Un'aliena approdata sul nostro pianeta. Scarlett Johansson si spoglia (letteralmente) delle sue vesti umane e della chioma platino per interpretare un'extraterrestre silenziosa e letale nella strana pellicola di Jonathan Glazer Under the Skin. Il film, che fa parte della selezione ufficiale e verrà presentato al pubblico tra poche ore, è ambientato in una Scozia fredda e piovigginosa in cui una misteriosa figura femminile adesca uomini soli per farli sprofondare in un buio perenne. Le curve di Scarlett si trasformano in un'arma pericolosissima nelle mani di Jonathan Glazer. Sono proprio il regista e l'attrice, appena giunti a Venezia, luogo caro a Scarlett che, nel 2004, ha anche fatto parte della giuria del concorso, a svelarci la genesi di un progetto così fuori dai canoni.
Under the Skin è un film basato su un concetto contenuto in un romanzo. Come avete lavorato all'adattamento?
Jonathan Glazer: Quando ho letto il romanzo mi è piaciuta molto l'idea di guardare il mondo attraverso gli occhi di un'aliena. Il mio è un film politico, ma anche sensoriale perciò ho cercato di lavorare sul look del film per raccontare il viaggio emotivo di un personaggio.
Scarlett, quale è il tuo punto di vista sul tuo personaggio?
Scarlett Johansson: Io e Jonathan abbiamo lavorato assieme arrivando a una sintesi del nostro pensiero. La mia esperienza, però, è stata molto isolata. Ho scoperto la natura del mio personaggio un po' alla volta, mentre il lavoro del regista è più organico e Jonathan aveva un'idea chiara dell'insieme fin dall'inizio.
Scarlett Johansson: Non credo di avere avuto alcuna idea preconcetta sul mio personaggio. Nel primo giorno di riprese ho capito subito la direzione in cui volevo andare, ma ci sono volute un paio di settimane per entrare a fondo nel ruolo. Il mio è un personaggio che non conosce l'umanità, viene catapultato in una realtà sconosciuta. Non è cattivo, ma non è neppure umano perciò è sbagliato attribuirgli sentimenti propri degli uomini. Il mio personaggio è un'entità perciò all'inizio è stato difficile trovare riferimenti.
Jonathan Glazer: Per Scarlett questo ruolo è stata una scoperta. Non avevamo precedenti. Non c'erano modelli umani, perché Scarlett doveva interpretare un essere, una specie di oggetto.
Avete discusso sul linguaggio corporeo prima delle riprese, visto che nel film è così particolare?
Scarlett Johansson: La mia aliena sembra accesa quando deve adescare gli uomini, dopo invece si spegne. Osserva passivamente il mondo esterno. Non volevamo farla muovere in modo strano, come gli alieni di Tim Burton, ma lavorare per sottrazione senza renderla ridicola o stereotipata.
Quali temi volevate toccare con questo film?
Jonathan Glazer: Vita, morte, amore. Quando inizi un film non pensi mai ai temi, ma cerchi di raccontare una storia. La nostra è quella di una 'cosa' che scopre la propria femminilità.
Ad esclusione di Scarlett Johansson, tutti gli altri personaggi parlano un forte accento scozzese che rende difficile la comprensione. Come mai avete deciso di mantenere questo accento?
Jonathan Glazer: Il film è ambientato in Scozia e contiene l'idea di alienazione del personaggio. Noi vediamo il mondo attraverso gli occhi di Scarlett, perciò il fatto che il dialogo fosse indecifrabile non mi disturbava. Anzi, era quasi un bene.
Jonathan Glazer: L'idea chiave è la scelta di guardare il mondo con occhi alieni. Il nostro film doveva avere un aspetto realistico, non volevamo un mondo fictional, ma un look documentaristico. Per ottenere questo risultato abbiamo deciso di utilizzare cineprese nascoste filmando Scarlett nel mondo senza che il mondo sapesse che stavamo girando un film. Dal momento che non esistevamo telecamere così piccole come quelle che servivano a noi una l'abbiamo costruita da zero.
Scarlett Johansson: Lavorare in questo modo è stato molto interessante perché molti attori none rano consapevoli di ciò che stava accadendo. Gli venivano fornite pochissime informazioni perciò non c'era una linea netta tra realtà e finzione. In media facevamo sei, otto ciak prima di perdere la magia dell'improvvisazione o prima che le persone capissero cosa stava realmente accadendo. Nella scena in cui il mio personaggio cade a terra è stato divertente vedere le reazioni delle persone. Alcuni erano preoccupati e cercavano di aiutarmi, altri mi riprendevano con il telefono. E' stata un'esperienza interessante, ma per certi versi avevo paura delle reazioni delle persone e ho dovuto superare i miei timori. E' stata quasi una forma di terapia.
Scarlett, cosa ti ha attratto di questo film così diverso dai tuoi lavori precedenti?
Scarlett Johansson: Sicuramente è un film diverso dagli altri. E' stata un'esperienza che mi ha spinto a sondare aspetti diversi del mio mestiere. Non ci sono etichette, non è un film di genere, è qualcosa di unico. E' stata una sfida, ma in generale il mio lavoro è sempre una sfida.
Jonathan, come si colloca questo film all'interno della tua opera?
Jonathan Glazer: Il film è stato appena finito quindi non posso già contestualizzarlo, ma sono certo che vi sia un filo conduttore nel mio lavoro. La visione dell'universo così distaccata e glaciale è uno degli elementi che ritorna in molti miei lavori, ma non ho mai un sottotesto consapevole. Sono i critici a dover parlare del mio lavoro meglio di quanto farei io.