L'insostenibile leggerezza dell'essere italiani
Dopo il successo di Mio fratello è figlio unico, Daniele Luchetti torna sul grande schermo per raccontare senza sconti nè edulcorazioni un'altra storia familiare, questa volta ambientata ai giorni nostri, quella di un giovane operaio romano che tra mille difficoltà mantiene moglie incinta e due figli piccoli con lo stipendio che tutti i giorni va a guadagnarsi nei cantieri della periferia. Quando per una complicazione post-parto Claudio (Elio Germano) perde la moglie Elena (Isabella Ragonese), il mondo gli crolla letteralmente addosso. Aiutato economicamente ma soprattutto umanamente dai suoi fratelli e dal vicino di casa (Luca Zingaretti), Claudio dovrà farsi forza, rimboccarsi le maniche e provare a crescere da solo tre figli piccoli. Nessuno sfogo, nessuna pausa, Claudio veicolerà tutte le sue energie sul lavoro e sceglierà la strada dell'illegalità e del denaro facile a tutti i costi per tentare di risarcire in qualche modo la sua famiglia dall'ingiustizia di una perdita così dolorosa. Ad un certo punto però gli accadimenti lo metteranno di fronte alla dura realtà e sarà in quel momento che il ragazzo capirà quanto è importante avere alle spalle una solida famiglia pronta a offrire sostegno e consiglio nei momenti più bui della vita...
Protagonista di questa struggente spaccato di vita un Elio Germano nel pieno del suo furore attoriale, protagonista vivido e verace, mattatore assoluto di ogni singola scena, in uno spolvero degno della Palma d'Oro. Già, perchè il film di Luchetti è l'unico film del concorso che rappresenta l'Italia al 63° Festival di Cannes, edizione di cui il nostro paese si è reso protagonista più per alcune ridicole polemiche politiche che per le validissime opere cinematografiche presentate nelle varie sezioni.
La nostra vita è un film da vedere, da piangere, da arrabbiarsi. E' il racconto di un pezzo di vita difficile capace di generare lacrime e tanto riso amaro sull'insensatezza dell'Italia del nostro scontento. Un film d'autore che scava a fondo nel disagio globalizzato e decentralizzato, una riflessione sul passato, sul presente e sul futuro, un film dedicato a chi non si arrende, a chi non riesce e non vuole rassegnarsi ad un cinema nostrano fatto solo di cinepanettoni e commedie adolescenziali per mocciosi.
L'ambientazione quasi incolore nelle periferie 'commerciali' della Capitale (tra cui la Bufalotta e Ponte di Nona) contribuisce ad amplificare il senso di smarrimento di un uomo che stenta a ritrovare il bandolo della matassa della sua vita, una vita che gli sfugge di mano ogni giorno che passa.
Rabbia, dolore, impotenza, povertà, disonestà, orgoglio, ma anche vita familiare, amore, solidarietà, amicizia e lealtà. Rughe d'espressione e lacrime amare che raccontano la nostra vita in un paese irriconoscibile, in cui nulla sembra avere più valore, nè la cultura, nè l'istruzione, nè i sentimenti e men che mai il senso civico e l'onestà. Un film, quello di Luchetti che è duro come un pugno nello stomaco, che arriva come un grido di dolore all'orecchio dello spettatore. Un'opera che ci restituisce l'immagine riflessa e senza mistificazioni di una società malata attenta al soldo, al bene di lusso e alla vacanza al mare e a poco altro. Emerge in questo contesto un'Italia fatta di tante contraddizioni, in cui accade tutto e il contrario di tutto, un Paese che sembra essersi dimenticato che esistono diritti inviolabili, che ha riposto i suoi sogni in un buco nero, che ha scordato il significato della parola legalità e che ignora i 'suoi' giovani insieme alla speranza di un sano futuro di ricostruzione.
La nostra vita racconta sì di un dramma familiare e umano in particolare, ma è una riflessione sulla crisi economica, sulla nostra classe politica, su una generazione che non ha i mezzi nè le basi per costruire l'Italia che verrà, una generazione allo sbando che sbaglia per induzione, quasi per inerzia, e che non riesce a liberarsi di scorciatoie, modi di pensare e di agire ormai incarniti nel proprio tessuto sociale e culturale.
Luchetti parla della nostra vita, nella nostra Italia, dei nostri guai e dei nostri orgogli, e lo fa alternando tenerezza a sfrontato cinismo, realismo ad una tagliente ironia che non fa affatto sorridere, come nella miglior tradizione del nostro grande cinema.
Il regista romano ci regala ancora una volta un cinema che parla di vita vissuta, una storia furibonda e vitale, un'opera prorompente che trasuda disappunto ma non trasmette mai e poi mai rassegnazione, offrendo un barlume di speranza proprio quando tutto sembra perduto.
Movieplayer.it
4.0/5