È con una sensazione strana che scriviamo questa recensione di Kevin Can FK Himself, la nuova comedy di AMC disponibile dal 27 agosto su Prime Video**. Questo perché si tratta di una commistione molto particolare di due generi di commedia televisiva, quella multicamera e quella single camera, nello stesso show. La prima sarebbe la sitcom registrata con pubblico dal vivo, camera fissa, pochi ambienti e personaggi tipo, mentre la seconda la comedy con camera a spalla che segue i personaggi, più introspettiva e volta a momenti dramedy.
I DUE MONDI DI ALLISON
La creatrice Valerie Armstrong (che aveva già esplorato territori surreali in Lodge 49) alterna i due generi nel racconto della vita di Allison McRoberts (Annie Murphy, premiata agli Emmy per Schitt's Creek), che si rivelano i due punti di vista di come lei e il marito Kevin vedano in modo diverso il loro matrimonio e la loro vita quotidiana. Per Kevin (interpretato da Eric Petersen), un bamboccione che non sembra cresciuto e che tratta la moglie in modo passivo-aggressivo, la vita è praticamente una continua sitcom in cui alla fine è sempre lui a spuntarla insieme all'amico poco intelligente Neil e al padre bonaccione Pete, e la tenera e docile Allison accusa il colpo. Non appena Kevin esce dalla stanza o la moglie esce di casa, ritrovandosi coi propri pensieri, tutto diventa improvvisamente una dramedy (più drama che comedy) in cui la protagonista apre finalmente gli occhi sulla propria vita e decide di fare qualcosa a riguardo, che potrebbe essere estrema. Anche la gradazione di colore serve a separare i due mondi di Allison che si alternano nella narrazione: i momenti da sitcom all'interno dell'abitazione dei McRoberts sono colorati e vivaci, la presa di coscienza di Allison si fa invece più scura ogni volta che scava nel proprio matrimonio e nel proprio 'io' interiore. Anche la durata degli episodi vira più sui 60 che sui 30 minuti, a testimoniare la commistione incredibile di due generi comici, forse una scelta non sempre efficace che a volte appesantisce il racconto, ma indubbiamente originale.
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UN TIPO DIVERSO DI COMMEDIA
D'altronde dobbiamo provare il risentimento crescente da parte dell'eroina protagonista insieme a lei, e infuriarci per la mascolinità tossica che viene raccontata attraverso il comportamento di Kevin e anche della sorella di Neil, Patty (Mary Hollis Inboden, The Real O'Neals), l'altro personaggio femminile della storia. Patty per una vita ha dato corda ai "ragazzi" a scapito di Allison, e ora non solo vuole far aprire gli occhi alla protagonista ma si presenta come un'interessante altra faccia della medaglia femminile nei rapporti fra donne e nelle dinamiche di gruppo. Lei stessa a casa potrebbe avere a che fare con un altro tipo di mascolinità tossica. Se WandaVision aveva fatto un excursus nella storia delle sitcom statunitensi nel corso delle annate per mostrare un percorso di accettazione del lutto, Kevin Can F**k Himself utilizza due sottogeneri comedy per esibire agli spettatori le prove che porteranno Allison a prendere la decisione che prenderà. I momenti registrati in studio sono volutamente più sciocchi, con risate volutamente forzate: se le battute di Kevin e soci mostrano senza vergogna tutto il proprio maschilismo e la propria pochezza interiore, quelle di Allison tentano di combatterlo a suon di frecciatine. Quando Allison rimane sola coi propri pensieri (o con Patty) la commedia diventa sempre più nera, quasi crudele, e l'interpretazione di Annie Murphy nel bilanciare tanti registri è azzeccata soprattutto nella parte drammatica, in cui svela man mano tutto quello che si è tenuta dentro per anni. Anche le tematiche più adulte - come quella della dipendenza - sono trattate solo nella parte più realistica, e non nella farsa che è in scena dentro le mura domestiche.
ALLISON CAN SAVE HERSELF?
Nel "mondo di Allison" c'è anche un barlume di speranza, rappresentato da Sam Park (Raymond Lee, Here and Now), ex abitante di Worcester tornato in città per aprire una tavola calda. Si tratta di una sua vecchia fiamma, più o meno, e ciò che la fa tornare a respirare e a intravedere una speranza di uscita dal proprio matrimonio. Ma cosa la trattiene in una relazione da cui non sembra avere nessun beneficio? L'abitudine, la paura di rimettersi in gioco, l'averle fatto credere da parte di Kevin che senza di lui sarebbe perduta, anche economicamente. Allison non è mai uscita da Worcester, è abituata a sognare grandi viaggi e avventure che rimarranno sogni, lavora part-time come commessa e fa una vita abbastanza monotona e ripetitiva, e in ogni episodio sembra dover, un po' come faceva Cheryl ne La vita secondo Jim o Molly in Mike and Molly, rimettere a posto i danni combinati dal marito. Ma qui il punto di vista è ribaltato, non c'è bontà di fondo e non c'è amore, solo "dipendenza tossica". Questa comedy anomala prodotta da Rashida Jones e Will McCormack parla di noi tutti e di cosa ci ha fatto ridere finora, e soprattutto di cosa ci farà ridere in futuro. Si tratta quindi anche di un'interessante riflessione tra le righe sull'evoluzione del genere comedy e sui suoi escamotage ed esperimenti per sopravvivere in tempi in cui da un lato c'è bisogno di ironia e speranza (come fa ad esempio Ted Lasso), ma dall'altro guardando fuori dalla finestra c'è ben poco di cui ridere.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Kevin Can F**K Himself sorpresi dall’esperimento dramedy messo in piedi da Valerie Armstrong e dalla commistione di single camera e multicamera, che mostra insieme a una gradazione diversa di colori il doppio punto di vista coniugale di Allison e Kevin. Un matrimonio tossico da cui la protagonista decide di liberarsi, finendo in una spirale sempre più dark che porterà a risvolti inaspettati.
Perché ci piace
- L’idea della creatrice Valerie Armstrong di alternare sitcom e dramedy per raccontare la vita della protagonista Allison, compresa la doppia gradazione di colore.
- Annie Murphy è davvero brava a bilanciare il doppio registro comico e quello maggiormente drammatico, che rivela man mano i dolori di Allison.
- Le tematiche affrontate come la mascolinità tossica, la dipendenza e, tra le righe, il ruolo della risata nella nostra vita quotidiana.
Cosa non va
- Forse virare più sui 30 che sui 60 minuti di durata ad episodio avrebbe giovato al ritmo narrativo, complici anche i due generi non sempre amalgamati a dovere.