Prima di arrivare alla recensione di Io sono nessuno in senso stretto, viene spontaneo ripensare al contesto in cui chi scrive ha visto il film: in sala, da solo (proiezione pomeridiana a Zurigo, dove il lungometraggio di Ilya Naishuller è uscito da qualche settimana), preceduto da un video dove Vin Diesel, uno dei volti di punta della Universal che distribuisce anche il film di Naishuller, parla dell'anno insolito che abbiamo vissuto e di come sia importante ritornare al cinema, perché "nothing makes a comeback like the movies", nessuno ritorna alla grande come la settima arte. Un video un po' bislacco, che ha già generato una parodia targata Saturday Night Live, ma che viene dal cuore, e che visto sul grande schermo, prima di un prodotto di intrattenimento che punta apertamente sulla partecipazione emotiva degli spettatori in sala, fa la sua porca figura.
La tediosa vita di uno psicopatico
Al centro di Io sono nessuno (in originale il lapidario Nobody) c'è Hutch Mansell (Bob Odenkirk), la cui routine quotidiana è divisa tra casa e lavoro, con una struttura talmente predeterminata che ormai parla appena con la moglie (Connie Nielsen) e i figli e, puntuale come l'influenza, esce di casa con il cassonetto dei rifiuti con quei pochi secondi di ritardo che rendono impossibile fermare l'apposito furgone. Interagisce principalmente con il fratellastro al telefono e con il padre (Christopher Lloyd) faccia a faccia, nella casa di riposo dove il genitore mangia, dorme e guarda la TV. Poi, una sera, due ladri si intrufolano in casa sua e lui li lascia andare senza opporre troppa resistenza, il che delude il resto della famiglia. Il motivo, in realtà, è molto valido: come emergerà nel corso del film, Hutch ha un passato violento legato al governo statunitense, e la tentazione di rispondere all'attacco in modo brutale era forte. E così, quando l'occasione si ripresenta, Hutch rifiuta di trattenersi, dando inizio a un ciclo di violenza che lo metterà in conflitto con la mafia russa.
Io sono nessuno: Bob Odenkirk, uno, nessuno, centomila
What about Bob?
Ilya Naishuller ha già firmato Hardcore!, ma il legame più spudorato in questa sede, tramite lo sceneggiatore Derek Kolstad e il produttore David Leitch, è con John Wick, che ha una premessa simile legata a un uomo violento desideroso di cambiare vita. C'è, però, una differenza filosofica di fondo: laddove Wick è davvero cambiato e torna alle vecchie abitudini a malincuore, ribadendo più volte di volerne uscire definitivamente, Hutch ammette candidamente di avere una parte di sé che si è finalmente risvegliata dopo essere rimasta sepolta troppo a lungo. Uno fugge, l'altro va alla ricerca di guai, e presumibilmente continuerà a farlo nel sequel a cui Kolstad sta già ufficiosamente lavorando (la Universal non ha dato il via in modo esplicito, ma gli incassi finora - quasi 60 milioni di dollari nel mondo con un budget di 16 milioni - suggeriscono che lo farà a breve). Un contrasto che il nuovo film evidenzia anche a livello tonale: mentre l'universo di Wick ha connotazioni mitologiche e un'aura visiva a tratti ultraterrena, quello di Mansell è più "terra terra" con non poca ironia al riguardo.
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Un approccio che funziona anche alla luce del casting: se per Wick era perfetto Keanu Reeves, un attore dal cuore e dal viso gentile, qui è azzeccatissimo Bob Odenkirk, che da anni si diverte a esplorare la zona di confine tra l'essere simpatico e una carogna, in particolare in quel duplice tour de force televisivo che è Breaking Bad e Better Call Saul. E a differenza di altri divi action più avanti con gli anni (vedi alla voce Liam Neeson), il cinquantottenne Odenkirk è credibile come uomo d'azione che però aveva appeso al chiodo le maniere forti ed è un po' impreparato, come si può notare sul poster ufficiale dove è lui a prenderle. Quel fascino un po' sciupato si traduce in un apparato ludico efficace che mette chiaramente le carte in tavola e mantiene tutte le promesse con il giusto equilibrio tra serietà e momenti più volutamente surreali (le scene con Lloyd riservano delle gradevoli sorprese). Hutch sarà anche nessuno, ma l'avventura di cui è protagonista rientra definitivamente nel discorso fatto da Vin Diesel (anche nel contesto della politica di distribuzione della Universal che sta privilegiando l'esclusiva in sala): il grande schermo è tornato ed è in ottima forma.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Io sono nessuno sottolineando come si tratti di un efficace pezzo di action molto umano, dominato da un grandissimo Bob Odenkirk nei panni di un credibile veterano leggermente fuori forma. Un ottimo anti-John Wick.
Perché ci piace
- Bob Odenkirk è strepitoso.
- L'apparato action è efficacissimo.
- Il tono a metà tra serio e faceto dà al film un'aura molto umana.
Cosa non va
- Alcune somiglianze con John Wick rasentano la copia carbone.