Schiva, forse un po' intimidita dal calore del pubblico di Locarno, Jane Campion si concede col contagocce. Due volte premio Oscar, nonché prima regista a vincere la Palma d'Oro a Cannes, Campion è una vera pioniera nel settore anche se per molto tempo ha avuto difficoltà ad accettare i complimenti.
"I registi hanno difficoltà a sviscerare i processi inconsci di fronte al pubblico, ma con gli anni ho imparato ad affrontare le discussioni sul cinema" spiega, per poi soffermarsi sul suo ruolo di apripista che ha agevolato il percorso di molte cineaste. "Altre donne hanno aperto la carriera per me e io sono gli sono grata. Oggi è fantastico veder vincere autrici come Chloe Zhao, Justine Triet o Julia Ducornuau. Le donne sono piene di energia e voglia di fare, è l'ora di smetterla di incasellarle in luoghi comuni".
L'approccio autodidatta alla narrazione cinematografica
Mentre ripercorre gli inizi della propria carriera, Jane Campion rivela quello spirito ribelle che l'ha accompagnata per tutta la vita, spingendola a svecchiare la narrazione tradizionale con film di rottura incentrati proprio su donne. Figlia d'arte (i genitori avevano messo su una compagnia teatrale a Wellington), la cineasta ammette di aver avuto difficoltà a definire se stessa vivendo nell'ombra dei celebri genitori. Ha scelto così di lascia la natia Nuova Zelanda per trasferirsi a Londra e poi in Australia, con una breve parentesi italiana dove si è recata per studiare la lingua.
"La solitudine mi ha aiutato, mi immergevo in me stessa, ero ossessionata dal cinema" confessa. "Da adolescente sono stata sei mesi a letto per una malattia. Dovevo passare il tempo, così ho imparato a intrattenere me stessa. Quest'esperienza mi ha rafforzato. Riflettendo su me stessa ho capito che quello che volevo fare era raccontare storie". Al proposito si affiancava, però, una totale assenza di competenze tecniche. "Volevo raccontare storie, ma quando mi sono resa conto che c'erano così tante scelte è iniziata la mia agonia. Ho cominciato a chiedere agli altri registi e ho capito che esisteva un modo corretto per fare le cose così mi sono decisa a studiare cinema".
Jane Campion: i modelli di riferimento
Tra gli autori che l'hanno maggiormente influenzata, quasi tutti uomini visto che "all'epoca in Australia non c'erano molte registe", Jane Campion cita Peter Weir, George Miller ("amo Mad Max") e David Lynch, la cui opera è stata rivelatoria per "l'originalità. Le sue sono fiabe per adulti che portano a galla il subconscio. Grande l'influenza su Lezioni di piano, anche se le citazioni sono inconsce". L'elenco prosegue con Polanski, che non teme di citare il quanto maestro della settima arte, Paul Thomas Anderson, Agnes Varda e Coppola, "che mi ha aperto gli occhi e ho amato tantissimo. Oggi apprezzo molto Justin Triet, è bello evolversi e conoscere nuovi autori".
Pur nutrendo un enorme amore per il cinema, la regista di Lezioni di piano non è 'nata dietro la macchina da presa' come certi suoi colleghi. Tutt'altro. "Lo stress di girare Peel, il mio primo corto di 9 minuti, mi ha mandato in ospedale" confessa. "Ho scoperto come si monta, come si trovano i finanziamenti, ma ci è voluto un po' di tempo per riprendermi. Ho capito quanto sia importante preparare la mente, dormire, fare yoga, ma soprattutto gestire lo stress". Quando le viene chiesto quale sia stato il suo film più difficile da girare, Campion non ha dubbi. "Ritratto di signora è stato arduo perché ha richiesto 16 settimane di riprese e avevo un bambino piccolo con cui avrei voluto stare, ma il processo è stato molto bello".
Dagli esordi "controversi" al successo globale
Visto l'incredibile palmares conquistato nel corso della carriera, il cinema di Jane Campion viene associato a grandi trionfi non è stato sempre così. Quella con la critica non è stata affatto una luna di miele tanto che il suo primo film, il provocatorio Sweeney, ha raccolto feroci critiche. "Pensavo che non avremmo trovato mai fondi e che a nessuno sarebbe piaciuto, e in un certo senso avevo ragione" spiega. "I fondi sono arrivati senza che leggessero la sceneggiatura. A Cannes il film non è stato amato. Per la prima volta ho dovuto fare i conti con la critica ed è stata dura per me. Ero già in preproduzione con Un angelo alla mia tavola, ma fare un film tanto odiato è stato doloroso"_.
Arriva il momento di parlare anche del film più popolare di Jane Campion, Lezioni di piano, riproposto in una Piazza Grande gremita. La fonte d'ispirazione per il film è in realtà un quadro appeso nella casa della madre della regista. "Ero affascinata dall'immagine di questa donna vittoriana, parlava di civilizzazione e natura, avevo 9 o 10 anni, ma il dipinto si è impresso nella mia mente" ricorda Campion, rievocando il processo di casting. "Il problema con le star è che non fanno provini quindi te li devi immaginare nel ruolo e a volte puoi sbagliare. Harvey Keitel lo avevo visto nel film di Ridley Scott I duellanti, ero rimasta impressa e ho capito che fosse più duttile di quanto pensassi. All'epoca molti attori non volevano essere diretti da donne, ma lui è un femminista e ha lottato per avere il ruolo. Quando ho cominciato a chiamare gli altri attori che stavo valutando Harvey ho capito che avevo preso la mia decisione".