Squadra che vince non si cambia: Valeria Golino, fin da Miele, suo esordio come regista uscito nel 2013, ha voluto sul suo set Jasmine Trinca. Da allora non si sono più lasciate artisticamente: l'attrice è infatti anche in Euforia (2018) e ora nella miniserie L'arte della gioia, tratta dall'omonimo libro di Goliarda Sapienza. Presentata in anteprima al Festival di Cannes 2024, la serie, prima di arrivare su Sky, esce in sala: la Parte 1 il 30 maggio e la Parte 2 il 13 giugno.
A Trinca ha riservato il ruolo di Lenora, Madre Superiora del convento in cui viene accolta Modesta, bambina nata nel 1900 in Sicilia, che assiste alla morte di madre e sorella. Diventata adulta, tra le due si instaura un rapporto sempre più forte: al punto che la ragazza sviluppa un'attrazione fisica per la suora.
Carnale e spiazzante, L'arte della gioia deve molto alle sue protagoniste: accanto a Trinca c'è la rivelazione Tecla Insolia, sorprendente nel ruolo di Modesta. Abbiamo incontrato regista e attrice proprio al festival francese e Trinca era entusiasta di poter essere di nuovo diretta da Golino, come conferma nella nostra intervista: "Il suo sguardo è unico, speciale. La cosa che mi affascina è che non ha mai paura di usare il cinema per il suo desiderio. Per la sua ricerca di bellezza. E, in questo caso, di gioia".
L'arte della gioia: intervista a Valeria Golino e Jasmine Trinca
Lenora dice a Modesta che la sua sete di conoscenza la spaventa. Anche oggi una donna che vuole conoscere spaventa? Trinca e Golino hanno due visioni diverse. Per l'attrice: "Fanno paura dei tentativi, molto tardivi, di appropriazione di uno spazio. Che, da alcuni, viene visto ancora come una minaccia alla loro posizione, allo status quo. Quindi, in questo senso, secondo me bisogna continuare a disturbare".
Per la regista invece: "Non lo penso affatto. Penso che oggi ormai sia scontato che le donne possono essere dotte come gli uomini. Almeno qualche cosa è successa in questi cento anni. Almeno quello: sulla conoscenza, sulla cultura non penso che dobbiamo ancora combattere. Per me è un dato di fatto".
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L'arte della gioia e le "diavole" di Valeria Golino
Nel corso dei sei episodi scopriamo presto che Modesta non è fatta per la vita in convento, come le dice anche Lenora. Anzi: la ragazza viene chiamata più volta dalle suore "diavola". Ma essere un po' diavole aiuta? Per Trinca: "È fondamentale. È fondamentale, come dice Modesta, conservare quella parte di gioia. Il desiderio, in varie forme. Ed essere anche poco perbene: perché essendo poco perbene, a volte, si riesce ad aprire un varco".
Per Golino invece: "Questa diavola! Modesta è una diavola. Lo è. È una satanassa. Lei lo è a dei livelli molto estremi però: è un'assassina. È un'assassina, che ci piaccia o no. E comqune sì: essere diavoli può aiutare ad andare avanti nella vita".
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L'arte della gioia: chi è Lenora davvero?
Come tutti i protagonisti de L'Arte della Gioia, Madre Lenora è un personaggio pieno di contraddizioni. All'inizio si presenta come una santa, invece poi si rivela molto dura, anche classista. Come si può cambiare il mondo se anche chi fa voto di aiutare gli altri alla fine non può prescindere dalle proprie origini altolocate?
Per Trinca che la interpreta: "In Lenora interviene una questione molto personale. È sempre così: quando hai paura di qualcosa e ce l'hai a morte contro quella cosa è perché evidentemente ti vibra dentro, altrimenti avresti un atteggiamento molto più laico, è il caso di dirlo. Madre Lenora, che ha una provenienza da una famiglia nobile, evidentemente in quella difficoltà di annessione sta parlando anche a se stessa. È una donna che è stata mandata in convento proprio perché peccatrice, perché tacciata di essere amorale dalla propria famiglia. E questo racconta anche molto di come il femminile venisse visto, vissuto e valutato. E forse continua a essere valutato".