Recensione Fallo! (2003)

Sei siparietti sul controllato erotismo di protesta...

La destrutturazione del tipico fallo italiano

Sei episodi per rappresentare sei situazioni diverse, eppure in qualche modo legate fra loro. Si parla dell'immaginario erotico femminile, con sei stili diversi, ma con dei punti fermi, delle costanti che rappresentano il "modus operandi" di Brass.
Tutto sommato abbiamo situazioni abbastanza classiche, rilette però in chiave non tanto comica, quanto "gioiosa", termine caro al regista. Già dal titolo si nota una forte vena dissacratoria, con in qualche modo quella parola "fallo!" dalla doppia anima che indica, da un lato l'aspetto puramente fisico, materiale, e dall'altro un atteggiamento comportamentale e sociale che nel contesto dell'odierno pensare può sembrare spregiudicato, triviale, goliardico. La forma fallica nell'opera non viene esaltata, ma piuttosto rappresentata come oggetto di piacere al servizio di fantasie dei tipi più svariati e comunque sempre inserite in un contesto di quotidianità che fa riflettere su quanto l'erotismo sia denigrato nella società di tutti i giorni.
Il tratto giocoso è avvertibile finanche nella costruzione del film, che a dispetto di quanto si possa pensare (ed è quello che erroneamente pensa la maggioranza), unisce alla componente erotica, una buona cura nella realizzazione.
E' riduttivo liquidare questa ultima fatica del regista veneziano come un filmetto porno, perché saremmo decisamente fuori strada. Brass non si nasconde dietro messaggi alti, o di particolare spessore intellettuale, non si masturba mentalmente e non si fa profeta di una determinata classe sociale, ma semplicemente punta a mostrare qualcosa, sulla cui immediatezza non c'è molto da discutere. I personaggi del suo film sono tratteggiati in maniera abbastanza approssimativa, eppure nelle loro azioni cogliamo un collocamento sociale quanto più diversificato possibile, e in questo Brass ci vuole dire che il sesso è qualcosa che ognuno vive in maniera diversa ma che, come istanza naturale dell'essere umano attraversa l'esistenza di tutti, portando spesso con sè un fardello di ossessioni personalissime, nascoste e irraccontabili. E' quindi una critica, una presa in giro all'ostentazione del perbenismo e a quella imperante cultura del nascosto, del tabù che spesso ci viene messa di fronte quando si affrontano determinati argomenti.
Dal punto di vista meramente tecnico-artistico, sicuramente da notare, come detto in precedenza, una fotografia molto curata, in linea con le intenzioni del regista; per quanto riguarda la trama e il suo svolgimento, non c'era da aspettarsi grande profondità di sceneggiatura, e infatti i sei episodi sono tutto sommati banalotti e scontati.
Anche sul fronte recitazione non c'è da essere felici, siamo a livelli estremamente bassi, anche per quanto concerne le doti recitative relativamente modeste richieste dallo script in questione.
In sostanza, un film che non è niente di più di quello che mostra, forse qualcosa in meno, ma ancora una volta lode a Brass che rappresenta un uomo di "cinema" coraggioso, che va controcorrente ma non troppo, che sopporta le critiche e gli insulti che gli vengono indirizzati, ma insiste nella sua originale idea di cinema erotico e pungente, ma con garbo.