L'amore sana il fiasco
Un uomo reduce da un fallimento lavorativo di proporzioni enormi deve rimandare le sue velleità suicide a causa dell'improvvisa morte del padre. Delegato dalla sua famiglia ad occuparsi di tutti i particolari tecnici, sarà costretto a viaggiare fino a Elizabethtown, nel Kentucky, dove avrà modo di conforntarsi con una realtà lontanissima da quella a cui è abituato. Nel viaggio verso la cittadina americana incontrerà una hostess logorroica ed ottimista di cui si innamorerà.
Elizabethtown è una commedia dai toni gradevoli e dal tocco tipicamente croweiano ma dal risultato complessivo piuttosto deludente. Centrata su un plot che in qualche modo ricorda il recente La mia vita a Garden State, vuole raccontare di amore, provincia, famiglia e dell'ossessione americana per il successo, senza mai riuscire a colpire a fondo lo spettatore, anche in virtù delle prove poco convincenti dei protagonisti (Orlando Bloom è piuttosto anonimo, Kirsten Dunst non convince e Susan Sarandon finisce per ingombrare troppo con la sua carismatica presenza)e dell'eccessiva presenza delle musiche, che per quanto piacevoli invadono lo spazio filmico con voracità parossistica.
Dopo un buon inizio, abbastanza divertente ed equilibrato, Cameron Crowe sembra come si faccia prendere troppo dall'entusiasmo e perde il controllo narrativo abissando la pellicola con interminabili lungaggini, banalità evitabili (i soliti rituali della provincia americana) e virando progressivamente sui toni melensi ed artificiosi. Nel magma non mancano alcune felici intuizioni (il viaggio finale in particolare) ma il tono generale tende al macchiettismo romantico e alla dilatazione narrativa. Su quest'ultimo punto è necessario ricordare che il montaggio del film presentato qui al Lido non è il definitivo. La probabile eliminazione di almeno venticinque minuti di film, come da dichiarazione del regista, potrebbe garantire un maggiore equilibrio alla pellicola.