Dopo Shell, Scott Graham torna a parlare di isolamento e solitudine. Complice l'incredibile e selvaggio paesaggio delle isole della Scozia, tra prati sterminati di un verde brillante, cieli plumbei e scogliere a strampiombo sul mare in tempesta. Graham, originario di Aberdeen, affronta ancora una volta il tema dei conflitti insiti nel nucleo familiare per raccontare relazioni inconfessabili, peccati da scontare e incomunicabilità. Iona, questo è il titolo della sua opera seconda mutuato dal nome della protagonista, è ambientato su un'isola sperduta delle Ebridi. Iona è una madre single, a sua volta figlia di una sbandata di Bristol che ha deciso di rifugiarsi in uno sperduto villaggio scozzese per partorire e allontanarsi da una vita di eccessi. Anni dopo, Iona ripercorre il cammino della madre facendo ritorno sull'isola col figlio Bull, adolescente taciturno divorato dal senso di colpa per un evento luttuoso da cui sta fuggendo.
Nel 2012 Shell ha vinto il premio come miglior film al Torino Film Festival e adesso che Scott Graham è stato promosso al rango di autore la sua opera seconda fa bella mostra nella sezione Festa Mobile. Il regista, ospite al Torino Film Festival, ha parlato del filo che lega Shell a Iona, un filo che si snoda attraverso drammi familiari e solitudine. "Quando lavoravo a Shell, sapevo già che avrei scritto un altro film sulla solitudine e sui conflitti dell'adolescenza. Shell parlava del rapporto problematico tra un padre e una figlia. In quel caso l'origine del conflitto era l'isolamento, era un romanzo di formazione. In Iona, invece, i protagonisti sono una madre e un figlio e il conflitto è insito nel passato della protagonista e nelle cicatrici di cui il figlio si è fatto carico".
L'isola del peccato e della redenzione
Una costante comune dei primi due lavori di Scott Graham è proprio il paesaggio scozzese. Fino a questo momento, il regista non si è allontanato troppo dalla sua città natale e ha fatto dell'ambiente un protagonista tra i protagonisti. "Il paesaggio è una mia necessità, è qualcosa di cui ho bisogno quando devo fare un film" ci confessa Graham. "Il primo lavoro era ambientato sulle Highlands scozzesi, questo è ambientato in un'isola Ebridi. Il conflitto non è solo tra le persone, ma anche tra le persone e il luogo in cui vivono. Sono stato sull'isola di Iona da piccolo con la mia famiglia e non ho mai scordato quell'esperienza. Sono cresciuto in una piccola comunità rurale, ma non ho mai sperimentato una solitudine pari a quella che ho provato visitando l'isola. Per arrivare in quel luogo devi attraversare altre due isole, prendere due traghetti. L'isola ha un'atmosfera molto spirituale. All'epoca avevo dieci anni e ho chiesto a mia madre: 'Perché le persone vengono qui?' E lei mi ha risposto 'Per sentirsi vicino a Dio'. Questa cosa mi è rimasta molto impressa, così anni dopo ho pensato di fare un film ambientato in quel luogo così speciale". Iona è un film di grandi spazi aperti, ma anche di interni angusti, di piccole case claustrofobiche che sembrano opprimere i protagonisti. Come spiega il regista "E' una cosa molto comune in Scozia. Pur avendo a disposizione questi spazi immensi, le case sono costruite in modo angusto, hanno i soffitti bassi, le stanze piccole. Forse è perché vogliono che le persone stiano all'aperto".
Le dinamiche tra i personaggi
A interpretare la ribelle Iona è l'attrice di origine etiope Ruth Negga, vista di recente in Agents of S.H.I.E.L.D. e prossimamente sugli schermi con l'atteso Warcraft - L'inizio, mentre il figlio è l'esordiente Ben Gallagher. Scott Graham riflette sul modo in cui i due attori si sono accostati ai loro personaggi. "Il rapporto tra Iona e il figlio è fatto di vicinanza, ma anche di incomprensioni. Stavolta non c'è stata la necessità che gli attori stessero insieme fuori dal set, perché nel film tra i due personaggi c'è un allontanamento. Lei lo abbandona a livello emotivo, non comprende la sua crisi. In Shell gli attori che interpretavano padre e figlia avevano vissuto insieme due settimane prima dell'inizio delle riprese per creare una routine. Stavolta il legame non doveva essere così stretto. Iona e il figlio si toccano solo tre volte in tutta la pellicola, una volta all'inizio sul traghetto quando lei appoggia la testa sulla spalla di lui, una volta alla fine, in acqua, e poi a circa metà film quando Bull ha un incubo. Per Bull il tocco della madre è importante perché lo calma subito, ma volevo rendere minima l'interazione".
Una trilogia scozzese che terminerà col Boss
Il distacco dalla madre porta Bull ad avvicinarsi a Sarah, giovane disabile che un incidente occorso nell'infanzia ha reso paralizzata. Il legame che si crea tra i due personaggi assume una valenza fondamentale nella loro crescita. Il regista mostra il loro avvicinamento che culmina in un atto sessuale. "Bull e Sarah vogliono stare insieme. Non mi interessava concentrarmi sul loro rapporto in sé e per sé. A me interessava l'identità dei personaggi e il modo in cui interagiscono tra di loro. Entrambi portano sulla propria pelle le ferite lasciate dai genitori, sulle gambe di lei ci sono i segni della cintura che il padre usa per portarla sulle sue spalle, mentre lui ha sulla mano una cicatrice provocata indirettamente dalla madre. Volevo mostrare come i due giovani vivono la scena di sesso in modo diverso. Per Bull è un peso, qualcosa di cui vergognarsi, per Sarah è qualcosa di diverso. Sono due innocenze che si incontrano. In fondo Iona parla delle conseguenze di una relazione sessuale avuta nel corso dell'adolescenza. Nella comunità religiosa il sesso viene visto come un peccato, e di tutti Sarah è il solo personaggio che possa definirsi veramente religioso. Nella sua sincerità, lei non identifica il sesso con il peccato, lo vive come un atto naturale".
Shell e Iona proseguiranno con un terzo lavoro che andrà a concludere l'ideale trilogia scozzese firmata da Scott Graham. Il regista ci anticipa il titolo del suo nuovo lavoro e qualche piccolo dettaglio che ci incuriosisce e ci lascia con la voglia di saperne di più. "Il mio prossimo film verrà girato ad Aberdeen, la mia città natale. Stavolta il protagonista sarà un uomo, ma tornerà il tema del rapporto tra un padre e un figlio. Il film si intitolerà Born to Run proprio perché è ispirato al brano di Bruce Springsteen e in generale al mondo descritto nelle canzoni del Boss. Sarà qualcosa di diverso da ciò che ho fatto finora, per la prima volta voglio realizzare un film che contenga la speranza ".