto di girare il film in una grotta perché ho trovato fosse allo stesso tempo un'idea molto originale e permettesse di indagare e di soffermarsi su tutti i sentimenti che si sviluppano in una situazione limite come questa. Inoltre mi piaceva molto l'idea di un cast tutto femminile e trovavo che le attrici si adattassero perfettamente all'ambiente e alla situazione in termini di credibilità. Le valenze simboliche della grotta sono molteplici: in linea generale si può dire che rappresentino simbolicamente gli organi di un essere umano, il suo interno, le sue viscere. Ad ogni modo, ho volutamente mantenuto l'ambiguità, lasciando allo spettatore lo spazio di decifrare liberamente i simboli.
Il suo film funziona così bene sotto il profilo narrativo che avrebbe spaventato anche senza la presenza dei mostri ed i momenti più estremi. Ha mai pensato di puntare solo sul thriller psicologico? Neil Marshall: Sì, effettivamente all'inizio ho pensato di non inserire i mostri e non nego che è stata una cosa che ho preso in considerazione, ma poi ho deciso di sfruttare al massimo tutto ciò che poteva incutere terrore. Adoro spaventare il pubblico. E' un gran potere per un regista ed amo molto percepire la paura, sentire che alcuni trattengono il respiro, sobbalzano o gridano. L'inserimento delle creature aumentava queste possibilità. Però volevo che fossero il più umane possibile, non esseri inverosimili, ma evoluzioni di noi stessi. In sostanza rappresentano una società vera e propria, ci sono uomini, donne e anche un bambino. L'idea è che questa società continui ad evolversi sotto terra, quando, all'improvviso, viene aggredita dagli esseri che provengono dall'esterno invadendone il territorio.
Lei è un regista ancora giovane, ma sembra già molto sicuro di quello che vuole dal suo cinema. Si ispira a qualcuno in particolare quando gira e comunque, quali sono i suoi maestri? Neil Marshall: Se vuole un nome su tutti, sicuramente il John Carpenter dei primi lavori mi ha guidato moltissimo, poi anche George A. Romero. Comunque ho guardato horror per tutta la mia vita e sicuramente ho assimilato i caratteri fondanti del genere. Inoltre, per molte scelte narrative mi sono ispirato all'horror degli anni '70, dove erano permessi maggiormente perfino finali molto pessimisti. Sotto questo aspetto, comunque, non posso che ringraziare le libertà che mi ha dato la produzione.
Come sono state scelte le protagoniste del film? Neil Marshall: Volevo delle attrici in grado di interpretare personaggi femminili molto grintosi, un po' come quelli di Kill Bill, donne molto moderne, in estrema sintesi. Non eroine invincibili, ma donne forti, capaci di lottare. Volevo che fisicamente fossero diverse tra loro, in modo che il pubblico fosse in grado di riconoscerle al buio, ed ovviamente dovevano essere anche ottime attrici, come si sono dimostrate.
Ci può dire qualcosa riguardo alle riprese, alle location e alle difficoltà incontrate? Neil Marshall: La grotta che appare nel film in realtà non esiste. Tutto è stato girato sui set ricostruiti con grande peripezia nei Pinewood Studios e i personaggi non sono mai dovuti tornare sullo stesso set due volte. Le nuove tecnologie ci hanno aiutato moltissimo, permettendoci di girare sequenze assai suggestive con un basso budget senza comunque abusarne assolutamente.