Vincenzo Agostino ha fatto un giuramento: non si sarebbe mai tagliato barba e capelli fino a che non avesse avuto giustizia per la morte del figlio, vittima di un attentato di mafia. Vincenzo Agostino è il protagonista della storia che vi raccontiamo nella recensione di Io lo so chi siete, il documentario di Alessandro Colizzi in uscita al cinema il 21 marzo, in occasione della Giornata della Memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Vincenzo Agostino lotta da più di trent'anni per avere giustizia, per sapere qualcosa del figlio Nino, barbaramente ucciso, il cui caso poi è stato sepolto sotto una serie infinita di depistaggi. A oggi non c'è ancora giustizia per Nino Agostino (anche se qualcosa si sta muovendo). A Roma, stasera, 21 marzo, al Cinema Farnese, alle 21, al termine della proiezione Alberto Crespi incontra gli autori e Vincenzo Agostino, insieme a Marta Cartabia, Miguel Gotor, Pietro Grasso, Piera Aiello, Federica Angeli, Stefania Limiti, Fabio Repici e molti altri. Io lo so chi siete è un piccolo grande film, realizzato con il cuore e con passione. È un film su una persona che è un monumento vivente di resistenza e lotta alla mafia, ma al suo interno contiene altri film: le connivenze tra mafia e parastato, tra mafia e gruppi di destra, la condizione dei familiari delle vittime di mafia, il tema della formazione nelle scuole e l'idea che ci siano vittime di serie A, serie B e serie C.
Nel nome di Antonino Agostino
Il 5 agosto 1989 Antonino Agostino, agente di polizia della Questura di Palermo, è a Villagrazia di Carini con la giovane moglie incinta. Mentre entrano nella casa di famiglia per festeggiare il compleanno della sorella più piccola, due uomini in motocicletta li raggiungono e li crivellano di colpi. Lui muore tra le braccia del padre, lei nel tragitto che la porta in ospedale. I genitori di Nino da quel tragico giorno si battono per avere giustizia. Vincenzo giura sulla bara del figlio che non si sarebbe più tagliato la barba e i capelli finché non fosse stata accertata la verità.
Vincenzo Agostino, quella lunga barba e quei lunghi capelli
È una figura di quelle che non ti scordi, quella di Vincenzo Agostino. È immediatamente iconica, ha l'aspetto di un guru, di un santone. Quei lunghi capelli e quella lunga barba bianca lo identificano immediatamente, e allo stesso tempo fanno venire i brividi non appena veniamo a sapere che cosa rappresentano. Ma capelli e barba non celano comunque il volto, gli occhi buoni e dolenti di Agostino, e l'uomo che c'è dietro al monumento vivente. Alessandro Colizzi, regista, scrittore e sceneggiatore di Io lo so chi siete, giustamente lo mette al centro del film, e fa ruotare tutto intorno a questo personaggio magnetico ed empatico. Così, Agostino è il motore del film, e ruota tutto intorno a lui.
Su trenta-quaranta ragazzi uno o due li prendiamo di sicuro
Così Alessandro Colizzi segue Vincenzo Agostino nella sua attività di formazione e di memoria, che da anni mette in atto con costanza e passione, girando per le scuole e raccontando la sua storia. "Su trenta-quaranta ragazzi uno o due li prendiamo di sicuro" riflette, pensando che se uno o due ragazzi alla volta capiscono che cos'è la mafia e perché va combattuta sia già un successo. Così come può essere un successo che sia invitato a un presidio dell'associazione Libera in Val Camonica, in provincia di Brescia. E se anche così lontano dalla Sicilia si ha la coscienza di che cosa sia la mafia, e del fatto che ci riguardi tutti, è un altro segnale.
Da Fuocoammare a Strane straniere: 5 documentari italiani da (ri)vedere
L'inizio della fine di Giovanni Falcone
Ma intorno a Vincenzo Agostino, e alla storia del figlio Nino, si muove un altro film, interessante e inquietante. È quello che lega l'assassinio del figlio di Vincenzo all'inizio della fine di Giovanni Falcone, che, secondo le tesi degli intervistati, risale proprio a quel 1989, con la delegittimazione del pool antimafia e con Falcone che entra nel mirino della mafia. E ancora più inquietante è il fatto, a quanto pare acclarato ma ignorato da media e narrazione corrente, della complicità tra il mondo mafioso e lo Stato, o il parastato. Dietro alla storia di Nino ci sono una serie infinita di depistaggi e complicità che non sono state portate ancora alla luce. E ancora, la presenza in tutto lo scenario di gruppi neofascisti, realtà non legate ai partiti, con lo scopo di destabilizzare la società. Di questo si parlava, se ricordate, sia in Romanzo criminale che ne Il Divo di Paolo Sorrentino.
Lo spunto per una docuserie
Tutto questo è per dirvi che si esce dalla visione di Io lo so chi siete con la rabbia e lo sgomento per le ingiustizie di storie come questa, e allo stesso tempo con tanta curiosità, tanta voglia di saperne di più, come "risvegliati" dal filosofo Alessandro Colizzi (e, ricordiamolo, da Silvia Cossu, che ha scritto e prodotto il film, da Massimiliano La Pegna, che lo ha prodotto e dalle testimonianze di Attilio Bolzoni, Stefania Limiti, Luca Tescaroli, Fabio Repici e Ivan D'Anna) come erano stati gli umani nel mito della caverna di Platone. Per questo la recensione di Io lo so chi siete è un doppio invito: al pubblico ad andare a vedere questo film, in una giornata speciale come questa (e nei giorni seguenti in cui il film sarà nelle sale, in tour per l'Italia fino al 7 aprile). E agli autori a continuare a raccontare la mafia e tutto quello che c'è dietro, magari in una docuserie pensata per la piattaforme di streaming. Raccontare la storia di Vincenzo Agostino vuol dire anche porre un accento sulla la questione, centrale nel nostro paese, dei familiari delle vittime spesso costretti, al posto dello Stato, a farsi carico della ricerca della verità. La speranza è che Vincenzo Agostino possa avere la verità, la giustizia. Ci auguriamo di vederlo senza quella lunga barba e quei lunghi capelli bianchi che ce lo hanno fatto amare. Ma che è ora che vengano tagliati.
Conclusioni
Nella recensione di Io lo so chi siete vi abbiamo raccontato un film su un monumento vivente di resistenza e lotta alla mafia, ma che al suo interno contiene altri film: le connivenze tra mafia e parastato, tra mafia e gruppi di destra, la condizione dei familiari delle vittime di mafia, il tema della formazione nelle scuole e l'idea che ci siano vittime di serie A, serie B e serie C.
Perché ci piace
- La figura indelebile di Vincenzo Agostino.
- La scelta di costruire il film intorno a lui e di farci entrare in empatia con il protagonista.
- I pareri autorevoli che aprono altri scenari, di cui poco si parla, sulla mafia.
Cosa non va
- Il solo difetto è che a un certo punto si fermi, perché di questo ne vorremmo sapere ancora...