Qual è il segreto per realizzare un successo cinematografiche dalle cifre astronomiche? Questa volta la domanda non è da rivolgere al regista di un blockbuster americano, ma a Jèrome Enrico che, del tutto inaspettatamente ha conquistato il pubblico francese decretando una sorta di plebiscito nazionale con un milione di spettatori. Un vero e proprio miracolo produttivo per il panorama europeo, ottenuto con un prodotto piccolo nella forma ma dalla forza artistica detonante. Ed è proprio con questa pubblicità positiva che dal 6 giugno Moviemax si prepara a conquistare le sale italiane con Paulette, facendo leva sull'interpretazione di Bernadette Lafont, attrice simbolo del cinema francese, e su una vicenda che, partendo dalla crisi economica, sorride delle miserie umane tra sogno e realtà. In questo modo, aggirandosi tra i palazzi fatiscenti della peggior periferia parigina, il regista Enrico si diverte a raccontare le infinite possibilità della natura umana, capace di eleggere un'anziana signora e le sue "stupefacenti" abilità pasticcere a protagonista di un'avventura umana indubbiamente originale ma certo non impossibile.
Il suo Paulette racconta la vicenda originale di un'anziana signora e della sua pasticceria al gusto di hashish. Da dove prende forma questa storia? Jerome Enrico:Il punto di partenza è un vero fatto di cronaca. Eravamo rimasti molto colpiti dalla storia di una signora anziana che non riuscendo più ad andare avanti economicamente aveva scoperto, per sopravvivere, il traffico di droga. Da qui con lo sceneggiatore abbiamo tratteggiato i caratteri della protagonista, rendendola razzista e xenofoba. Ed anche il particolare che si dedichi alla produzione di dolci dalla natura stupefacente è stato frutto della nostra fantasia.
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Parlando proprio della sua protagonista, lei ha fatto molti casting prima di trovare Bernadette Lafont. Cosa cercava in particolare per il suo personaggio e cosa ha trovato in lei? Jerome Enrico: La maggior parte delle attrici sono molto vanitose ma questo lato non appartiene assolutamente a Bernadette. Per questo motivo credo che abbia accettato tutto, perfino di indossare una parrucca sporca fin dall'inizio del film. E questa è una gran qualità per un'interprete che mette il suo desiderio di recitare prima di qualsiasi altra cosa.
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Con il suo film lei riesce a far riflettere sorridendo sui problemi della crisi economica e delle classi svantaggiate. Secondo lei quanta tragedia si può raccontare attraverso la commedia e quanta dolore c'è all'interno di una risata? Jerome Enrico: Le migliori commedie sono proprio quelle che iniziano con delle tragedie perché, man mano, si sviluppa una simpatia nei confronti dei personaggi. Inoltre, bisogna anche sorridere, scherzare dell'esistenza perché tutta la nostra vita è una farsa tragica. In fondo non sappiamo da dove veniamo e non abbiamo idea dove stiamo andando. Sarà per questo che la tragedia sembra essere l'humus migliore per la creazione di una buona commedia.
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Paulette ha ricevuto in Francia un'accoglienza calorosa e questo denoterebbe, ancora una volta, la buona condizione del cinema francese, capace di proteggere ed evidenziare il suo prodotto nazionale. Lei è d'accordo con questa lettura positiva o abbiamo una visione parziale della vostra realtà produttiva? Jerome Enrico: E' strano come il punto di vista cambi da paese in paese. Pensate che attualmente i nostri giornali titolano a gran voce il decadimento del cinema francese. In verità, considerando i pochi spettatori ottenuti anche da autori acclamati, possiamo considerare Paulette una vera e propria eccezione. Un discorso diverso, poi, deve essere fatto per il nostro metodo produttivo. In un certo senso siamo fortunati, visto che riusciamo ancora a proteggere la nostra industria culturale. Le emittenti televisive, ad esempio, devono necessariamente produrre una determinata quota di film nazionali all'anno. E' per questo che riusciamo a portare sul grande schermo ben 200 opere contro le 80 italiane. Di contro, però, abbiamo un certo appiattimento del prodotto, visto che le tv non accettano certi argomenti e richiedono quasi esclusivamente alcuni attori. Non è possibile considerare, ad esempio, eroi negativi. E questo è un grande limite che caratterizza una produzione fin troppo formattata.