John Hughes Lives
Tempi di viagra e di soft porno sdoganato, di Playboy al supermarket vicino ai fumetti e di escort governative; tempi in cui parlare di "morale", purtroppo o per fortuna, a seconda del punto di vista, fa un po' ridere. Eppure in quei piccoli e crudelissimi ecosistemi che sono i licei americani vige ancora un misterioso standard di condotta, che riguarda quasi esclusivamente la sessualità femminile e che riecheggia i mostruosi eccessi del puritanesimo coloniale. Così, in Easy Girl, la simpatica e brillante Olive Penderghast, diciassettenne vergine che rientra nella tipologia "ragazza della porta accanto" nel dizionario del teen movie, si lascia scappare una piccola bugia per mettere a tacere un'amica insistente e si ritrova risucchiata in un incubo adolescenziale che all'inizio la incuriosisce sociologicamente - oltre a renderla finalmente popolare - ma che diventa sempre più difficile da gestire e rischia di avere conseguenze di una preoccupante entità.
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Il talento della Stone è al completo servizio di una regia vivida e di uno script capace, ad un tempo, di risvegliare la memoria delle commedia degli anni d'oro di John Hughes, e di evocare i folli ritmi contemporanei e i paradossi dell'era dell'informazione. E' attraverso il suo videoblog che Olive confessa all'intera comunità come ha rinunciato a rincorrere i calunniosi pettegolezzi che viaggiavano alla velocità della luce su monitor e smart phone, decidendo incautamente di abbracciare la sua nuova, infame reputazione.
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Con tutte le sue imperfezioni, la principale delle quali è tuttavia il poco spazio destinato all'irresistibile coppia Tucci-Clarkson, Easy Girl rimane uno dei migliori teen movie visti sugli schermi americani per lo meno dai tempi di Mean Girls (2004), e ha il merito, oltre che di rilanciare un genere troppo spesso cannibalizzato dalla vendibilità e dalla mediocrità, di lanciare un'attrice di cui sentiremo parlare molto negli anni a venire.
Movieplayer.it
3.0/5