Mary, l'ultima complessa opera di Abel Ferrara è stata presentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Il regista si presenta davanti alla stampa pronto a dar vita ad una discussione profonda ed onesta sui temi toccati dal suo film: fede e religione. Con lui Forest Whitaker e Stefania Rocca.
Mary contiene una battuta ironica sul fatto che il film sulla Passione di Cristo del regista interpretato da Matthew Modine è stato realizzato in virtù del successo commerciale de La passione di Cristo di Mel Gibson. Come la può spiegare? Abel Ferrara: Se avete riso la battuta funziona. In realtà vorrei dire che non abbiamo alcun legame con quel film, anche se sarebbe ipocrita negare che il successo commerciale di Mel Gibson abbia favorito tutte le successive pellicole sullo stesso tema. Più che "Passione di Cristo" Gibson ha realizzato la "Passione del Dollaro", comunque avevamo già in mente il film molto prima del successo del romanzo di Dan Brown, Il codice Da Vinci, che, come "Mary", affronta il tema del ruolo della Maddalena.
Nel film vi sono moltissimi personaggi. Quale è il ruolo più autobiografico, o comunque quello in cui si rispecchia di più? Abel Ferrara: Fare il film è sempre uno sforzo congiunto, ma il regista deve essere sempre in prima linea. Un film è una piramide inversa in cui tutto si basa su una buona idea. Da essa si sviluppa tutto il resto. In Mary io mi rispecchio molto nel giornalista interpretato da Forest Whitaker, uno che parla in modo appassionato di cose altrui. L'argomento della Passione di Cristo, per uno come me cresciuto con un'educazione cattolica, è molto coinvolgente.
Mary non sarà il film più bello della Mostra, ma sicuramente è il più necessario. Al suo interno possiede e gestisce una propria trinità (figura del regista, dell'attrice che interpreta Maria Maddalena e del giornalista) fornendo una visione laica dell'attualità, della piaga del terrorismo, delle minoranze integraliste che influenzano la direzione in cui il mondo sta andando. E' possibile che anche il resto del cinema americano prenda la direzione da lei indicata? Abel Ferrara: Il nuovo modello sociale è "ciascun per sé". L'11 settembre ha rappresentato un segnale d'allarme importantissimo. Dopo non si sono più fatti film di un certo tipo. Occorre fare film di denuncia che favoriscano la riflessione, ma il business è durissimo e spesso è difficile trovare il denaro necessario.
Lei ha visitato la Basilicata per dei sopralluoghi nelle zone dove hanno girato Pisolini e Mel Gibson. Come l'ha trovata? Abel Ferrara: La Basilicata è stupenda. Io volevo vedere soprattutto i posti scelti da Pasolini per la Crocifissione. Però mi chiedo spesso perché questo tipo di film non vengono mai girati a Gerusalemme.
Ha subito dei condizionamenti da parte dei produttori per realizzare Mary? Abel Ferrara: Se non si ha la libertà per fare un film allora non si ha nessun motivo di farlo.
Abel Ferrara: Stefania Rocca: Mi sono trovata benissimo. Abel ama gli attori e li rende partecipi a livello creativo. E' un regista d'istinto e di cuore più che di idee perciò ogni tanto destabilizza, ma lavorando con lui si impara moltissimo.
La visione del mondo in "Mary" appare come un uragano di sangue e violenza incontrollata. Il suo cinema risponde ad uno schiaffo fisico con uno morale. Alla fine non c'è salvezza al di fuori della fede. Il film rappresenta dunque una tomba dell'illuminismo? Abel Ferrara: Non c'è violenza che non sia necessaria o priva di significato. Ci sono idee per cui morire, ma non vale la pena uccidere per esse.
Forest Whitaker, i tuoi personaggi sono sempre tormentati da forti contrasti spirituali. Quanto dei dubbi religiosi di Abel si è trasferito su di te?
Forest Whitaker: Sono spesso attratto da personaggi complessi. Anche in questo caso ho dovuto fare ricerca, studiare molto, rifarmi alla Bibbia, ma soprattutto lavorare su me stesso. E' una cosa che amo perché mi arricchisce a livello personale. Continuerò a fare questa ricerca per crescere a livello umano film dopo film.