In the Trap è stato una piccola, grande scoperta. Lo è stato in primo luogo dal punto di vista puramente pratico e materiale, perché le sue riprese si sono svolte per lo più su un set costruito a poca distanza dalla nostra redazione, che abbiamo avuto il piacere e l'onore di visitare a pochi giorni dal termine delle riprese. Lo è stato inoltre dal punto di vista qualitativo e professionale, perché l'atmosfera generale sul set, la qualità degli stessi e le sensazioni che l'operazione ci ha trasmesso è sicuramente positiva.
Lo è stata, infine, in quanto conferma di questa idea di nuovo cinema italiano che negli ultimi anni sta emergendo su più livelli, di un fermento che parte dal basso delle piccole produzioni indipendenti e può arrivare a suggerire qualcosa di nuovo ai piani alti dell'industria italiana. Di una volontà di fare qualcosa di nuovo e fuori dagli schemi classici della nostra cinematografia e di un'ambizione di portarlo anche al di fuori dei ristretti confini del nostro paese e del nostro pubblico, così come per questo lavoro firmato dal regista Alessio Liguori.
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A casa di Philip
Una volta messo piede sul set di In the Trap, guidati da due dei produttori esecutivi del film, Simone Bracci e Alessandro Risuleo, non abbiamo avuto la sensazione di muoverci in una scenografia, ma di essere accolti a casa del protagonista Philip. L'intero suo appartamento è stato ricostruito in uno dei capannoni dell'Expo di Latina affidati alla Latina Film Commission, con cura maniacale e evidente passione: l'attenzione ai dettagli è notevole e gli ambienti sono impreziositi da oggetti di scena recuperati in mercatini o fiere dell'usato. Inoltre l'intelligenza nella progettazione trasmette una sensazione di autenticità che non lascia mai dubitare di trovarsi nella casa - viva, vissuta e reale - di un individuo concreto e non un personaggio fittizio.
Tale personaggio è appunto Philip, un correttore di bozze che in questo appartamento vive segregato, troppo spaventato per avventurarsi all'esterno ed affrontare il mondo, ma anche costretto lì da una forza del male che lo ha tenuto prigioniero per gli ultimi due anni. Una trama che ci limitiamo soltanto ad accennare, senza rivelare nulla degli sviluppi e twist che la compongono, e che promettono di fare di In the Trap un horror psicologico sofferto, claustrofobico e sorprendente. L'unico dettaglio che ci sentiamo di aggiungere è che tutta la storia di svolge in quest'unico appartamento, anche laddove dei flashback ce lo mostreranno in una versione leggermente diversa, concedendosi giusto un paio di rapide incursioni all'esterno e un intrigante inserto più onirico.
L'approccio internazionale
Come detto, l'appartamento di In the Trap è stato ricostruito a Latina, ma l'ambientazione del film ci porta a un paese di una zona costiera della Gran Bretagna. Allo stesso modo è internazionale gran parte del cast, a cominciare dal protagonista Jamie Paul, scelto per il ruolo di Philip e già noto per aver preso parte a uno degli episodi di una delle serie più apprezzate degli ultimi anni, Black Mirror (Giochi pericolosi della terza stagione). Britannica anche Sonya Cullingford, nota per The Danish Girl e La mummia, così come David Bailie, che tutti hanno visto nei primi film dei Pirati dei Caraibi, ai quali si aggiunge Miriam Galanti, giovane promessa del cinema italiano. Scelte intelligenti, che confermano quell'ambizione, alla quale abbiamo accennato, di volersi imporre in un mercato internazionale e competitivo.
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Il mondo di In the Trap
Al di là del plauso per le scenografie e per la composizione del cast, per la bontà del lavoro che abbiamo saggiato in prima persona sul set e che potete sbirciare anche dalla featurette proposta in esclusiva, quel che più ci ha incuriositi sul lavoro della Dreamworld Movies di Luigi De Filippis e della Mad Rocket Entertainment deriva proprio dalla conversazione con loro. Un primo punto è sicuramente la profondità dello script di Daniele Cosci (su soggetto sviluppato da lui insieme ad Alessio Liguori), che promette gli spunti necessari ad andare ben oltre gli Jump Scare di tanti film di genere contemporanei, per insinuarsi sotto la pelle dello spettatore e lasciargli quel senso di inquietudine da horror psicologico, e che offre abbastanza spunti per ulteriori approfondimenti futuri.
Questo aspetto è particolarmente interessante: le idee chiare su come muoversi nell'ambiente per far sì che questo progetto possa funzionare alla grande e, soprattutto, quali passi fare a seguire. Non abbiamo solo parlato di In the Trap, dunque, ma anche dei progetti che seguiranno e che proveranno a declinare in ulteriori modi diversi il genere e la tensione. Insomma, i presupposti per una nuova, interessante realtà del nostro cinema ci sono tutti e proveremo a seguirla con l'attenzione che merita.