Recensione Evolution (2001)

Una sequela imbarazzante di comicità mediocre, con David Duchovny e Julianne Moore.

L'involuzione di Ivan Reitman

Negli anni '80 Ivan Reitman aveva inanellato una serie di buone commedie riscuotendo, soprattutto col film Ghostbusters - Acchiappafantasmi, vette di ironia e comicità intelligente molto promettenti. Purtroppo arrivarono gli anni '90 e film scarsi come Un poliziotto alle elementari, alcuni discreti come Dave e Junior, altri pessimi come Sei giorni, sette notti. Col nuovo secolo il regista di origine ceca ci presenta un altro film, una commedia-parodia di quella fantascienza anni '50 popolata di mostri e scienziati coraggiosi. Sulla carta il progetto sembrava succulento, ma il film è purtroppo diviso tra la noia, l'irritante stupidità e lo spreco di mezzi.

La trama è semplice, ma non è certo indicativo della pochezza dei risultati: un meteorite cade nel deserto californiano, liberando un nugolo di organismi cellulari che in tempo brevissimo si evolvono in alieni grossi e incazzati. A cercare di fermare la catastrofe, che il generale Woodman (Ted Levine) vuole risolvere con l'uso di una gran quantità di napalm, saranno gli scienziati interpretati da un imbolsito David Duchovny (che in una scena cerca inutilmente di fare autoironia sul suo ben più interessante agente Mulder di X-Files), un Orlando Jones che si dibatte in tutti i modi per strappare una risata, un giovane nullafacente semi-nerd interpretato da Seann William Scott, e soprattutto Julianne Moore, la cui stessa presenza ci fa chiedere come diavolo abbia potuto un'attrice della sua grandezza e bravura fare questo film.

Quello che non funziona di questo Evolution è che non diverte e non strappa che un solo sorriso stentato, nella sequenza, peraltro dalla messa in scena abusata, dell'intervento "intrusivo" al malcapitato Orlando Jones. Il fatto che la pellicola non faccia ridere, sorridere e nemmeno stirare le labbra in un ghigno involontario, è una cosa piuttosto grave in una commedia, soprattutto se farsesca e, almeno intenzionalmente, goliardica. Probabilmente consapevole di questi difetti di sceneggiatura (gag flosce, battute cretine, situazioni statiche) Reitman abbonda con gli ottimi effetti speciali di Phil Tippett, realizzatore delle creature di Starship Troopers e Jurassic Park, dimenticandosi però quasi completamente della regia, priva di guizzi, di ritmo, incapace di legare sottotrame aperte che non vengono chiuse. La sola cosa che si salva è probabilmente il cameo di Dan Aykroyd, attore che ha i tempi giusti ma che viene penalizzato da un linguaggio stupido e un lessico inadeguato al personaggio e alla situazione. Il risultato è una sequela imbarazzante di comicità mediocre, un lancio alle ortiche di un soggetto che avrebbe potuto essere sfruttato molto meglio.