Jogi, la recensione: su Netflix un intenso film sul massacro dei Sikh

La recensione di Jogi, produzione indiana che unisce impegno e intrattenimento nel ripercorrere una tragica pagina di storia che coinvolse la comunità Sikh.

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Jogi: un'immagine del film

Jogi vive a Delhi con la propria famiglia, di religione Sikh. Siamo nell'ottobre del 1984 e il Paee sta per essere scosso da una brutale ondata di violenza, successiva all'assassinio del Primo Ministro Indira Ghandi per mani di due delle sue guardie del corpo, appartenenti proprio a suddetta fede. Come vi raccontiamo nella recensione di Jogi, il protagonista che dà il titolo al film si prepara a recarsi a lavoro, ignaro che quello non sarà un giorno come tutti gli altri. In quelle convulse ore ha infatti inizio un'ondata d'odio verso l'intera comunità Sikh, vittima di una vera e propria epurazione. Massacri su massacri di innocenti, avallati dalle stesse forze dell'ordine locali: in particolare il crudele comandante Tepjal, che intende scovare ed eliminare chiunque, donne e bambini, pur di ottenere un'ambita promozione. Mentre il panico si scatena nelle strade, Jogi cercherà di salvare la sua gente con il fondamentale aiuto del suo amico d'infanzia Rawinder, ora agente di polizia, pronto a tutto pur di evitare un vero e proprio genocidio.

Una storia dimenticata

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Jogi: una scena del film

In pochi, se non appassionati di storia o della situazione politica indiana, sono a conoscenza del pogrom che ha avuto luogo nei confronti della popolazione Sikh nel 1984, un periodo che ha profondamente scosso la nazione indiana e che ha contato un impressionante numero di vittime, oltre tremila, la cui colpa era soltanto quella di indossare un turbante e seguire la medesima credenza di coloro che uccisero l'allora Primo Ministro. Un'ondata di odio che nei giorni successivi all'omicidio diede il via ad una forsennata caccia all'uomo e costò lo sterminio di interi nuclei familiari, con case bruciate e saccheggiate senza pietà non solo da comuni cittadini in cerca di un'insensata e presunta vendetta ma avallata anche da chi l'ordine avrebbe dovuto farlo mantenere.

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Emozioni e spettacolo

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Locandina di Jogi

Jogi racconta proprio questa storia, in una forma ovviamente romanzata - come suggerito dal disclaimer pre-visione - ad uso e consumo di un grande pubblico, nel tentativo di coniugare impegno e trattenimento. Tentativo riuscito, a parte qualche sbavatura qua e là, e che non soffre di eccessive derivazioni bollywoodiane, cercando anzi di mantenere una certa sobrietà anche nelle fasi più intense e "pericolose". Un melodramma ad alta tensione, un racconto epico di sacrificio e speranza che ha i suoi momenti e riesce a mantenere sempre alto l'interesse per le sue due ore di visione che, pur a dispetto di qualche lungaggine, evitano tempi morti e pongono discrete basi narrative nei flashback che ci svelano di più sul passato dei personaggi principali, giustificando o meno anche alcune decisioni prese da una o dall'altra parte.

Una messa in scena solida

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Jogi: una scena d'azione

Il regista Ali Abbas Zafar evita di mostrare i passaggi più truci lasciandoli saggiamente fuori campo, senza comunque nascondere le crudeltà perpetrate ai danni della comunità Sikh, tra negozi distrutti e interi quartieri dati alle fiamme con l'obiettivo di stanare e uccidere quante più persone possibili. Difficile criticare la sceneggiatura di un'eccessiva distanza tra buoni e cattivi, in quanto almeno in quest'occasione le fonti storiche alla base lasciano ben pochi dubbi su chi fosse in torto o meno. Jogi può inoltre contare sulle buone performance di un cast eterogeneo, capace di dar vita a figure credibili e di creare uno stabile legame empatico con il pubblico, pronto ad appassionarti ad una lotta per la libertà e la sopravvivenza che richiama nelle sue linee base ad un cinema kolossal piacevolmente classico.

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Conclusioni

Come vi raccontiamo nella recensione di Jogi, questa produzione indiana confeziona per il grande pubblico una versione edulcorata, ma non meno intensa, delle violenze che si verificarono nel Paese nel 1984, a seguito dell'assassinio del Primo Ministro Indira Gandhi. Un delitto compiuto da guardie di religione sikh e che costò un enorme sacrificio di vittime alla loro comunità, presa di mira e vittima di un sanguinoso pogrom che vide tra le fila dei cattivi anche le stesse forze dell'ordine. Il film racconta una storia liberamente ispirata a quella tragica vicenda, mettendo al centro un improvvisato eroe pronto a tutto pur di salvare la sua gente dal vile massacro in atto.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • Impegno e intrattenimento in una confezione godibile.
  • Una regia solida e un cast che funziona.

Cosa non va

  • Qualche lungaggine e forzatura narrativa debitrice del cinema bollywoodiano.