Interceptor, la recensione: quando l’action australiano su Netflix mostra segni di stanchezza

La recensione di Interceptor, film d'azione australiano disponibile in esclusiva su Netflix e prodotto da Chris Hemsworth.

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Interceptor: una foto del film

Con la recensione di Interceptor, disponibile in esclusiva streaming su Netflix, viene da pensare a quella che è una scelta un po' infelice per il titolo. Data l'origine del film, che è di matrice australiana, viene da pensare all'appellativo usato in alcuni paesi - tra cui l'Italia - per i primi due capitoli della saga di Mad Max. All'epoca si trattava di due nomi in ascesa come George Miller e Mel Gibson, qui invece abbiamo a che fare con l'esordio cinematografico del romanziere Matthew Reilly, coadiuvato in sede di produzione da Chris Hemsworth, marito della protagonista Elsa Pataky. Una situazione che evidentemente vuole sfruttare la popolarità dello stesso Hemsworth sulla piattaforma grazie al personaggio di Tyler Rake (non a caso, il regista del dittico su Rake appare in un cameo, come fa anche Hemsworth per aggiungere un po' di humour alla storia). Solo che non siamo più tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, periodo in cui si sarebbe idealmente collocato il contesto produttivo di questa operazione, appositamente concepita per essere girata con un budget ridotto.

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Interceptor: una scena del film

Il titolo Interceptor si riferisce alle basi americane che hanno la capacità - nei limiti del tempo a disposizione - di abbattere missili nucleari russi prima che colpiscano i loro bersagli negli USA. Ci sono due basi di questo tipo: una in Alaska, l'altra, quella di cui parla il film, in un punto non specificato del Pacifico. Qui lavora il capitano JJ Collins (Elsa Pataky), che si ritrova a dover fare i conti con le azioni del doppiogiochista Alexander Kessel (Luke Bracey), il quale è presente sulla nave con un gruppo di mercenari e ha ordito un piano terribile. Collins, figlia di militare e quindi da sempre preparata al peggio, deve riuscire a capire di chi può fidarsi e come fermare Kessel prima che sia troppo tardi, dato che la funzionalità dell'Interceptor è legata a una questione di pochi minuti entro i quali scongiurare le minacce provenienti dalla Russia.

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Interceptor: una scena d'azione del film

Matthew Reilly ha concepito il progetto nel 2017, con l'intenzione specifica di creare qualcosa che potesse essere girato quasi interamente in un unico luogo e con un budget non superiore a 15 milioni di dollari (cifra che molto probabilmente è lievitata, anche solo il minimo indispensabile, nel momento in cui è entrato in gioco il contributo di Netflix). Coadiuvato poi nella scrittura da Stuart Beattie, autore del copione di Collateral, ha finalmente potuto girare il film lo scorso anno, aiutato in non piccola parte dal fatto che era un soggetto ideale per le riprese in periodo pandemico, per l'argomento trattato e per la possibilità di lavorare in Australia, paese le cui misure anti-Covid hanno facilitato la realizzazione di svariati progetti hollywoodiani. Semplicemente, il progetto giusto nel momento giusto, per quanto riguarda i ragionamenti della piattaforma.

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Interceptor: una sequenza del film

Ma tolte queste considerazioni sulla natura diversamente algoritmica del film, cosa rimane? Al netto del ruolo della Russia nella crisi geopolitica attuale, la premessa ha quel sapore di fuori tempo massimo accostabile ai film che negli anni Ottanta trattavano la Guerra Fredda come argomento di attualità quando in realtà era praticamente già finita (vedi Rambo III, uscito nelle sale dopo che la questione dell'Unione Sovietica in Afganistan era già divenuta vetusta). E se Reilly esibisce un certo occhio per la suspense in termini registici, con le scene d'azione è già molto meno a suo agio, e spetta agli attori risollevare le sorti di quelli che si presentano come i punti forti dell'operazione. E lo fanno con una grinta encomiabile, ma insufficiente per redimere del tutto l'ennesimo giocattolone senza arte né parte di Netflix, indegno del loro talento che cerca di non rendere infiniti i 98 minuti della pellicola (post-credits incluso).

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Interceptor ribadendo come si possa considerare un film d'azione fuori tempo massimo, che soddisfa le esigenze algoritmiche di Netflix ma non si spinge oltre il minimo indispensabile.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
2.8/5

Perché ci piace

  • Elsa Pataky e Luke Bracey hanno carisma da vendere.

Cosa non va

  • La premessa, per quanto interessante, sa già di vecchio.
  • Le scene d'azione sono costruite male.
  • La scena extra nei titoli di coda è perfettamente inutile.