Qual è il segreto per realizzare un successo cinematografiche dalle cifre astronomiche? Questa volta la domanda non è da rivolgere al regista di un blockbuster americano, ma a Jèrome Enrico che, del tutto inaspettatamente ha conquistato il pubblico francese decretando una sorta di plebiscito nazionale con un milione di spettatori. Un vero e proprio miracolo produttivo per il panorama europeo, ottenuto con un prodotto piccolo nella forma ma dalla forza artistica detonante. Ed è proprio con questa pubblicità positiva che dal 6 giugno Moviemax si prepara a conquistare le sale italiane con Paulette, facendo leva sull'interpretazione di Bernadette Lafont, attrice simbolo del cinema francese, e su una vicenda che, partendo dalla crisi economica, sorride delle miserie umane tra sogno e realtà. In questo modo, aggirandosi tra i palazzi fatiscenti della peggior periferia parigina, il regista Enrico si diverte a raccontare le infinite possibilità della natura umana, capace di eleggere un'anziana signora e le sue "stupefacenti" abilità pasticcere a protagonista di un'avventura umana indubbiamente originale ma certo non impossibile.
Il suo Paulette racconta la vicenda originale di un'anziana signora e della sua pasticceria al gusto di hashish. Da dove prende forma questa storia? Jerome Enrico:Il punto di partenza è un vero fatto di cronaca. Eravamo rimasti molto colpiti dalla storia di una signora anziana che non riuscendo più ad andare avanti economicamente aveva scoperto, per sopravvivere, il traffico di droga. Da qui con lo sceneggiatore abbiamo tratteggiato i caratteri della protagonista, rendendola razzista e xenofoba. Ed anche il particolare che si dedichi alla produzione di dolci dalla natura stupefacente è stato frutto della nostra fantasia.
Lei ha dichiarato che per questo film ha tratto ispirazione dalla commedia italiana degli anni Sessanta. Quale autore in particolare ha preso in considerazione durante la scrittura e la lavorazione ? Jerome Enrico: Il primo film cui ho pensato è stato Miracolo a Milano, soprattutto per il suo aspetto poetico. Per molto tempo sono rimasto colpito dall'immagine di un protagonista talmente leggero da essere trasportato in aria. Al di là del sogno, però, puntavo ad un film che fosse in grado di calare la commedia all'interno della realtà. Per questo motivo la maggior fonte d'ispirazione sono stati i lavori di Scola e Comencini. Inoltre, la protagonista Bernadette Lafont ha trovato ispirazione in Giulietta Masina, in particolare nel personaggio de La strada. Inoltre io nasco e cresco in un ambiente italiano, perché queste sono le origini di mio padre e credo che il vostro cinema sia stato il più prolifico dal secondo dopo guerra fino a tutti gli anni settanta.Parlando proprio della sua protagonista, lei ha fatto molti casting prima di trovare Bernadette Lafont. Cosa cercava in particolare per il suo personaggio e cosa ha trovato in lei? Jerome Enrico: La maggior parte delle attrici sono molto vanitose ma questo lato non appartiene assolutamente a Bernadette. Per questo motivo credo che abbia accettato tutto, perfino di indossare una parrucca sporca fin dall'inizio del film. E questa è una gran qualità per un'interprete che mette il suo desiderio di recitare prima di qualsiasi altra cosa.
Nel suo film trova spazio anche Carmen Maura, conosciuta dal pubblico italiano soprattutto per il cinema di Almodovar. Come è entrata a far parte di questo cast tutto francese? Jerome Enrico: Carmen voleva con grande forza il ruolo di Paulette, ma non si poteva accettare di avere una protagonista xenofoba e razzista con chiare origini spagnole. Sarebbe stato sicuramente poco reale e credibile dal punto di vista narrativo. Quindi per lei abbiamo pensato al ruolo di Jacqueline, la capobanda, quella che conduce il gruppo e crea i legami sociali. Inoltre, ho trovato curioso che la migliore amica di una donna allergica agli stranieri fosse proprio una spagnola.Con il suo film lei riesce a far riflettere sorridendo sui problemi della crisi economica e delle classi svantaggiate. Secondo lei quanta tragedia si può raccontare attraverso la commedia e quanta dolore c'è all'interno di una risata? Jerome Enrico: Le migliori commedie sono proprio quelle che iniziano con delle tragedie perché, man mano, si sviluppa una simpatia nei confronti dei personaggi. Inoltre, bisogna anche sorridere, scherzare dell'esistenza perché tutta la nostra vita è una farsa tragica. In fondo non sappiamo da dove veniamo e non abbiamo idea dove stiamo andando. Sarà per questo che la tragedia sembra essere l'humus migliore per la creazione di una buona commedia.
Dopo molti film dedicati alle difficoltà delle generazioni più giovani, il suo Paulette concentra l'attenzione sulla terza età e sul suo sconforto di fronte alla perdita d'identità sociale. In questo modo vuol dire che gli anziani sono le vere vittime della crisi economica? Jerome Enrico: Paulette è una donna anziana con le sue difficoltà, ma nel film ci sono anche molti ragazzi con gli stessi problemi come, ad esempio, i piccoli spacciatori. Inizialmente questi rappresentano due mondi destinati a non incontrarsi ma, con il tempo, vediamo che tra di loro si tessono delle relazioni basate sulla comprensione reciproca. Per questo motivo il casting è stato molto accurato anche per quanto riguarda i personaggi più giovani: abbiamo lavorato non solo sulla scelta dei volti ma anche sul linguaggio. Da questo punto di vista il film è una sorta di sperimentazione perché utilizziamo espressioni che molti francesi non riuscirebbero a codificare lontanamente.Paulette ha ricevuto in Francia un'accoglienza calorosa e questo denoterebbe, ancora una volta, la buona condizione del cinema francese, capace di proteggere ed evidenziare il suo prodotto nazionale. Lei è d'accordo con questa lettura positiva o abbiamo una visione parziale della vostra realtà produttiva? Jerome Enrico: E' strano come il punto di vista cambi da paese in paese. Pensate che attualmente i nostri giornali titolano a gran voce il decadimento del cinema francese. In verità, considerando i pochi spettatori ottenuti anche da autori acclamati, possiamo considerare Paulette una vera e propria eccezione. Un discorso diverso, poi, deve essere fatto per il nostro metodo produttivo. In un certo senso siamo fortunati, visto che riusciamo ancora a proteggere la nostra industria culturale. Le emittenti televisive, ad esempio, devono necessariamente produrre una determinata quota di film nazionali all'anno. E' per questo che riusciamo a portare sul grande schermo ben 200 opere contro le 80 italiane. Di contro, però, abbiamo un certo appiattimento del prodotto, visto che le tv non accettano certi argomenti e richiedono quasi esclusivamente alcuni attori. Non è possibile considerare, ad esempio, eroi negativi. E questo è un grande limite che caratterizza una produzione fin troppo formattata.