Forte di un percorso registico coerente, James Franco fa ritorno a Venezia per presentare Fuori Concorso L'urlo e il furore, ennesimo adattamento letterario tratto dal capolavoro di William Faulkner. Franco, presenza fissa nei più importanti festival internazionali, non ha problemi a confezionare opere da proporre nelle varie manifestazioni vista la sua eccezionale produttività.
Attore tra i più amati dalle nuove generazioni, passa con nonchalance dal cinema mainstream a piccole opere indipendenti che produce di persona. Con le sue molteplici attività, Franco riesce sempre ad attirare l'attenzione sui suoi eccentrici progetti ed è anche per questo che la Biennale ha deciso di invitarlo anche stavolta. Al Lido James si presenta con un look nuovo di zecca. Capelli rasati (per esigenze di copione?), cappellino nero, giubbotto di pelle 'alla Fonzie' e cappuccino in mano.
Quando gli viene chiesto di spiegare perché ha sentito la necessità di rivolgersi ancora una volta a Faulkner, Franco spiega: "Recito da quasi vent'anni e dirigo da quasi dieci. Quando sono andato alla scuola di cinema mi sono reso conto che avevo recitato in molti blockbuster di successo, in film nominati all'Oscar e anche in film orrendi. Ho capito che se fossi riuscito a diventare regista avrei fatto solo i film di cui sentivo il bisogno, ma che nessun altro regista faceva. As I Lay Dying era uno dei miei libri preferiti di sempre, un classico americano. L'urlo e il furore, invece, è un libro così sperimentale che mi sono reso conto di poterlo trasformare in un film molto contemporaneo. Sapevo che accostandomi a quest'opera, come regista sarei stato trascinato in un vortice".
Per rispettare un adattamento letterario è necessario tradirlo
Quello di James Franco non è il solo adattamento dell'opera di Faulkner. Prima di lui, nel 1959, Martin Ritt ha girato L'urlo e la furia affidando il ruolo di Jason a Yul Brynner. "Mi piace molto il film di Ritt" confessa Franco, "ma è molto diverso dal mio perché in quel caso non c'è stato nessun tentativo di adattare la struttura del romanzo. Lo stile di Faulkner è unico ed era una mia responsabilità di regista rispettarlo. Faulkner vuole raccontare la storia di tre fratelli, storia che ruota attorno alla sorella Caddy. Tutti e tre i fratelli sono ossessionati dalla sorella, anche se in modo diverso. Il tutto avviene in un contesto storico ben preciso. Attraverso la storia di una famiglia si racconta il Sud che cade a pezzi. Volevo restare il più possibile fedele al romanzo, ma per farlo ho capito di dover reinventare la struttura temporale. Allora io e lo sceneggiatore ci siamo chiesti quali fossero gli elementi chiave della poetica faulkneriana e abbiamo capito che il personaggio chiave del film è Caddy."
A interpretare Caddy è Ahna O'Reilly, ex fidanzata storica di James Franco, mentre il ruolo di Jason è stato affidato a Scott Haze, già protagonista di Child of God. Il regista ha dimostrato più volte la sua predilezione nel circon darsi di amici sul set. Ne è riprova la presenza ne L'urlo e il furore, in due camei, di Danny McBride e Seth Rogen. "Dopo aver girato Strafumati la mia carriera è cambiata. In quel momento ho imparato davvero cosa significa fare film insieme a un team di amici. Credo che lavorare in questo modo sia l'esperienza più bella del mondo. Sono in molti a sostenere che io faccia film deprimenti, ma non credo sia vero. Non penso che fare film debba essere per forza un'esperienza in cui si soffre, perciò sui miei set cerco sempre di circondarmi di persone fidate".
Un attore col vizio della regia
Tra i fratelli della problematica famiglia raccontata da James Franco, il regista ha deciso di tenere per sé il personaggio di Benjy, minorato mentale. Un ruolo difficile e complesso che lo espone ai giudizi e al confronto con interpreti come Leonardo DiCaprio e Daniel Day-Lewis che, prima di lui, hanno raccolto una simile sfida recitativa. "Chissà, forse ho scelto di tenere per me il ruolo di Benji perché effettivamente posso sembrare un idiota" scherza Franco. "Non mi piace recitare nei film che dirigo. In Child of God ho avuto un piccolissimo ruolo. Per me è più soddisfacente dirigere un bravo attore perché durante i ciak ti dà cose che non ti aspetti. Se recito in uno dei miei film questo rapporto non esiste più perché mi trovo a dialogare con me stesso, però ammetto che è divertente saltare nella scena e mescolarsi agli altri attori e poi sono consapevole di avere un certo valore sul mercato. Se recito, i produttori hanno più facilità a vendere il film".
Riflettendo sulla tendenza al superlavoro che caratterizza la sua produzione recente, l'attore e regista commenta: "Quando lavoravo soprattutto con l'industria di Hollywood, spesso mi è stato detto cosa fare e cosa non fare. Maturando ho capito he l'unica voce che devo ascoltare è la mia e mi sono concentrato sui miei interessi. So che ho avuto la fortuna di poter realizzare i miei sogni, ma per me è importante fare ciò che mi piace. Da cinque anni insegno e seguo vari progetti. Visto dall'esterno, può sembrare che stia cercando di bruciare le tappe per paura di non avere sufficiente tempo a disposizione, ma la verità è che preferisco fare film con le persone con cui vado d'accordo che andare a fare una vacanza alle Hawaii".