"Sono un'attivista che fa comizi con la chitarra". Si definiva così Rosa Balestrieri, leggenda della canzone popolare siciliana ribattezzata "la cantautrice del sud". Una voce unica capace di raccontare gli emarginati come lei con una poetica e un ritmo che arrivano diretti dalle sofferenze dei lavoratori che ha conosciuto bambina nei campi al fianco del padre. Dopo Rosa. Il canto delle sirene, documentario diretto da Isabella Ragonese, ora arriva un film di finzione, L'amore che ho, ha raccontare le vita e la musica di un'icona della musica del Novecento.
L'amore che ho: un ritratto lungo una vita
Presentato nella sezione Zibaldone del Torino Film Festival, L'amore che ho è il secondo lungometraggio di Paolo Licata dopo l'esordio, nel 2021, con Picciridda - Con i piedi nella sabbia, tratto dall'omonimo romanzo di Catena Fiorello. Un ritratto lungo una vita che attraversa fasi diverse dell'esistenza di Balestrieri - adattate dal libro L'amuri ca v'haiu di Luca Torregrossa - alternate continuamente dal montaggio di Pietro Vaglica. Si parte dalla Palermo del 1990 che sembra aver dimenticato la cantautrice. Le sale e le piazze piene di pubblico sono un ricordo lontano e Rosa si esibisce davanti una manciata di spettatori. Il successo di un tempo è un ricordo sbiadito.
Poi il film ci trasporta all'infanzia e adolescenza di Rosa. La povertà, la fame, la violenza, il matrimonio forzato. E la musica. La grande passione di Balestrieri che la darà tanto togliendole altrettanto. A iniziare dal rapporto con la figlia Angela che non ha mai perdonato alla madre di aver scelto la carriera e con la quale tenterà di ricostruire un rapporto da anziana. Licata sceglie tre interpreti per incarnare altrettante fasi della vita della cantautrice: Anita Pomario, Donatella Finocchiaro e Lucia Sardo. Volti ed età diverse, ma la stessa intensità, la stessa dignità, lo stesso spirito ribelle.
In un intreccio costante tra privato e pubblico, tra famiglia e musica, L'amore che ho prova a restituire tutta la complessità di un'esistenza vissuta in un periodo storico - dagli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta - di forti cambiamenti storici, sociali e culturali per l'Italia. Quello che stupisce è come la violenza domestica e le sue dinamiche siano rimaste così tristemente simili. Padri e mariti padroni, abusi, possesso. In questo il film è un triste promemoria di quanto poco siamo stati capaci di evolverci in meglio in questi anni.
Un simbolo di lotta e resistenza
La regia di Paolo Licata, sebbene curata, dona spesso al film un'atmosfera più televisiva che cinematografica e tende a calcare un po' troppo la mano nella messa in scena e nella direzione degli attori. La vita di Rosa Balestrieri è stata tragica già di per sé senza il bisogno di indugiare in un'enfatizzazione che risulta ridondante. Ricchissimo di canzoni - con tanto di musiche curate da Carmen Consoli che ha un piccolo ruolo nel film - L'amore che ho ricostruire i tasselli dell'esistenza travagliata di una donna che ha conosciuto miseria e popolarità e che ha cantato le storie degli ultimi. Una donna che la vita ha provato a spezzare in molti modi ma la cui voce è diventata un simbolo di lotta e resistenza.
Conclusioni
Dopo Picciridda – Con i piedi nella sabbia, Paolo Licata torna alla regia con un film dedicato alla vita e alla carriera di Rosa Balestrieri, icona della musica popolare siciliana del Novecento. L'amore che ho si muove costantemente tra fasi diverse in cui il regista ha chiamato all'appello Anita Pomario, Donatella Finocchiaro e Lucia Sardo per interpretare la cantautrice. Un ritratto dalle atmosfere più televisive che cinematografiche il cui la regia di Licata tende a calcare un po' troppo la mano nella messa in scena e nella direzione degli attori.
Perché ci piace
- Le interpretazioni di Anita Pomario, Donatella Finocchiaro e Lucia Sardo
- Il montaggio che si muove tra fasi diverse della vita di Rosa Balestrieri
- L'aver inserito molta musica
- Il racconto dell'Italia a fare da sfondo al racconto
Cosa non va
- La regia di Paolo Licata tende a calcare un po' troppo la mano nella messa in scena e nella direzione degli attori
- Un'atmosfera più televisiva che cinematografica