Recensione Un bacio appassionato (2004)

Profondo e scaltro conoscitore dei più redditizi segreti della narrazione cinematografica, Loach invade lo spazio intimo dei suoi due ottimi protagonisti, gli incolla la macchina da presa per darci in pasto alcuni dei momenti più belli del suo cinema.

L'amore per Loach

Casim è un pakistano di seconda generazione che vive a Glasgow, lavora come DJ in un club e, sebbene apparentemente integrato nel mondo anglosassone, rispetta le sue tradizioni musulmane all'interno delle mura domestiche. Sarà l'amore per Roisim, un'insegnate di musica irlandese, a generare in lui una crisi irreversibile e a mettere in discussione i suoi percorsi esistenziali; su tutti il matrimonio che la famiglia gli ha programmato con la cugina. Su questo sfondo vengono presentate anche le storie delle altre due sorelle di Casim: Tahara e Rukhsana. I dieci anni che separano le due sorelle marcano tra loro una differenza culturale e di aspettative devastanti: vulcanica e decisa del suo futuro Tahara, quanto integrata nei valori del matrimonio e della famiglia la sua sorella maggiore, promessa ad un brillante pakistano di successo.

Presentato in maniera un po' spiazzante come la prima commedia romantica di Ken Loach e penalizzato da un doppiaggio che mortifica la molteplicità linguistica della storia, Un bacio appassionato è in realtà del tutto aderente all'idea rigorosa di cinema che è propria del regista inglese ed è soprattutto un ottimo film per equilibrio, sobrietà e realismo della messa in scena. Se al centro della sua storia c'è un amore e tutte le difficoltà che ne conseguono in termini di definizione della propria cultura, non cambiano le linee fondamentali dell'approccio di Loach alla materia narrata, la sostanza politica della sua riflessione. L'innamoramento dei due protagonisti ha così la funzione di svelamento dei meccanismi più spersonalizzanti del vivere contemporaneo; ed è sempre la dimostrazione della natura classista della società contemporanea ciò che anima le riflessioni del regista inglese, in questa occasione centrate prevalentemente sulla dialettica comprensione-denuncia, specie per ciò che concerne l'analisi della religione e del suo ruolo.

Detto questo, è necessario rimarcare che, come in tutti i film di Loach (specie i migliori), è la regia a funzionare alla perfezione. Quel senso di realtà (troppo spesso erroneamente analizzato esclusivamente come conseguenza stilistica della sua militanza politica) che trasuda da ogni inquadratura del suo cinema e che si traduce in massima partecipazione dello spettatore, è il frutto della sua abilità pura come narratore per immagine, oltre la sostanza contenutistica. A conferma inequivocabile di quanto sostenuto, le straordinarie riprese amorose del film. I momenti più intimi sono infatti le parentesi più convincenti per coinvolgimento, in quanto ricche di un erotismo schietto e instintuale. Lontano da ogni tentazione patinata e manierista, ma allo stesso tempo profondo e scaltro conoscitore dei più redditizi segreti della narrazione cinematografica, Loach invade lo spazio intimo dei suoi due ottimi protagonisti, gli incolla la macchina da presa per darci in pasto alcuni dei momenti più belli del suo cinema; e noi siamo qui per godere di questi momenti.