L'ospite inattesa
Barbara e Nicolas si incontrano nella videoteca dove lui lavora, si frequentano, si innamorano e sull'onda di un folle desiderio decidono di avere un bambino. Quando Barbara scopre di essere incinta non ha subito chiaro cosa le succederà entro qualche mese. Il corpo cambia alla velocità della luce e con esso cambia il modo che gli altri hanno di guardarlo. Finire la tesi universitaria su Wittgenstein diventa sempre più complicato, così come tenere a bada la madre pasticciona, la sorella impicciona e gli amici scapestrati. Dal compagno poi non arriva un grosso aiuto, perso com'è tra i videogiochi e i film. La nascita della bambina sconvolge ulteriormente tutti gli equilibri; dilaniata dall'insoddisfazione Barbara si lascia andare, smette quasi di essere una donna per diventare solo la madre di Lea, l'unico essere umano in grado di soddisfarla completamente. Il rapporto con Nicolas arriva al punto di non ritorno, soverchiato da recriminazioni e astio covato per molto tempo. Anche la tesi viene accantonata per far posto ad un romanzo che la giovane donna scrive di getto in una sola notte; un manoscritto che racconta le mille difficoltà dell'essere madre, di quanto ci si trovi impreparati ad un compito del genere. Da quelle pagine arriva la forza per ripartire almeno da un punto certo. L'amore per Nicolas e per la loro figlia.
All'origine di Travolti dalla cicogna, diretto da Rémi Bezançon, c'è il libro di Eliette Abecassis, Lieto evento; un romanzo in parte biografico che all'epoca della sua uscita nel 2006 scatenò numerose polemiche in patria per il modo diretto di raccontare la maternità, smontandone i luoghi comuni e sottolineandone invece gli aspetti più duri, ad esempio la mutazione del rapporto con il proprio corpo, della relazione con il compagno e naturalmente con quel piccolo essere umano che la Abecassis non esita a definire 'creatura dispotica e manipolatrice'. Adattato per il grande schermo dallo stesso regista e dalla compagna Vanessa Portal, il film affronta con realismo e brio, stemperando i toni più acri del libro e cambiandone il finale e alcuni snodi della trama, un argomento che per la sua peculiarità e soprattutto per l'imprevedibilità che da esso scaturisce, si presta a letture divertenti (Nine months - Imprevisti d'amore, Molto incinta e il prossimo Che cosa aspettarsi quando si aspetta). E' bene chiarire che in questo caso non ci troviamo davanti alla classica commedia scacciapensieri, ma ad un prodotto che permette anche qualche riflessione in più. Due cose colpiscono del lavoro di Rémi Bezançon: la prima, affatto scontata, è il profondo senso di verità che emerge dalle vicende di Barbara e Nicolas, dal loro innamoramento - testimoniato in maniera adorabile da una sequenza ben riuscita, un corteggiamento a suon di titoli di DVD - alla crisi che attraversano, singolarmente e come coppia. E qui arriva il secondo elemento positivo, ossia la fluidità nel raccontare l'evoluzione dei loro sentimenti. Ognuno ha il giusto tempo per maturare le proprie scelte e come spettatori si ha la possibilità di compiere con loro un tragitto lunghissimo e denso, dall'esito non proprio certo, al di là delle identificazioni di sorta. Grazie alle belle interpretazioni di Louise Bourgoin, vista recentemente in L'amore dura tre anni e Pio Marmaï, l'opera diventa il resoconto di una crisi devastante, in cui confluiscono lo sbalestramento legato alla nascita della piccola, il loro ripensarsi come nuovo nucleo familiare, l'ostilità di certi ambienti lavorativi che fanno subito terra bruciata attorno ad una neo mamma. Il regista si permette anche il lusso di girare con stili diversi fra di loro, modulandosi a seconda del momento raccontato. Idealmente diviso in due tronconi, con il parto di Barbara a fare da spartiacque, il film traduce in colori sgargianti e sequenze oniriche di un certo effetto l'attesa di Barbara, il suo fantasticare sul futuro, per poi diventare più realistico, grazie alle riprese fatte con la macchina a mano. Sarebbe bastato questo per parlare di un'opera riuscita, eppure quando si sceglie di affrontare un tema del genere, accettandone i rischi, è difficile esimersi dal notare certe sporcature. Ciò che appare vivo e palpitante nell'umanissimo disagio di Barbara e che tanto bene Bezançon è riuscito a drammatizzare, diventa un'auto analisi indulgente quando le riflessioni e i rimuginamenti della protagonista, amplificati dalla voce off, prendono il sopravvento sullo svolgersi dei fatti. 'Sono diventata un nulla, un vuoto, un abisso. Sono diventata madre', scrive la protagonista nelle pagine del suo libro; pensieri, legati ad un malessere profondo, che se non contestualizzati nella giusta maniera, e nella fattispecie non lo sono, diventano verità incontestabili e pericolose. Se aggiungiamo anche il corollario di padri e madri anaffettivi (ma ci si riavvicina nel momento del bisogno), amici ottusi e possibili nuovi amori, la pellicola acquista una riconoscibilità stantia. Non ci si può fare a meno di chiedere come mai quando si parla di maternità, diano fastidio in egual misura le teorie di coloro che parlano di periodo d'oro, di istinto materno innato in ogni donna e quelle di chi, in replica a questo assunto, propone al contrario la totale impossibilità/incapacità ad essere madri, trovando 'naturale' negare la nascita del proprio figlio, pur di ritrovare la pace perduta dopo un evento epocale. La risposta è che in tutti e due i casi si rischia di banalizzare una questione importante, mettendone tra parentesi gli aspetti patologici o rifugiandosi in dichiarazioni di comodo. E' un discorso culturale molto complesso che non può certo essere sviscerato a partire dalla visione di un film come questo, che se non altro ha il merito di essere un prodotto ben confezionato e ben interpretato. Non è certo una riflessione originale su un momento tanto importante per la vita di un essere umano, ma sa essere il genuino resoconto della svolta esistenziale generata dall'arrivo di una bellissima bambina. Una piccola persona che sfida gli adulti.Movieplayer.it
3.0/5