Strano mondo quello degli sceneggiatori. Come osservatori della realtà, scrutano le mode che cambiano, le esigenze sociali che si rincorrono, e le correnti del momento, per poi prendere ogni singolo elemento e gettarlo in un calderone, mescolando e amalgamando i propri ingredienti, nella speranza di compiere la magia. Danno vita a nuove esistenze, vite bidimensionali, posti nell'attesa di farsi corpo davanti alla macchina da presa. Eppure, nel codice genetico di queste nuove personalità, molti nucleotidi risultano uguali e identici a quelli di mille altri personaggi portati sullo schermo. Un copia e incolla che se da una parte spinge lo spettatore a cullarsi in una rassicurante zona di comfort, dall'altra riveste l'opera di possibile prevedibilità.
Come sottolineeremo in questa recensione de La madre della sposa, i personaggi che abitano questo microcosmo cinematografico firmato Netflix, vivono di scarti continui presi in prestito da altri mondi, altre esistenze. Giocando su un richiamo diretto al ben più celebre Il padre della sposa, il film diretto da Mark Waters e interpretato da Brooke Shields e Miranda Cosgrove, tenta di sottostare a un interesse generale alla questione femminile (e femminista) virando il rapporto padre-figlia del cult diretto da Charles Shyer (e prima di lui nel 1950 da Vincente Minnelli) verso una dicotomia madre-figlia che non porta a nessun scarto generazionale, o a nessuna zona di conflitto. Tutto naviga sulla superficie di acque calme, movimentate da leggere onde, capace da una parte di enfatizzare quel senso di spensieratezza che riveste ogni sequenza, ma dall'altra di appiattire una sceneggiatura che poteva sfruttare più a fondo situazioni ed eventi, nascondendo dietro i risvolti tragicomici, significati più profondi e socialmente rilevanti. E così, la magia degli sceneggiatori si è compiuta a metà.
La madre della sposa: la trama
Lana è una genetista di successo e ha una figlia, Emma, che vive a Londra con il fidanzato, lavorando come influencer e ambassador di una catena di alberghi di lusso. Un giorno Emma torna negli Stati Uniti per dare alla mamma una notizia incredibile: tra un mese si sposerà con RJ in un magnifico resort in Thailandia. Ed è proprio qui che Lana scoprirà che RJ è in realtà il figlio di Will, il suo grande amore dei tempi dell'università. Cosa accadrà tra Lana e Will? Rovineranno il matrimonio sfogando il livore per la loro grande occasione persa o proveranno a ricominciare da dove erano rimasti trent'anni prima?
Cuore (narrativo) di mamma
Quale sia il fulcro principale di un'opera come La madre della sposa lo si ritrova nel titolo che precede e presenta il film stesso: non più rapporti contrastanti tra genitori e figli; adesso a farsi punto nevralgico, arteria principale dell'intero racconto è la figura di Lana. Faro acceso richiamante a sé le navi esistenziali di personaggi in balia delle proprie correnti personali, la madre del titolo giostra in maniera impacciata il matrimonio della figlia, e un rapporto ritrovato con il suo amore del college. Le incomprensioni, le attività da svolgere nel resort thailandese dove si celebrerà il matrimonio di Emma e RJ, e le disavventure al limite dello slapstick, sono tutte gag divertenti, che strappano un sorriso, sebbene recuperate da un corollario già collaudato nel corso degli anni. Una presa di coscienza che porta a chiedersi se alla fine ridiamo per la commedia stessa, o perché posti a confronto una tipologia di comicità a cui siamo già abituati, e per questo predisposti ad accoglierla a braccia aperte, rispondendo a ogni suo input con fare positivo e caloroso.
La crisi della commedia
Per quanto piacevole e divertente, La madre della sposa è l'ennesima riprova dello stato non salutare in cui verte la commedia a Hollywood. Giocato su una sceneggiatura debole, il film di Waters vive sulla riproposizione di momenti già visti altrove (la caduta in piscina è un must del genere, reiterato ad libitum e copiato da opere di culto come Hollywood party) senza apportare alcunché di inedito, senza nuotare in mare aperto, ma rimanendo al sicuro vicino alla riva. Lo stesso rapporto tra Lana ed Emma poteva puntare maggiormente sulle aspettative disilluse della madre di vedere la propria figlia eccellere nel campo di un prestigioso dottorato, mentre si deve "accontentare" di farsi testimone dei suoi successi nel campo dei social. Un'incapacità di comprensione e accettazione dei più grandi nei confronti di ruoli e professioni come quelli dei "content creator" o degli "influencer" che con La madre della sposa aveva la possibilità di essere trattato a fondo, con un tocco di ironia, ma che invece è stato solo sfiorato, toccato, per essere poi abbandonato lontano, in acque profonde.
Le acque rilassanti della risata
Che La madre della sposa intenda essere un'opera di pura evasione, senza tante aspirazioni, o slanci di presunzione, appare chiaro sin dal primo secondo. Una dichiarazione di intenti resa esplicita da ogni elemento posto in campo, e adesso chiamato a costruire un piccolo momento di puro intrattenimento attraverso il quale lo spettatore possa ritagliarsi un momento tutto suo, lontano da pensieri, o dai continui turbamenti quotidiani. Vuole essere una mano che solletica, una bevanda che rilassa, La madre della sposa. E allora ecco che nulla deve interferire nella spontaneità dell'opera, grazie a una fotografia costantemente luminosa, giocata su colori accesi, e su performance caricate, così che ogni sorriso, o espressione accigliata, venga enfatizzata e immediatamente recepita dal proprio pubblico.
Gli stessi abiti, leggeri e dalle stampe floreali, rimandano a un paradiso terrestre che culla e allieva le menti degli spettatori, esacerbando quel senso di svago posto alla base della pellicola. Brooke Shields non ha paura di confrontarsi con un ruolo molto più caratterizzato psicologicamente di quello previsto dalla sceneggiatura, donando alla sua Lana una tridimensionalità caratteriale altrimenti perdutasi tra lo scorrere delle immagini. Meno impattante Benjamin Bratt, rinchiuso nel ruolo stereotipato dell'uomo affascinante pronto a rivoluzionare la vita delle protagoniste, reiterando azioni e situazioni già viste e interiorizzate in precedenza.
La Thailandia da paradiso terrestre, si fa adesso cartolina cinematografica colma di cliché del genere, e di occasioni perdute. Un lavoro di ripresa e continuo montaggio, dove i campi e controcampi non lasciano il tempo di interiorizzare e comprendere le tempeste emotive che investono i personaggi, che un primo piano è subito sostituito da un altro. E così, per quanto divertente e leggero, La madre della sposa rischia spesso di ridursi a un video di promozione turistica, di quelli realizzati dal personaggio di Emma, piuttosto che commedia da apprezzare, gradire, ricordare.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione de La madre della sposa sottolineando come il film disponibile su Netflix e con protagonista Brooke Shields riesca a strappare un sorriso al proprio pubblico, forte di una continua riproposizione di cliché e gag tipiche del genere. Una fotografia brillante e una tavolozza di colori accesi aiutano lo spettatore a leggere e assimilare ogni elemento e cambio di umore all'interno dell'inquadratura, sebbene tutto viva di una certa superficialità di racconto che lascia al palato un sapore dolce-amaro.
Perché ci piace
- La performance allegra di Brooke Shields.
- L'uso di una fotografia accesa, in linea e coerente con il tipo di opera che va a illuminare.
- Il senso di leggerezza che traspare in ogni sequenza.
Cosa non va
- Una sceneggiatura debole e incapace di sfruttare certe tematiche e argomenti.
- Un senso di costante prevedibilità di racconto.
- L'uso delle musiche e di un montaggio che fa del film un video di promozione turistica.