C'è un momento intermedio in cui l'idolo diventato leggenda viene ridotto semplicemente a un uomo. È un momento fugace, a volte imprendibile, ma facilmente riconoscibile. Si tratta di quel momento in cui il mito si spoglia della sua immortalità mostrando le proprie ferite, le proprie fragilità, o purtroppo, la propria morte. Ed è proprio grazie a questo passaggio mediano, un guardrail che separa la strada del successo all'immensità del ricordo, che l'aura della leggenda si potenzia brillando più forte che mai, rasentando la divinità.
Come sottolineeremo in questa recensione di John Lennon: Murder Without A Trial, la docu-serie in tre episodi disponibile su Apple TV+ va proprio a concentrarsi sul momento in cui cinque colpi di pistola spezzano la vita dell'ex-Beatle, liberandolo per un attimo del suo abito di divo musicale, per mostrarlo come semplice essere umano, tradito dalla pacatezza di un mare agitato come quello di Mark David Chapman. Nessuna ulteriore (e inutile) esplorazione di una carriera già ben nota; quella compiuta da Nick Holt e Rob Coldstream è una ricostruzione meticolosa di ciò che è successo, e che doveva poi accadere, in quegli attimi infiniti che hanno segnato l'8 dicembre del 1980. Gli spari, le urla, i pianti dei fan, le canzoni dei Beatles, e poi il silenzio in aula; momenti vuoti di parole, e colmi di dubbi, mancanze, interrogativi mai risolti, e valutazioni psichiatriche mai eseguite. Tre momenti precisi per tre episodi ben scandagliati e indagati nel proprio contenuto tematico e narrativo, così da prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo in questo tour all'insegna di un omicidio senza un giusto processo.
John Lennon: Murder Without A Trial: la trama
Era la sera dell'8 dicembre del 1980 quando, davanti al suo residence di New York, John Lennon fu colpito da cinque colpi di arma da fuoco, morendo all'età di 40 anni. A sparare fu il giovane Mark David Chapman, un fan dei Beatles che solo poche ore prima gli aveva fatto firmare la sua copia del disco Double Fantasy: ispirato dall'Holden Caulfield de Il giovane Holden, Chapman rimproverava a Lennon il suo stile di vita facoltoso, del tutto contrastante con il suo credo pacifista. Il clamore e lo sgomento di questa morte resero questo assassinio uno dei più famosi della storia; la sua vita ora rivive in John Lennon: Murder Without a Trial, in arrivo il 6 dicembre su Apple Tv+.
La tragedia di un uomo (poco) comune
Nessun prologo atto a ripercorrere una carriera già scandagliata, già ammirata, già ampiamente conosciuta: quella che imbastisce con attenzione e cura maniacale la struttura narrativa di John Lennon: Murder Without A Trial è una tripartizione episodica dal sapore di tragedia classica. E quella qui narrata è a tutti gli effetti una tragedia, con un colpevole già rivelato, e mille dubbi ad attorniarlo. Ciò che rende interessante la docu-serie più che il suo contenuto nozionistico - già di portata universale - è piuttosto la commistione tra un impianto visivo ad alto impatto, e un'obiettività di racconto che rifugge dalla ruffiana portata emotiva. La stessa narrazione a opera di Kiefer Sutherland, più che un'intromissione distrattiva, è una voce che proviene da un altrove spettrale, così da liberare il percorso che si apre dinnanzi agli spettatori da eventuali ostacoli, o ulteriori dubbi. Già, perché in questa ricerca di moventi, o eventuali complici, lo stesso Lennon diventa oggetto di dubbi e questioni complottiste, come quelle che lo volevano obiettivo dell'FBI e dell'amministrazione Nixon, "un problema da risolvere", perché troppo pacifista, troppo contrario al sistema. E chissà oggi, in un mondo in cui i pensieri politici sono merce di scambio per qualche like in più, cosa sarebbe stato Lennon agli occhi di chi cerca nelle parole e nella forza delle azioni un bagliore di pace e solidarietà.
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Tre parti di una tragedia
L'ultimo giorno; l'indagine; il processo: con coerenza e acutezza di racconto (facilitata anche dalla mole di immagini di repertorio e materiale inedito) i tre capitoli narrano ciò che i propri titoli promettono di narrare, analizzando fino in fondo il tema principale di ogni episodio. A fare da collant sono i testimoni del caso, gli amici delle due parti in causa, e il voice-over di Sutherland; delle costanti che donano compattezza all'opera, sebbene manchi quell'effetto di affezione e di coinvolgimento emotivo che ci si aspetterebbe da un documentario del genere.
Il freddo colore della (narrazione della) morte
Poco inclini a intromettersi nello sviluppo della propria opera, preferendo che al centro ci siano i racconti di chi quei momenti li ha vissuti sulla propria pelle, o lasciando che sia la potenza delle immagini qui recuperate e riprodotte a parlare da sé, i registi costruiscono un impianto tanto oggettivo e onesto della propria narrazione quanto freddo e il più possibilmente distaccato da ogni possibile coinvolgimento emotivo. Più che un documentario, John Lennon: Murder Without A Trial si veste dei medesimi abiti indossati da un'indagine poliziesca, o da un report investigativo. Con razionale lucidezza, la docu-serie viaggia dentro e attorno un meccanismo mentale danneggiato nel suo funzionante ingranaggio, partendo dalla massima conseguenza dei suoi malfunzionamenti (l'omicidio di Lennon), passando per le lacune del suo processo, arrivando fino ai segreti più o meno nascosti dietro lo squilibrio di un emarginato tanto intelligente quanto perseguitato da fantasmi di un passato traumatico e indicibile.
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Eppure, in questa galleria umana che scorre davanti alla cinepresa di Nick Holt e Rob Coldstream, ciò che riempie lo spazio, trascinando lo spettatore curioso da un'inquadratura all'altra, è una fiumana di parole e ricordi enfatizzati nella loro portata mnemonica da filmati dell'epoca, o da riprese fornite dagli stessi investigatori. Un itinerario della memoria cementato di indagini psicologiche e macchiate dal sangue di un uomo destinato a divenire immortale come John Lennon.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di John Lennon: Murder Without a Trial sottolineando come la docu-serie in tre episodi disponibile su Apple TV+ riesca con attenzione di sguardo e acutezza di indagine a raccontare i momenti cruciali dell'omicidio ai danni dell'ex-Beatle e le conseguenze vissute sulla pelle di amici, parenti, detective e, soprattutto, dello stesso omicida: Mark David Chapman. Un racconto tripartitico scevro di retorica ma empaticamente freddo, che punta sull'obiettività di racconto, lasciando che sia l'eredità di Lennon a scaldare gli animi e il ricordo.
Perché ci piace
- La gestione del tempo e del materiale di racconto.
- L'uso di una mole di materiale di repertorio capace di enfatizzare la portata mnemonica dei testimoni.
- La scelta di fare a meno dell'esplorazione della carriera di Lennon.
Cosa non va
- La troppa freddezza di racconto che rischia di non coinvolgere emotivamente il proprio spettatore.
- Il non aver puntato sui momenti concitanti con protagonista Lennon, piuttosto che indugiare troppo su Chapman.