Recensione Ultimatum alla Terra (2008)

Cosa trova l'alieno interpretato da Keanu Reeves - divo che ha già all'attivo emblematiche figure Sci-Fi comeJohnny Mnemonic e Neo - ripercorrendo nel 2008 le tappe della sua missione diplomatica sulla Terra?

Klaatu is back

Implacabile come un esattore delle tasse, l'alieno Klaatu è tornato a far visita al nostro pianeta, con un corredo di buone intenzioni che i Terrestri faranno ancora una volta fatica a comprendere, rischiando così di pagare un conto fin troppo salato. Il primo appuntamento con lo scrupoloso viaggiatore dello spazio, datato 1951, non può comunque essere collocato sullo stesso piano: il film diretto da Robert Wise in piena Guerra Fredda rimane una pietra miliare del cinema di fantascienza, mentre di questo remake firmato da Scott Derrickson (al suo attivo titoli come The Exorcism of Emily Rose e Hellraiser V: Inferno) rimarrà una traccia senz'altro più effimera. Eppure, si ha al contempo l'impressione che l'operazione in sé meriti qualche approfondimento. Ed anche al di là delle differenti soluzioni spettacolari adottate in questa pellicola, che contrariamente al prototipo è stata concepita in un'era dominata dalla computer grafica, vi sono parecchi altri elementi da valutare attentamente.

Il messaggio pacifista, gli inviti al dialogo contenuti nel primo Ultimatum alla Terra (The Day the Earth Stood Still), che nel clima di caccia alle streghe dei primi anni '50 risuonarono come una risposta dell'America più progressista all'oscurantismo e alle paranoie dilaganti, possono andare soggetti anch'essi a un processo di restyling, ma non senza che questo comporti lo stabilirsi di un legame, che sia profondo o meno è tutto da verificare, con le scelte di campo operate allora. Spieghiamoci meglio. Una Hollywood con evidenti problemi di ispirazione attinge sempre più spesso alla politica del remake, nel tentativo di rivitalizzare generi come l'horror e la science fiction, soggetti più di altri a una crisi di idee difficile da tamponare. Ma, almeno in certi casi, la scelta del modello può andare incontro a specifiche necessità di carattere socio-politico.
Detto in soldoni, cosa trova l'alieno Klaatu ora interpretato da Keanu Reeves (divo che ha già all'attivo emblematiche figure Sci-Fi come Johnny Mnemonic e Neo di Matrix), ripercorrendo nel 2008 le tappe della sua missione diplomatica sulla Terra? Trova innanzitutto un'umanità impaurita e quanto mai diffidente. Il presidente degli Stati Uniti si nasconde come da copione in qualche località sconosciuta, continuando però ad ordinare drastiche rappresaglie in nome della sicurezza nazionale. Il suo Segretario di Stato (una arcigna Kathy Bates) ne pone in atto con estrema durezza le risoluzioni. Gli stessi mercati finanziari reagiscono male (ci poteva essere un segno dei tempi più significativo di questo?) all'atterraggio delle misteriose sfere, arrivate insieme a Klaatu dallo spazio profondo. Risulta in più evidente che gli ammonimenti dell'alieno al genere umano, ignorati dalle autorità ma pronti a far breccia nella sensibilità della biologa co-protagonista (Jennifer Connelly), alludano a temi di stretta attualità: dal riscaldamento globale all'esaurimento delle risorse energetiche, sempre nel segno di una ritrovata coscienza ambientalista.

A questo punto si può anche affermare che il nuovo Ultimatum alla Terra giochi a carte scoperte, permettendoci di identificare qualche parentela, un po' criptica all'apparenza, nell'attuale panorama cinematografico americano. Le istanze democratiche sottese alla realizzazione del film di Derrickson non sembrano poi così distanti da altre forme di impegno, ad esempio quello spirito di denuncia che ha spinto recentemente verso la produzione di Una scomoda verità, documentario con Al Gore indiscusso mattatore. Così come la raffigurazione iperbolica delle paranoie post - 11 settembre rivela qualche consonanza, anche per la scelta di genere, con E venne il giorno. Ultimatum alla Terra, però, della pur discontinua pellicola di M. Night Shyamalan non condivide certo le affascinanti intuizioni visive (facendo anzi rimpiangere l'estetica da B-Movie dell'artigianale capolavoro di Robert Wise), quanto piuttosto il fastidioso didascalismo ed altri aspetti deteriori, tra cui una certa tendenza a generare dialoghi imbarazzanti (troppo sconclusionati in E venne il giorno e piuttosto banali nel remake di Derrickson, volendo cercare le differenze). Coi tanti problemi di una società alla deriva stabilmente sullo sfondo, sembra che per gli sceneggiatori americani non vi sia gioia più grande del poter ricompattare il classico nucleo famigliare in difficoltà, quale risposta agli sconvolgimenti planetari in corso. Il resto verrà da sé. I lodevoli intenti dell'alieno Klaatu non si sono perciò rispecchiati in situazioni che stimolassero adeguatamente l'immaginazione; e se dovesse risultare vero che la strada per l'Inferno è lastricata di buone intenzioni, vorrebbe dire che le buone intenzioni partorite a Hollywood e dintorni conducono oggi, se non ad altri inferni, a qualche remake di purgatoriale vacuità.