"Sparuti e incostanti sprazzi di bellezza" li chiamava Jep Gambardella, "sedimentati sotto il chiacchiericcio e il rumore". Lui, scrittore stanco e disilluso, se ne sta a guardare e li cerca, quegli sprazzi, mentre tutto intorno quella mondanità di cui voleva essere il Re si muove e lo omaggia, senza che lui abbia più voglia di essere omaggiato. Archetipi e stereotipi, che si mescolano ai bassi della musica da discoteca così alta da nascondere parole, emozioni, verità. E intorno a lui Roma, che osserva tutto come una vecchia matrigna stanca e disillusa.
La grande bellezza era tutto quello che Jep cercava eppure, nonostante lui non abbia trovato altro che il niente, Paolo Sorrentino l'ha regalata allo spettatore in un film che ha ben presto risalito l'Olimpo del mondo fino a conquistare la statuetta dorata dell'Oscar al Miglior Film Straniero. Era il 2014, l'anno della rivincita italiana e della rivincita del Cinema, quello con la maiuscola, che si esprimeva grazie a Sorrentino e ad un immenso Toni Servillo in un'estetica definitiva, estrema ed incantevole. A quasi tre anni dall'arrivo de La grande bellezza nelle sale, Paolo Sorrentino decide di rimaneggiare la sua pellicola più riuscita aggiungendo più di trenta minuti di scene inedite che la trasformano in una vera e propria opera summa in grado di enfatizzare i già caratteristici tratti della versione originale. Una versione lunga 173 minuti quella nuova, che arriverà al cinema solo per tre giorni per la gioia di chi ha amato il disilluso e bellissimo racconto di Sorrentino, ora in sala ancora una volta e spinto dal regista fino all'estremo della sua potenza.
Dalla vita alla morte
"Viaggiare è molto utile, fa lavorare l'immaginazione, il resto è solo delusioni e pene. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario: ecco la sua forza, va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose: è tutto inventato" diceva Louis-Ferdinand Céline: così si apre di nuovo il film, con una semplice citazione e un colpo di cannone che danno il via ad un montaggio più riflessivo soprattutto nella prima parte della pellicola. I nuovi tagli conferiscono alla bidimensionalità iniziale del film, rappresentata dal coro del Gianicolo e dalla festa sul tetto per il compleanno di Jep, maggiore profondità e più attenzione al dettaglio, senza paura di annoiare lo spettatore.
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La prima parte non è più schiava del ritmo e lascia che chi guarda si possa perdere nella purezza delle voci e nella vacuità della notte romana, rappresentando una vera e propria dichiarazione d'intenti che prosegue anche nel resto del film. Le nuove parti donano nuova voce ai personaggi, permettendo di brillare soprattutto alle interpretazioni di Giulio Brogi e Fiammetta Baralla, il cui lavoro era stato sacrificato nella versione originale e che ora torna ad impreziosire il film completo.
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In fondo è solo un trucco
Già la versione originale di La grande bellezza era spesso accusata di essere frammentaria e discontinua, disorganica in alcuni punti e per questo di difficile fruizione per il grande pubblico: l'opera di Paolo Sorrentino puntava sull'estetica più che sulla narrativa, che non sembrava altro se non un semplice punto di vista di sottofondo ad una sciarada di personaggi e situazioni. I trenta minuti in più, sparsi in tutto il film, aggiungono a volte intere scene e a volte solo piccoli passaggi, inquadrature, significati: grazie a loro Paolo Sorrentino rimaneggia con più sicurezza il materiale originale, e forte del suo successo lascia andare ogni paura volando ad un'altezza di nuovo irraggiungibile.
La narrativa è ancora più inafferrabile, Jep è sempre più sullo sfondo di una Roma e di una collettività di caratteri che si impongono prepotentemente, rendendo La grande bellezza - Versione integrale niente più che una serie di quadri allegorici, frammentari, sfacciati e opulenti, ma mai così meravigliosi. Probabilmente la nuova versione si troverà a dividere ancora di più il pubblico: chi lo ha odiato lo odierà ancora (ma in fondo, perché dovrebbe rivederlo?) chi lo ha amato troverà invece un nuovo livello di emozione, una sfida che Paolo Sorrentino regala ai suoi appassionati lasciando da parte ogni timore. La versione estesa de La grande bellezza è senza filtri, senza paure, senza i dettami legati alla durata, ai tempi del montaggio o alla fruibilità: è semplicemente lei, bella e grande, ancora più pregna di significato e allegorica di prima**, una vera e propria sinfonia in immagini. Vera e soprattutto libera, armonizzata sulle corde del cuore del suo creatore e di chi ne ha saputo cogliere l'animo più nascosto, a cui si rivela ancora una volta più nuda di prima.
Movieplayer.it
4.5/5