Recensione L'estate di mio fratello (2005)

Tra voli onirici e immagini di concreta crudeltà, Reggiani fotografa con piglio brillante la stagione calda di un'infanzia, targata anni '70 ma senza alcun segno di riconoscimento che ne limiti l'atemporalità, l'universalità.

Istantanee di un'estate incancellabile

L'estate come momento decisivo nella crescita di un bambino è una stagione che è già stata frequentemente raccontata al cinema, con quei giochi e quei piccoli e grandi drammi che accompagnano spesso i mesi più delicati di un'esistenza ancora acerba. E le estati dei bambini solitari sono riempite sempre da sogni luminosi come lucciole, che durano il breve istante di un soffio di vento, di un graffio di luna cancellato da un'alba puntuale a mangiar via la notte. I più belli ed insieme i più crudeli sono quelli ad occhi aperti, quando i primi passi nella scoperta del mondo suggeriscono alla mente una precoce evasione in universi altri, in situazioni ideali da vivere da protagonisti, per assaporare quelle esperienze che la vita reale non può che negare o disporre lontane, accanto all'irraggiungibile. Quando un bambino conclude le sue avventure da sogno con catastrofi, incidenti, omicidi o corpi orribilmente arsi al rogo, mette un chiodo dentro quella sbagliata credenza che vuole i più piccoli quali simboli dell'innocenza ancora intatta di un fresco ingresso nel mondo. Un bambino può già odiare o anche solo credere di far del male, e segnare così la propria vita, sporcandola per sempre con sensi di colpa che non potranno mai essere lavati via. Si può assaporare l'amarezza della disillusione già quando l'età è ancora tenera, e se ne può essere travolti.

Ci sono voluti quasi dieci anni, da quando sono state effettuate le prime riprese, prima di sentire nelle nostre sale il vagito del lungometraggio d'esordio di Pietro Reggiani, già autore di un corto, Asino chi legge, che ha trovato grande fortuna all'estero, finendo col diventare addirittura il cortometraggio italiano più venduto. L'estate di mio fratello ha in sé tutta la nostalgia di un ritratto di un'estate lontana tra sorrisi e tristezze trattenute nel fondo degli occhi, il suo cuore accarezza con dolcezza disarmante i ricordi sopiti in tutti coloro che quelle stagioni di magia e solitudine hanno vissuto. Reggiani sposa lo sguardo di un bambino fragile, già sulla difensiva nei confronti del mondo esterno, e ne documenta il suo intimo percorso nella selva oscura della vita, dando voce alle sue invenzioni, ai giochi pericolosi con gli amici immaginari e alle prime difficoltà affrontate con l'arma privilegiata della fantasia. Girato in larga parte nel 1998, prima della breve coda conclusiva filmata cinque anni dopo e ad adolescenza del protagonista ormai sopraggiunta, il film risulta grezzo, quasi amatoriale, nelle sue immagini, ma il suo apparire fuori tempo massimo, in qualche misura obsoleto, conferisce a questo "malincomico" racconto di un'estate tutta la forza esclusiva della sincerità, quella potenza che sta dietro l'imperfezione.

Nell'estate del protagonista del film c'è un evento tragico che segnerà, con spietata fretta, tutta la sua vita, rovinandola forse irrimediabilmente. Egli proverà ad affrontare e superare quell'episodio nell'universo-rifugio del sogno, ma l'incapacità di risolverlo nella vita vera gli farà perdere contatto con la realtà, sbiadendo i confini con ciò che non esiste. Tra voli onirici e immagini di concreta crudeltà, Reggiani fotografa con piglio brillante la stagione calda di un'infanzia, targata anni '70 ma senza alcun segno di riconoscimento che ne limiti l'atemporalità, l'universalità. Il regista è più attento a restituire un'atmosfera trasognata e insieme cinicamente reale, piuttosto che raccontare i limiti evidenti di una particolare generazione al crollo. Nel suo lavoro non ci sono fotogrammi indimenticabili, ma pregevoli istantanee d'amatore che vogliono farci affondare con il pensiero in quella estate della nostra vita ormai andata, quella dei pantaloncini corti e dei calzini fino al ginocchio, quando già qualcuno o qualcosa ci tirava fuori dal mondo dei sogni per far scattare impietoso l'ora di crescere. Superate le sempre più insormontabili difficoltà distributive, grazie ad un'ingegnosa iniziativa che ha visto coinvolti gli stessi spettatori, L'estate di mio fratello può così finalmente approdare nelle nostre sale, primo film di qualità adottato dalla Selfcinema, associazione culturale per la promozione di film "invisibili" che faticano a trovare sbocco nel mercato.