A vederselo davanti così, la giacca, la camicia bianca sbottonata, l'occhiale con la montatura nera, sembra uscito da A Single Man di Tom Ford, che gli valse la Coppa Volpi a Venezia. "Non lo so perché questo mito dell'essere british continua a vivere negli anni, credo che i miti siano per definizione imperituri perché toccano qualcosa di profondo dentro di noi. Questa idea dell'essere british, la britannicità, è una cosa che non sono neppure sicuro che esista. Se vedessi un gruppo di persone vestite come il mio personaggio nel film penserei che stiano andando ad una festa in maschera". Se lo dice lui. Rimane il fatto che Colin Firth, a Roma per presentare Kingsman: Secret Service, per buona parte del pubblico mondiale incarna oggi meglio di chiunque altro l'idea dello britsh style, del distinto gentiluomo inglese.
E il film di Matthew Vaughn ha sicuramente molto a che fare con l'essere british e con l'essere un gentleman: tratto dalla graphic novel omonima di Mark Millar e Dave Gibbons (il primo autore anche di Kick-Ass già portato al cinema dallo stesso regista), si ispira infatti ai vecchi Bond movies (quelli con i cattivi pittoreschi e megalomani), riletto però in chiave umoristica e molto pop, con un pizzico di follia dissacrante e di ultraviolenza che sono un po' il marchio di fabbrica del regista.
We are gentlemen
I membri dell'organizzazione segreta dei Kingsman sono la quintessenza della britishness più pura: elegantissimi abiti e accessori su misura, immancabile ombrello in una mano e nell'altra un bicchiere di whiskey di puro malto o una buona vecchia pinta di Guinness. Agenti segreti letali ma soprattutto gentiluomini dai modi raffinati: perché è tutta una questione di manners, sono i modi che definiscono l'uomo, secondo Harry Hart, la spia interpretata da Colin Firth. We are gentleman, è il motto dei Kingsman. Ma cosa significa per Colin Firth essere un gentiluomo? "In una maniera molto semplice e prosaica, essere un gentleman significa forse essere educati, trattare con rispetto gli altri, essere socialmente decorosi. Il mio personaggio nel film dice che essere un gentleman significa sentirsi a proprio agio nella propria pelle: diciamo che sono abbastanza d'accordo con questa definizione, anche se questa è un'affermazione piuttosto superficiale e di facciata, perché dietro l'apparenza di un gentiluomo può anche celarsi una persona fondamentalmente depravata, per cui questo è soltanto un aspetto. Di sicuro gentiluomini non si nasce, ma si impara ad esserlo, come il personaggio di Eggsy nel film".
The Bond legacy
Gary "Eggsy" Price è interpretato da Taron Egerton, che incontriamo insieme a Colin Firth: il venticinquenne gallese è alla sua prima produzione importante, nel film viene preso dalla strada ed educato al combattimento ma soprattutto allo stile dal pigmalione Harry Hart, in una sorta di My Fair Lady in salsa action. "Direi che è una sorta di James Bond movie stile Roger Moore, però ambientato nel 2015: penso che ne richiami molto lo stile, per il mix di azione e commedia, una spy story con humour che mancava da tempo".
Essere James Bond, presumibilmente il sogno di qualsiasi ragazzino inglese: "Naturalmente da ragazzino sognavo di fare l'agente segreto, ma chi è che non fantastica di esserlo", spiega Colin Firth, "di avere una missione, dei super poteri... sono cresciuto con il mito di John Steed, di Harry Palmer (all'epoca interpretato da Michael Caine, anche lui nel film, e di cui Harry Hart porta gli occhiali così come l'ombrello è ispirato a Steed, ndr), sono tutte reincarnazioni di James Bond, lui non è l'unico riferimento. Questo film va oltre il suo mondo, gioca e si diverte con tutti i riferimenti e i canoni del genere, cercando anche di omaggiare tutti questi elementi che fanno parte della cultura popolare: poi é anche teatrale e iperstilizzato, specialmente nelle scene di combattimento, molto più colorato insomma di un qualsiasi James Bond e di un action movie serioso come quelli in cui si è evoluto il genere oggi".
Contemporaneità all'insegna della connessione
Un divertissement sul genere spionistico dunque, colorato e irriverente, dove però non mancano riferimenti alla realtà. Più che l'improbabile associazione segreta dei Kingsman, che nel fumetto originale però è semplicemente l'MI6 britannica ("Un'organizzazione segreta di questo tipo, con armi e finanziamenti illimitati non potrebbe mai esistere, e se ci fosse mi spaventerebbe a morte", dice Firth), l'aderenza alla realtà riguarda il nostro stare sempre connessi e il rapporto con la tecnologia: il supercattivo di turno Valentine, interpretato da Samuel L. Jackson, è un magnate delle telecomunicazioni, che può controllare le menti di tutti attraverso delle sim card. Telefonini e tablet ci hanno trasformato in zombie (e gli zombie movie sono un altro riferimento del film), con le nostre teste sempre chine a fissare gli schermi in attesa di una notifica o di una email. "Penso che sia una cosa che faccia spavento - dice Egerton - e me ne sono reso conto dopo questo film, mi sono ritrovato ad essere un twittatore. Sono diventato dipendente dalla tecnologia, passo ore online a cibarmi di qualsiasi schifezza!". Tutta un'altra storia invece per Colin Firth: "Per quanto mi riguarda non sono su Twitter, non so che cos'è, non so cos'è un hashtag. I social media hanno un potere estremo e come tutte le cose che hanno un tale potere si possono evolvere in una direzione positiva o negativa: sono uno strumento politico molto importante, per lo sviluppo della democrazia e la conoscenza, ma ho la sensazione che dettino la direzione che devono prendere i nostri rapporti. Un po di tempo fa ero a Venezia, uno dei posti più belli del mondo e la gente stava così, incollata agli schermi dei telefonini senza sollevare la testa e guardarsi intorno: è diventato qualcosa che ti condiziona sempre di più... voglio dire, è pieno di gente che fotografa quello che mangia!".
Tra establishment e working class
Altri elemento interessante è l'irruzione della working class in un genere, quello spionistico, tradizionalmente relegato nell'ambito dell'establishment, a cui in effetti i membri dei Kingsman appartengono, identificabili volendo con i membri della House of Lords che viene quindi stigmatizzata in modo positivo: "Anche in questo senso il film è dissacrante e pieno di contraddizioni: i Kingsman - dice Firth - possono anche far parte dell'establishment, ma alla fine facciamo saltare lo stesso la testa a tutti potenti che fanno dunque la parte dei cattivi. E l'eroe in questo caso viene dalla working class, così come il personaggio di Michael Caine, lui che è sempre stato un paladino della classe popolare, nell'ultima scena prima di morire cambia accento (ma noi ce lo perdiamo nella versione doppiata, ndr) e rivela la sua vera natura".
Action man sì, ma con classe
Un ruolo sicuramente inedito per il compostissimo Colin Firth: non tanto quello di spia, già sperimentato ne La talpa di Tomas Alfredson, quanto per il profilo action del suo personaggio, che mena come un ossesso. Sempre con classe, ovviamente. "L'allenamento é stato 'molto doloroso' (lo dice in italiano, lingua che parla correntemente visto che è sposato con la produttrice Livia Giuggioli ed ha una casa a Siena, ndr), tre ore al giorno con un team di dieci persone. Non ero molto entusiasta all'idea, ma poi mi è piaciuto: alla fine si è trattato quasi più di imparare a danzare piuttosto che a lottare. Anche perché se nella vita reale qualcuno mi aggredisse l'unica cosa che potrei fare sarebbe davvero mettermi a ballare". Anche Taron Egerton conferma la preparazione fisica molto dura: "Un ruolo che ha richiesto molta preparazione, anche per le coreografie. Sia io che Colin abbiamo passato molto tempo in palestra: d'altronde Matthew Vaughn era stato chiaro con me, avrei avuto la parte solo a condizione di allenarmi e mettere su il fisico giusto".
Nonostante sia letale sia a mani nude che con un'arma in mano (specialmente l'ombrello), il personaggio di Harry Hart è dunque ancora una volta composto e compassato, caratteristica comune a quelli interpretati da Colin Firth. Ma è così anche nella vita? O c'è qualcosa che gli fa perdere la calma? "Beh, potremmo dire che l'andamento delle stagione dell'Arsenal (Firth è tifosissimo dei Gunners) ha condizionato il mio umore negli ultimi anni e ha influenzato molto la mia pazienza e la mia compostezza. Sono un tipo molto tranquillo ma ogni tanto la pazienza la perdo: dei britannici si dice che siano sempre composti, il classico aplomb inglese. Credo che anche questo sia un mito che non corrisponda necessariamente alla realtà, basta vedere che succede ai concerti o appunto allo stadio. Per fortuna la vittoria di ieri mi ha tranquillizzato".
5 a 0 dell'Arsenal all'Aston Villa: l'aplomb di Mr. Firth per stavolta è salvo.