Il profumo dell’oro, la recensione: su Netflix un heist movie alternativo (e coinvolgente)

La recensione de Il profumo dell'oro: ritmo e sostanza per un film francese che sfrutta in modo diverso il concetto di provincia e di potere. Una sorpresa. In streaming su Netflix.

Il profumo dell’oro, la recensione: su Netflix un heist movie alternativo (e coinvolgente)

Empatia. Suspance. Ritmo. Chi lo dice che in streaming - e nelle top 10 - ci siano solo film usa-e-getta? Potrebbe essere l'eccezione che conferma la regola, ma è giusto rimarcare quando e quanto un film, dall'approccio leggero (ma nemmeno poi tanto, vista la lotta ci classe scatenata), possa comunque suscitare emozioni ben definite, portando il protagonista (e qui ne abbiamo uno decisamente speciale) sullo stesso piano dello spettatore. Perché dietro le sfumature da heist movie, Il profumo dell'Oro del francese Jérémie Rozan, arrivato su Netflix, è innanzitutto un film sulla condivisione, che fin da subito dimostra di saperci fare in termini di scrittura e di costruzione. 

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Il profumo dell'oro: Raphaël Quenard, Igor Gotesman in una foto

Potremmo dire, nulla che ci fa effettivamente alzare dal divano gridando al tripudio, ma quanto basta per offrire qualcosa che possa essere definito originale, nel bel mezzo di una distribuzione streaming che - per assurdo - dura meno di una programmazione cinematografica. Il profumo dell'oro, dunque, con la sua estetica da film western (almeno all'inizio) è anche la dimostrazione che il cinema di genere in Europa è ancora vivo e vegeto. Anzi, è quello che, pur rifacendosi ad un panorama conosciuto e ammiccante, riesce ad imprimere svolte interessanti, nonché fresche. Sussulti che non lasciano indifferente il pubblico (e infatti nei suoi primi giorni Il profumo dell'oro è entrato subito in top 10 Netflix), meno sbrigativo di ciò che vorrebbe sembrare. A proposito: se la condivisione (nel bene e nel male) è il filo che lega il film, attenzione alle apparenze: con un gioco degno de I soliti sospetti, la seconda parte del è un notevole susseguirsi di colpi di scena. 

Il profumo dell'oro: il potere della provincia

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Il profumo dell'oro: un'immagine del film

Ma cosa c'entra l'empatia di cui parlavamo all'inizio della nostra recensione? Facile: stabiliamo subito una forte connessione con il protagonista, Daniel Sauveur (Raphaël Quenard), sempre presente, pure con la voce fuori campo. Daniel, fondamentalmente, è uno di noi. Uno stufo di inseguire, di arrancare, di vedersi sbattuta sotto gli occhi la ricchezza altrui. Ci troviamo a Chartres, cittadina nel nord della Francia tagliata in due dalla Loira. Qui, secondo la sceneggiatura scritta dallo stesso Rozan, il potere è concentrato nelle mani di una famiglia, la Breuil, che produce pregiati profumi. Una famiglia che ostenta, e che mantiene saldamente lo status quo.

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Il profumo dell'oro: una foto del film

Insomma, il classico panorama di provincia, rivisto sotto un'altra luce. Ed ecco che entra in gioco Daniel. I piccoli espedienti non gli bastano più, e dunque, rompendo una vecchia promessa, finisce per farsi assumere dall'azienda che odia. Tuttavia, impiegato come magazziniere, decide di far crollare i profitti, intascando però gli illegali proventi. Come? Ruba i profumi e li rivende su internet, dopo che Béatrice (Nina Meurisse), la moglie di Patrick (Antoine Gouy), direttore della Breuil and Sond, regala un profumo a tutti i dipendenti. Rivenduto on-line da Daniel, quel profumo sarà l'ispirazione per un piano arraffa e scappa, studiato a puntino insieme ad un manipolo di colleghi, e insieme a Scania (Igor Gotesman), suo amico di infanzia. Ma ogni squadra, alla lunga, genera crepe e interessi personali, ed ecco che la situazione prende una piega del tutto esplosiva. Esplosiva e molto profumata.

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Quando le cose funzionano

Ora, non è che stiamo giustificando un truffatore di profumi, ma l'empatia e la condivisione di cui parlavamo deriva dagli spunti offerti dalla storia. A cominciare dal contesto e dal pretesto: l'ambiente provinciale è fondamentale per estremizzare la situazione creando un legame con lo spettatore. Ci sentiamo come Daniel, stretto in una morsa da cui non poter scappare: la cornice di una piccola provincia amplifica il disagio, portando in risalto il "potere" di una famiglia che tiene le redini dell'intera città. Una sorta di Capitalismo in versione miniatura, una specie di coorte con i sudditi; il baronetto di turno a cui il popolo chiede favori e lavori. Il concetto di provincia può essere la lettura alternativa, ma Il profumo dell'oro (Cash, titolo originale) è anche una disamina sul potere che fa di tutto per esacerbare (stringendolo in un cappio) il popolo. 

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Il profumo dell'oro: Raphaël Quenard, Igor Gotesman in una scena del film

Popolo rappresentato da Daniel, figura che sottolinea lo stereotipo dell'under dog, e che lo rende accessibile, naïf nella sua ideologica battaglia contro la Breuil (provando a mantenere una promessa fatta quando era bambino), e per questo cinematograficamente efficace nella sua battaglia contro gli ideali capitalistici. Ed è efficiente anche la tecnica visiva e narrativa che regge i novanta minuti di durata (la durata perfetta? Chissà): all'apparenza Jérémie Rozan costruisce il classico film francese di genere (ma è interessante l'uso delle ottiche, così come della location del magazzino), svagato e umoristico, ribaltando però la storia in funzione di un racconto che ben presto capovolge (evitiamo spoiler) i personaggi: motivazioni, insofferenze, alleanze. Pure gli stessi profumi. L'opera cambia per mantenere alto il ritmo e i toni, mischia buoni e cattivi (o meglio: il giusto dallo sbagliato), districandosi dalle etichette per finire come non ci saremmo mai aspettati. Per restare in tema, c'è profumo di sorpresa.

Conclusioni

Lo abbiamo scritto nella nostra recensione: Il profumo dell'oro è una vera e propria sorpresa. Un buon cast, una buona trama, svolte interessanti e una disamina umoristica sul Capitalismo e sulla lotta di classe. Un film diremmo di genere, che offre in appena novanta minuti il giusto livello di intrattenimento intelligente e stimolante.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • La location.
  • Il protagonista, emblema dell'underdog.
  • I colpi di scena finali.
  • La lotta di classe come heist movie improbabile.

Cosa non va

  • Alcune personaggi avrebbero meritato più spazio.
  • Il doppiaggio italiano...